In questa pubblicazione a cura di Marco Agostini e Giovanna Baldissin Mollivedono la luce gli atti del convegno dedicato a Gian Matteo Giberti svoltosi a Verona nel dicembre del 2009. Il volume si impone come un punto di riferimento importante non solo per la conoscenza di un personaggio storico di primo piano nel suotempo, ma anche, e soprattutto, per le tante prospettive di ricerca che esso offre suun periodo di svolta epocale della chiesa.
Ruotando attorno alla figura eminente einnovativa di Giberti, attivo presso la curia romana, prima, e poi come vescovo diVerona, gli studi qui raccolti si muovono infatti, nel loro insieme, su orizzonti storici ampi e diversificati: la sede apostolica, innanzitutto, in cui si accavallano pretesedi egemonia politica, spinte di riforma, tendenze umanistiche, ideali classicisti, negli anni in cui radicali forme di «protesta» stavano portando la cristianita` occidentale alla definitiva spaccatura; citta`e corti europee, dove agiscono personaggi in stretti rapporti con Giberti; la diocesi di Verona, in cui l’azione di Giberti riflette a livellolocale le maggiori problematiche «universali» della chiesa di allora.
La portata storica di questa figura risulta evidente dal semplice elenco dei temitoccati nei diversi interventi: il ruolo di primo piano di Giberti entro la politica della curia romana nei primi decenni del Cinquecento (Adriano Prosperi), i suoi rapporticon i circoli spirituali femminili della riforma (Gabriella Zarri), la stretta vicinanzaa Gian Pietro Carafa (poi papa Paolo IV) e a san Gaetano Thiene (Dario Cervato), icontatti con il complesso mondo della Riforma in Italia (Danilo Zardin), le sue Costituzioni per il clero scritte per la chiesa veronese, ma esemplari anche nella riformadella chiesa universale (Roberto Pasquali), l’influsso di Giberti su Nicolo` Ormaneto(Antonio Filipazzi), i rapporti con gli umanisti di Verona del suo tempo (Gian PaoloMarchi), il modello di vita interiore di Tullio Crispoldi, illustre allievo di Giberti(Marzia Giuliani), la riforma musicale e liturgica promossa da Giberti (Alberto Turco), i suoi difficili rapporti con Pietro Aretino (Lara Sabbadin), l’iconografia (EnricoMaria Guzzo) e lo stemma di Giberti (Roberto Borio di Tigliole), il riassetto del presbiterio della cattedrale veronese, che chiama in causa l’intervento di Giulio Romano (Christoph Luitpold Frommel) e di Michele Sanmicheli (Loredana Olivato), etrova il suo nucleo centrale nel nuovo altare con tabernacolo (Marco Agostini e Giovanna Baldissin Molli), e infine gli interventi sull’architettura religiosa nella diocesiveronese attraverso i verbali delle visite pastorali di Giberti (Alessandra Zamperini).Si tratta in buona parte di contributi aperti e problematici, che, con punti di vista e metodologie diversi, sottolineano la complessita`e la difficolta` di analisi di unperiodo storico difficilmente incasellabile – come si e`tentato di fare in passato – entro piu` o meno rigidi schemi di interpretazione storiografica.
Si tratta insomma nondella celebrazione di una singola figura, sia pur importante nel suo tempo, ma diuna raccolta di indagini a piu` voci su alcune cruciali problematiche storiche, chetrovano in Giberti una chiave di lettura particolarmente efficace ai fini della loroanalisi.Nel vasto mosaico offerto da questo volume, proprio per la sua encomiabile impostazione di analisi complessiva, si sente la mancanza di indagini di tipo economico-sociale, in particolare nell’ambito veronese, dove l’alto prelato ha messo concretamente in atto la sua idea di riforma: in tal modo si sarebbe arricchito il quadro divalutazione storica su Giberti di una significativa «cartina di tornasole» della suaazione che, se era rivolta prioritariamente all’ambito ecclesiastico, non di menoera anche intesa come mezzo di elevazione – non solo spirituale – della comunita`nel suo insieme, quel «popolo di Dio» cos?`spesso richiamato nei suoi scritti.Una speciale attenzione merita l’ampia sezione dedicata al rapporto di Giberticon le arti. In tale ambito e` possibile ancor oggi toccare con mano – nelle strutturearchitettoniche e negli arredi liturgici realizzati sotto il suo influsso, diretto o indiretto – il peso del suo operato e delle sue idee. Proprio l’inserimento di queste tematiche entro un convegno di cos?` ampio respiro consente di cogliere la portata dellasua azione: nel caso di Giberti, infatti, non si e`trattato semplicemente di un isolatomecenate entro un ambiente artistico locale, bens?` di un sollecitatore – ed elaboratore – di innovative scelte architettonico-artistiche concepite entro i piu` ampi orizzonti di sviluppi ideali e artistici dell’epoca.
In particolare, si carica di significaticomplessi, con risonanze di lungo respiro, il radicale rinnovamento architettonicodel presbiterio della cattedrale, cos?`come non si esaurisce in un mero esempio dirapporto tra mecenate e artista il coinvolgimento probabile di Giulio Romano– operante nella vicina Mantova, ma ben conosciuto da Giberti nel periodo romano – e quello certo di Michele Sanmicheli, che consentono al vescovo veronese didare forma in modi esemplari alle esigenze che urgevano nella sua mente (tematiche puntualizzate da Christoph Frommel e Loredana Olivato). Risulta chiaro comei rinnovati legami con la romanita`espressi in quest’impresa uniscano, in un armonico e consapevole progetto, valori teologici e morali di riforma religiosa (ancoratiai piu` antichi tempi della chiesa attraverso i testi sacri e la tradizione patristica) aivalori estetici del classicismo rinascimentale (che hanno le loro radici nello straordinario laboratorio culturale e artistico sviluppatosi a inizio secolo presso la curiapapale). Grazie ai saggi di Marco Agostini e di Giovanna Baldissin Molli, ma anchealla luce di tutti gli altri interventi del convegno, risulta comprensibile la portata innovativa del presbiterio e dell’altare a tabernacolo, trasposizione, nella forma realedello spazio liturgico, del cristocentrismo ideale che Giberti voleva realizzare nellasua comunita`.
Sono le complesse esigenze del vescovo veronese a consentire a unarchitetto come Sanmicheli, cos?`sensibile al richiamo della classicita`, di elaborarein una nuova tipologia di struttura liturgica l’ideale rinascimentale dell’edificio accentrato. E`significativo che l’analisi formale abbia tratto grande giovamento dalporsi – concretamente – dal punto di vista del celebrante nel rito eucaristico, il quale, alzando gli occhi dalla mensa dell’altare, vedeva innanzitutto il tabernacolo e lacroce pensile; in tal modo si coglie nel suo piu` intimo valore la mirabile coerenzaideale ed estetica, il raffinato risultato spaziale e formale della nuova pergula, coni suoi suggestivi effetti di visibilita` parziale tra clero officiante nel presbiterio e popolo dei fedeli nella navata. Il nuovo fuoco visivo costituito dall’altare-tabernacoloe` l’esito coerente della sua funzione di radicale rinnovamento dell’orientamentospaziale e liturgico, che scardina quello tradizionale est-ovest. Non a caso questo altare diventera` un modello ideale per l’incipiente ridefinizione tridentina degli spazisacri.
Del tabernacolo veronese oggi perduto Giovanna Baldissin ricostruisce in modoconvincente la logica, l’impatto spaziale, il gusto estetico; nello sforzo di ricostruzione ideale la studiosa da una parte propone, come probabile riflesso di quello gibertiano, il tabernacolo cinquecentesco oggi conservato a Spiazzi di Ferrara diMonte Baldo, dall’altra tocca tra i diversi riferimenti possibili anche il Santo di Padova: viste nella prospettiva del confronto con l’impresa di Giberti, le vicende del tabernacolo di Girolamo Campagna e Cesare Franco – e, procedendo a ritroso, l’altaredi Donatello – acquistano una piu`vivida luce di comprensione, entro un contestostorico di grandi trasformazioni che ha avuto nella vicina Verona un centro di elaborazione decisivo.Un’ulteriore considerazione, sollecitata da questi ultimi interventi, ci porta all’attualita`: i rinnovamenti degli spazi liturgici richiesti dalle nuove esigenze via viafiorite nella storia della chiesa hanno generato anche distruzioni che, se sono comprensibili entro i sistemi di pensiero del Cinquecento, non risultano giustificabilinel nostro tempo, e invita a riflettere su come – solo qualche decennio fa, ma a volteancora oggi – un’insufficiente coscienza storica abbia come conseguenza l’incapacita` di coniugare gli inevitabili adeguamenti degli spazi liturgici con la conservazionedelle strutture antiche. Libri come questo, che si spera vengano conosciuti anchenell’ambito di chi utilizza gli spazi sacri, possono contribuire a far crescere tale consapevolezza del nostro passato e della nostra identita`.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LII, 2012, fasc. 3
(http://www.centrostudiantoniani.it)
-
-
49,00 €→ 46,55 €