La barba di Aronne
-I capelli lunghi e la barba nella vita religiosa
(Ricerca del Graal)EAN 9788865000328
Radersi o lasciar crescere la barba? Sembra una questione banale, poco teologica, eppure su queste usanze maschili molto si è scritto e disputato nel mondo ecclesiastico. L’Autore ci presenta una veloce panoramica storica, passando in rassegna le usanze di vari popoli antichi. Sembra che uno dei primi a introdurre la rasatura quotidiana della barba sia stato Alessandro Magno, forse con l’intenzione di apparire sempre giovane, emblema dunque di un giovanilismo che non è una caratteristica solo dei nostri giorni.
Oltre alla barba, anche i capelli entrano in gioco, come elemento indispensabile che distingue una persona da un’altra e che va curato con grande attenzione, come ben sanno le donne. Nell’antichità portare barba e capelli lunghi era privilegio degli adulti, dei nobili: da ciò deriva nel dialetto veneto il termine «toso, tosato» per indicare i ragazzi che dovevano appunto essere rasati. La depositio barbae o la tonsura dei capelli erano segni di penitenza e umiltà: offrire a qualcuno i propri capelli significava porsi alle sue dipendenze. Non coltivare né barba né capelli, per un bravo sacerdote era segno di modestia, umiltà e rinuncia alle mode del tempo secondo il can. 136 del CIC 1917, che ha come fonte gli Statuta Ecclesiae antiqua. Simili curiosità e vari aneddoti si possono rinvenire nelle pagine di questo gustoso libriccino. Ad esempio, sant’Ambrogio riteneva che la barba fosse l’attributo proprio del sacerdote! (cf. In morte di Valentiniano, 7, cit. a p. 81).
l punto essenziale è che non si doveva portare la barba more laicorum, ma in modo accorciato, oppure incolto, come gli eremiti. Il concilio di Trento e san Carlo Borromeo sostengono la necessità di radere la barba, mentre il card. Cesare Baronio argomenta che le sacre Scritture non sono contrarie all’uso della barba, tanto che il Sal 139 decanta «la barba di Aronne». Quindi, per essere più somiglianti a Cristo e agli apostoli, lasciar crescere barba e capelli sarebbe un mezzo per imitare il loro stile di vita.
L’argomento si presta a ricerche diversificate, tra cui perfino l’aspetto ecumenico. Infatti gli orientali rimproverarono al clero romano ormai sbarbato la mancanza di fedeltà alla tradizione apostolica e quindi la questione della barba divenne una concausa per la rottura dei rapporti ecclesiali con l’Occidente (p. 113). Anche se oggi è diventata solo una questione di buon gusto, almeno così sembra a chi scrive, questo saggio offre in appendice una buona bibliografia sia di autori antichi sia di studi recenti, il che dimostra come l’argomento non cessi di interessare anche ai nostri giorni. Perfino san Pio da Pietrelcina disse che era diventato cappuccino perché gli piacevano i frati barbuti (p. 136). Certamente non si può imporre a nessun cristiano l’uso della barba, ma va colto il messaggio che l’Autore pone a conclusione del suo saggio: in un’epoca di consumismo esasperato e di artificiosità innaturali, può essere una testimonianza significativa riproporre una tradizione di semplicità, sobrietà e rispetto della natura.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 4 del 2012
(http://www.credereoggi.it)
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