La Divina Commedia rappresenta da sempre un punto d’incontro sublime tra Fede e Poesia. Ma la fecondità della penna poetica di Dante, la sua capacità di disegnare un universo onirico potente dalle mille sfaccettature non si possono comprendere se non si leggono alla luce del Catechismo e della dottrina Cattolica. In questo viaggio attraverso le terzine dantesche, l’Autore mette in evidenza la perfetta corrispondenza tra verità cristiana e rielaborazione poetica, mostrando come il tesoro del Magistero cattolico si ritrovi interamente nella Divina Commedia. Quasi un Compendio del Catechismo in versi, si potrebbe definire: prima ancora che poeta, Dante si rivela uomo di fede profonda, consapevole che la ricerca appassionata e sincera di Dio trova pieno compimento solo nel seno materno della Santa Chiesa Cattolica. «Io sono la Via, la Verità e la Vita» ha detto il Signore. E forse non ci sono pagine più belle di queste in cui Dante, maestro di Bellezza, fa risuonare la voce della Chiesa, maestra di Verità.
PREFAZIONE
du Mons. Giampaolo Crepaldi
Questo originale libro di Giovanni Galletto assolve due importanti compiti: è utile per conoscere la Divina Commedia di Dante Alighieri e, soprattutto, per conoscere le verità fondamentali della dottrina della Chiesa Cattolica. La dimestichezza con la Divina Commedia è ormai cosa d'altri tempi. Nonostante nelle scuole italiane sia ancora in programma lo studio di qualche Canto dell'opera dantesca, non si può certo dire che la conoscenza di quest'ultima sia diffusa, complice anche la difficoltà dell'italiano medievale, lingua ormai desueta per i nostri giovani. Eppure, trattasi di un'opera non solo di enorme valore letterario, ma altresì di grandissimo respiro spirituale. Ben venga, quindi, un più ampio accostamento a essa, favorito anche da opere come questa.
Ma poi c'è, soprattutto, il contenuto della fede cattolica che qui viene presentato. Non si tratta certamente di un Catechismo, anche se la parola risuona nel titolo. Né il libro vuole essere un compendio esaustivo delle verità cristiane. All'autore è bastato portare le parole di Dante a sostegno dei principali contenuti insegnati dalla Chiesa, mostrando come la poesia dantesca si sia messa a servizio della verità cristiana e come le due realtà si siano felicemente incontrate. Il lettore può così gustare i versi danteschi e, contemporaneamente, conoscere e meditare le verità della rivelazione, i principi della morale cattolica, le preghiere e anche i principali Santi della tradizione cristiana.
Molto opportunamente l'Autore ricorda nell'introduzione come spesso i Pontefici abbiano adoperato i versi della Divina Commedia nei loro interventi.
Così ha fatto e fa anche Benedetto XVI, con una serie di citazioni veramente sorprendente.
Mi auguro che la lettura di questo libro possa favorire l'apprezzamento della bellezza e della verità nel loro reciproco rapporto. Ambedue sono aspetti dell'essere. San Tommaso d'Aquino dice infatti che la verità è la realtà, la quale ci atto trae con la sua bellezza.
INTRODUZIONE
Nel 1992 è stato promulgato da Giovanni Paolo II il Catechismo della Chiesa Cattolica e nel 2005 è stato emanato da Benedetto XVI il Compendio di tale Catechismo.
Il Compendio — si legge nel motti proprio di approvazione — «è una sintesi fedele e sicura del Catechismo della Chiesa Cattolica» con il fine di costituire «una sorta di vademecum, che consenta alle persone, credenti e non, di abbracciare, in uno sguardo d'insieme, l'intero panorama della fede cattolica».
Il Compendio è strutturato, secondo la formula dei catechismi tradizionali, a domanda e risposta, con risposte sintetiche ma molto dense di contenuto; a lato di ciascuna risposta sono indicati i numeri in cui il relativo argomento è trattato nel Catechismo, cosa di particolare utilità perché consente la rapida consultazione per eventuali chiarimenti e integrazioni.
Seguendo un corso di catechesi per adulti avente come traccia il detto Compendio, ho talora verificato se nella Divina Commedia fossero reperibili passi che trattassero l'argomento oggetto di qualche risposta del Compendio; con mia piacevole sorpresa la verifica ha spesso sortito esito positivo e questo ha fatto nascere in me l'idea di un compendio "dantesco".
Ho quindi riletto attentamente l'intera Divina Commedia appuntando i passi rilevanti a tal fine.
Mi sono sentito incoraggiato anche dalla particolare considerazione che la Chiesa ha attribuito e continua ad attri-buire al contenuto dottrinale delle opere di Dante e in particolare di quel capolavoro che è la Divina Commedia, che Dante stesso non esita a considerare il poema sacro/al quale ha posto mano e cielo e terra (Pd XXV 1-2).
A tale proposito vale la pena ricordare due documenti emanati da Benedetto XVI: una breve lettera datata 28 ottobre 1914 e la lettera enciclica In praeclara surnmorum datata 30 aprile 1921 in occasione del sesto centenario della morte di Dante.
La lettera del 1914 è di plauso a all'arcivescovo di Ravenna e al «comitato che attende a preparare le onoranze solenni secolari, al divino Alíghieri, essendo prossimo il sesto centenario» della sua morte. Vi si legge, tra l'altro, che «non avvenne mai che [Dante] si discostasse dalle verità della dottrina cristiana»; che egli alimentò e rinvigorì «la fiamma dell'ingegno e l'estro poetico coll'ispirazione della fede cattolica, sì che i misteri augustissimi della Religione poté cantare con carme quasi divino»; e ancora che Dante è «quel poeta, di cui fu tanta l'altezza del canto, da meritare di essere appellato "divino", ed il quale con versi né prima né dopo uguagliati, espose le più alte verità della Fede».
Molto più diffuso e argomentato è l'elogio contenuto nella menzionata enciclica, in cui si ricorda anzitutto che «il nostro Poeta durante l'intera sua vita professò in modo esemplare la religione cattolica».
Di Dante viene sottolineata anche la permanente attualità: «In verità Noi riteniamo che gli insegnamenti lasciatici da Dante in tutte le sue opere, ma specialmente nel suo triplice carme, possano servire quale validissima guida per gli uomini del nostro tempo»; e ancora che «egli, quantunque separato da noi da un intervallo di secoli, conserva ancora la freschezza di un poeta dell'età nostra».
Del poema dantesco, «un vero tesoro di dottrina cattolica», viene rilevata anche l'utilità per così dire pastorale: «Infatti sappiamo — annota il documento — che alcuni, anche recentemente, lontani sì, ma non avversi a Cristo, studiando con amore la Divina Commedia, per divina grazia, prima cominciarono ad ammirare la verità della fede cattolica e poi finirono col gettarsi entusiasti tra le braccia della Chiesa».
Ritiene Benedetto XV che l'elogio principale di Dante sia quello «di essere un poeta cristiano e di aver cantato con accenti quasi divini gli ideali cristiani dei quali contemplava con tutta l'anima la bellezza e lo splendore»; conclude l'enciclica affermando di non esitare «a definire Dante il cantore e l'araldo più eloquente del pensiero cristiano» e, rivolgendosi ai «diletti figli professori ed alunni degli istituti letterari e di alta cultura del mondo cattolico», cui l'enciclica è indirizzata, così li esorta: «Quanto più vi dedicherete a lui con amore, tanto più la luce della verità illuminerà le vostre anime e più saldamente resterete fedeli e devoti alla santa Fede».
Conoscenza e appassionato interesse per l'opera di Dante e in particolare per la Divina Commedia ebbero parecchi altri Pontefici, tra i quali sono da menzionare Leone XIII, Pio II e Paolo VI. Leone XIII, che pur non risulta abbia scritto alcun documento su Dante, fu un appassionato cultore del Poeta e in particolare della Divina Commedia. Basterà ricordare che egli, come si legge in L.F. Guzzetta, Leone XIII, Dante, ecc., ebbe a dichiarare che «Dante è stato uno dei più splendidi ornamenti del Cristianesimo»; e che quando era a Perugia, nelle visite in Seminario, spesso, sostituendosi ai professori, commentava con gli allievi passi della Divina Commedia.
Di Leone XIII vanno pure menzionati due interventi, che attestano la sua grande considerazione per Dante: l'aver disposto la cancellazione dall'Indice dei libri proibiti del trattato De Monarchia di Dante e l'aver istituito la prima Cattedra dantesca presso l'Università pontificia dell'Apollinare.
Pio XII nel discorso all'udienza generale del 18 marzo 1942, parlando della collaborazione nella vita familiare tra gli sposi, ebbe ad affermare che la donna è «colei, la cui più grande sorella, umile ed alta più che creatura,/ termine fisso d'etterno consiglio, doveva darci il Redentore del genere umano». E nell'udienza generale del 15 aprile 1942 citò il primo verso del canto XIII del Paradiso (Vergine Madre, figlia del tuo figlio), unitamente all'inizio e alla fine della canzone alla Vergine del Petrarca.
Di Paolo VI va particolarmente ricordata la Lettera Apostolica-Motu proprio Altissimi cantus del 7 dicembre 1965, in occasione del settimo centenario della nascita di Dante, sommamente e motivatamente elogiativa dell'uomo Dante e della sua opera, soprattutto quella poetica, in particolare la Divina Commedia; con tale documento il papa ha anche disposto l'istituzione di una Cattedra di Studi danteschi presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Nell'omelia dell'8 dicembre 1975 Paolo VI definisce la Vergine «la Donna umile ed alta più che creatura (Dante, Paradiso, 33. 2)» Mi è stato anche detto che Paolo VI fece avere una copia della Divina Commedia a tutti i padri conciliari.
Giovanni Paolo II parla in modo ampiamente elogiativo di Dante nel discorso del 30 maggio 1985. Vi si legge, tra l'altro, che in quel "racconto teologico" che è la Divina Commedia «c'è un'indicazione preziosa che fa parte dell'ascesi cristiana, e che in italiano trova espressione in un verbo molto efficace: "transumanare". Fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in modo che il peso dell'umano non distruggesse il divino che è in noi, né la grandezza del divino annullasse il valore dell'umano».
«Umile ed alta più che creatura» è detta la Vergine Maria nella preghiera che Giovanni Paolo II rivolge alla Madonna in piazza di Spagna 1'8 dicembre 2002.
Benedetto XVI non ha perso occasione nei suoi discorsi per richiamarsi a Dante:
— nel messaggio del 29 settembre 2005 per la Quaresima del 2006 egli affida il cammino quaresimale «a Maria, "di speranza fontana verace" (Dante Alighieri, Paradiso, XXXIII
— nel discorso del 23 gennaio 2006, in cui illustra la sua prima enciclica Deus caritas est, all'inizio richiama e commenta ampiamente alcuni tratti del canto )(XXIII del Paradiso;
- nel discorso dell'8 dicembre 2006 parlando dell'umiltà della Vergine Maria, aggiunge: «Lo sottolinea bene Dante Alighieri nell'ultimo canto del Paradiso: "Vergine Madre,figlia del tuo Figlio, /umile ed alta più che creatura,/ termine fisso d'eterno consiglio "(Par. XXXIII, 1-3)»
- l'omelia dell'8 settembre 2008 termina con i versi 2 e 3 del canto XIII del Paradiso;
- nell'Angelus del 14 settembre 2008 a Lourdes cita ancora Paradiso XXXIII 12 (la Vergine Maria, di speranza fontana verace);
- nell'Angelus dell'8 dicembre 2008 ricorda la Vergine Madre indicata come il termine fisso d'etterno consiglio (Paradiso XXXIII 3);
- nell'omelia del 6 gennaio 2009 richiama il «verso sublime che conclude il Paradiso e l'intera Divina Commedia», con cui Dante «definisce Dio l'amor che move il sole e l'altre stelle»;
- nel discorso del 6 settembre 2009 a Bagnoregio inizia la rievocazione di san Bonaventura citando la presentazione che il santo fa di sé in Paradiso XII 127-129;
- all'udienza generale del 21 ottobre 2009, parlando di san Bernardo di Chiaravalle, ricorda «la sublime preghiera a Maria» che Dante mette «sulle labbra del Dottore mellifluo» all'inizio dell'ultimo canto del Paradiso;
- nel discorso del 30 ottobre 2009 per l'anno internazionale dell'astronomia il papa termina citando la definizione dantesca di Dio contenuta nell'ultimo verso del poema, l'amor che move il sole e l'altre stelle; tale citazione è ripetuta nel messaggio dell'8 dicembre 2009 per la giornata della pace i gennaio 2010;
- e ancora, all'udienza generale del 27 gennaio 2010 inizia la presentazione della figura di san Francesco riferendo le parole (Nacque al mondo un sole) con cui «nella Divina Commedia (Paradiso, canto XI) il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco».
Anche l'attuale Pontefice, papa Francesco, appassionato di letteratura italiana, apprezza particolarmente la Divina Commedia di Dante; al n. 4 della recente sua prima Enciclica Lumen fidei del 29 giugno 2013 si legge: «Dante, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a san Pietro, la descrive come una "favilla,/ che si dilata in fiamma poi vivace/ e come stella in cielo in me scintilla"» (in nota è cit. Paradiso XXIV 145-147).
Già precedentemente Dante ha avuto il privilegio di essere espressamente menzionato, fino ad allora unico autore "profano" a quanto consta, in un documento ufficiale pontificio: al n. io dell'Enciclica Redemptoris mater sulla Beata Vergine Maria di papa Giovanni Paolo II del 25 marzo 1987, è detto, tra l'altro: «La liturgia non esita a chiamarla "genitrice del suo Genitore" e a salutarla con le parole che Dante Alighieri mette in bocca a San Bernardo: "figlia del tuo Figlio"» (in nota viene indicata la fonte della citazione).
Va pure ricordato che la prima parte della preghiera di San Bernardo alla Vergine (Pd XXXIII 1-21), è inserita, nel suo testo poetico originario, nella raccolta delle preghiere liturgiche alla Madonna.La trattazione è svolta in quattro parti secondo l'ordine del Catechismo e del relativo Compendio: la fede cristiana, l'economia sacramentale, la vita morale, la preghiera cristiana; con l'aggiunta di una quinta, i santi della Commedia.
Ai singoli brani della Commedia fanno seguito le relative parafrasi, indicate tra parentesi quadra, mentre sono ridotti al minimo i collegamenti e i commenti esplicativi, volendo che sia il testo poetico a "parlare" direttamente al lettore.
Certamente i cultori di Dante noteranno l'assenza di qualche passo rilevante per la materia oggetto del presente lavoro; ciò è dovuto soprattutto al carattere divulgativo che ho inteso dare all'esposizione, che imponeva di contenerne la dimensione.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
LA FEDE CRISTIANA
La ragione umana
All'inizio del Catechismo della Chiesa Cattolica e del relativo Compendio viene affrontato il tema del rapporto dell'uomo rispetto a Dio; vi si afferma che il disegno di Dio per l'uomo è la sua salvezza e beatitudine eterna, mentre viene sottolineata la natura dell'uomo quale essere "religioso", capace di entrare in comunione con Dio.
Dante esprime l'anelito profondo, anche inconsapevole, dell'animo umano verso Dio in questa terzina (Pg XXI 1-3):
La sete natural che mai non sazia se non con l'acqua onde la femminetta samaritana domandò la grazia, mi travagliava... [La sete naturale che non si sazia mai se non con l'acqua della quale l'umile donna di Samaria chiese la grazia a Gesù, mi tormentava...]
È palese il richiamo all'episodio dell'incontro di Cristo con la samaritana al pozzo di Giacobbe: secondo l'esegesi biblica, l'acqua del pozzo rappresenta ciò che l'uomo può raggiungere con le sue capacità naturali, mentre quella offerta da Cristo e subito chiesta dalla samaritana rappresenta la grazia divina che eleva mente e cuore dell'uomo oltre la sua natura, a livello divino.
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BARBARA SGARIOTO il 26 ottobre 2014 alle 16:22 ha scritto:
Bellissimo testo che pone un parallelismo tra le affermazioni della chiesa cattolica con i versi scritti dal sommo poeta. Il testo, semplice e abbastanza scorrevole, offre un ottima traduzione dei versi trattati della divina commedia.