Nicola da Guardiagrele. Orafo tra Medioevo e Rinascimento. Le opere. I restauri
(Arte e musei)EAN 9788862440356
È una pubblicazione del 2009. Ma la recensiamo ugualmente per onorare un capolavoro come l’Antependium della cattedrale di Teramo e della comunità teramana. Il volume è ben confezionato: copertina cartonata, risvolti e una buona carta che permette di rivelare in modo nitido e prevalente le figure dell’Antependium, grazie anche alle foto (tutte di D. Oddi) che risolvono in modo efficace il rischio di appiattire le immagini in argento sbalzato, argento dorato e smalti, finemente cesellate delle 35 formelle e 22 lastrine romboidali in smalto traslucido che risolvono gli appoggi di angolo dei gruppi di ogni quattro formelle del paliotto (antependium), datato 1448 e firmato da Nicola da Guardiagrele (sec. XV).
Il paliotto è anteposto (antependium) al «prospetto anteriore dell’altare centrale». Restaurato nel 2002 e considerato l’opera più bella di Nicola da Guardiagrele e il vanto di tutta la comunità teramana, il paliotto (o «parato di San Berardo») «è tornato a troneggiare “innanti lo altare grande” del Duomo e cattedrale di San Berardo a Teramo» (p. 16). La pubblicazione riproduce a tutta pagina le 35 formelle, con la breve didascalia di identificazione dell’evento rappresentato e la citazione biblica in alto: esse si propongono in tutto il loro splendore, rendendo possibile la lettura delle scritte, i particolari, il panneggio degli abiti che si configurano ai corpi in movimento, le prospettive, le decorazioni. Di seguito sono rappresentate le 22 formelle (4 per pagina) che sono giustapposte tra quattro formelle e anche quattro esempi delle 25 lastrine a smalto champlevé blu distribuite lungo la cornice «con decori fitomorfi, secondo il tipico disegno della produzione di Nicola da Guardiagrele» (p. 77).
Le formelle sono spiegate artisticamente e tecnicamente e identificate negli eventi neotestamentari della vita di Gesù (dall’annunciazione all’ascensione) rappresentati, nei personaggi dei quattro evangelisti, di quattro Padri della Chiesa latina (Agostino, Gregorio, Ambrogio e Girolamo) e nell’ultima formella di san Francesco che riceve le stimmate. Come centro di simmetria del paliotto è la figura di Cristo benedicente (qui chiamato «il Redentore») con la mano destra, alta pari a due formelle, e con la sinistra che regge il libro della sua identità: con un’elegante scrittura maiuscola gotica è scritto EGO/SUM/LUX/MUN//DI VIA/VERIT/AS ET /VITA. Intorno a questa formella del Cristo Redentore si succedono quattro registri di formelle: la prima a sinistra in alto è quella dell’annunciazione e l’ultima quella di san Francesco che riceve le stimmate. Tredici formelle connotano gli eventi della vita di Gesù con una scrittura elegantemente in maiuscola e minuscola gotica, 11 in latino e 2 in volgare (molto interessante questo particolare).
Manca, purtroppo una lettura del programma iconografico che avrebbe permesso anche di spiegare come mai i quattro evangelisti sono disposti verticalmente (nella sequenza dall’alto di Giovanni, Matteo, Luca e Marco) alla destra del Cristo benedicente centrale, mentre in modo simmetrico la presenza di quattro Padri della Chiesa latina (dall’alto in simmetria agli evangelisti): Gesù, il Vangelo di Dio raccontato dagli evangelisti e continuato a generare insegnamenti con la vita e la dottrina dei Padri della Chiesa? E nelle formelle del primo e quarto registro sopra e sotto il Cristo benedicente non casualmente in alto la Pentecoste e in basso l’apparizione alla Maddalena. Così come non casualmente sopra la formella di san Francesco che riceve le stimmate quella della crocifissione. Nella scheda tecnica a proposito della formella di san Francesco si dice che «l’ultima formella eccede [!] rispetto al ciclo cristologico»: un’eccedenza che però merita una spiegazione. E perché tra i santi soltanto Francesco e non per esempio san Berardo, al quale è dedicato il Duomo? Avrebbe meritato anche spiegare come mai «le 22 formelle romboidali in smalto traslucido presentano raffigurazioni quali: il Cristo Pantocratore, la Vergine in trono, i santi [apostoli] Giovanni, Paolo, Pietro, Andrea, Giacomo e infine, nove apostoli [ripetendo qualcuno dei precedenti?] e otto profeti di difficile identificazione» (p. 77).
Nella formella dell’annunciazione, l’arcangelo Gabriele in ginocchio mostra sulle sue mani vestite del suo abito una piccola figura di chi sta annunciando a Maria che si ritrae e flette il suo corpo all’indietro. Come anche il cesto di vimini (comune in quelle regioni dell’Artista) come culla del Bambino Gesù, che emette raggi di luce ed è collocato fuori dalla culla in un una piccola mandorla. L’ultimo capitolo è dedicato alle altre opere (croci, ostensori, custodie eucaristiche, croci processionali del mastro Nicola de Argentis de Guardiagrelis. Alla fine del volume un bellissimo dispiego di due pagine per dare un’immagine totalizzante del paliotto, con una tavola di identificazioni degli eventi che le immagini rappresentano.
Tratto da "Rivista Liturgica" n. 4/2012
(http://www.rivistaliturgica.it)
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