Nessuno conosce "il punto di vista di Dio". Quindi non è legittima la pretesa dell'uomo di farsi Dio. Per questo bisogna opporsi all'attitudine che induce a sostituirsi a Dio, rigettare la ragione propensa a creare nuove schiavitù, rispondere a un potere che si va disumanizzando.Si ritiene, specialmente nel contesto italiano in cui il cattolicesimo è maggioritario, che la religione predisponga ad un atteggiamento accomodante se non addirittura connivente rispetto al potere. Ma così si rendono marginali tutti quegli aspetti del cristianesimo che muovono da un'irriducibile conflittualità col potere. Per questo si è spesso trascurata la rilevanza di una critica religiosa del potere - anche di matrice cattolica - che ha svolto invece una funzione sociale e politica importante.Proprio muovendo da presupposti religiosi, questa critica ha saputo contrastare il potere, ogniqualvolta abbia rivestito i panni del totalitarismo e dell'autoritarismo. Nell'opporsi a queste due tipologie di potere degenerato, la critica religiosa ha individuato come suo bersaglio sia le deviazioni imputabili alle chiese e ai cleri, sia quelle dovute a certi approcci politico-ideologici. Il perno intorno cui ruota questo volume, inconsueto e spiazzante, è l'analisi del fattore religioso o della religiosità come critica del totalitarismo e dell'autoritarismo. Come una guida essenziale e, dunque, indispensabile, i contributi raccolti, che coprono un arco temporale compreso tra la prima metà dell'Ottocento e la fine del secondo millennio, passano in rassegna le coscienze libere che hanno osato, non solo in nome di una fede liberante ma anche contro ogni soggezione complice col potere. Si tratta di figure più ortodosse e altre meno scontate, come Romano Guardini, Luigi Sturzo, Jacques Maritain ed Emmanuel Mounier, poi ancora Mirza Agha Khan Kermani, il movimento Cartista, Ernesto Buonaiuti, Carlo Rosselli, Simone Weil, Aldo Capitini, Samuel Ruiz, Pier Paolo Pasolini e Fabrizio De André.