Famiglia in gioco. Relazioni di genere e generazioni in famiglia
(Partenze... per educare alla pace)EAN 9788861530782
Un libro rivolto alle famiglie perché «si mettano in gioco» e attraverso il gioco ripensino sé stesse, cioè le proprie pratiche e i propri paradigmi, particolarmente attorno alle relazioni di genere e fra generazioni. Infatti, se l’identità di genere rimane una delle dimensioni fondamentali dell’identità di ognuno, è prima di tutto in famiglia che essa viene costruita. La prima parte descrive attraverso le scienze umane la famiglia, le relazioni che sottende e l’identità di genere, e i cambiamenti da essi vissuti nell’età contemporanea. La seconda propone alle famiglie la metodologia e l’esperienza dei «Laboratori di autobiografia formativa».
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 12
(http://www.ilregno.it)
Quando si parla di famiglia si intende una realtà talmente complessa che non si può racchiudere in una semplice definizione, perché non si può prescindere dalla struttura di genere di cui è caratterizzata e che comincia proprio dall’istituzione del matrimonio e dalla presenza dei figli. Sono questi infatti l’obiettivo e il fondamento della creazione di una famiglia. Pensiamo alla concentrazione affettiva che si stabilisce tra genitori e figli, e, quando ci sono, con i nonni: rapporti che hanno anche delle connotazioni di genere, anche se non sem-pre esplicitamente dichiarata, di matrice psicologica, sociale, pedagogica, e non ultima culturale. Capiamo bene, allora, perché l’autore si sofferma anche sulle famiglie monogenitoriali, dove sono modificate e moltiplicate le figure genitoriali e la rete parentale.
La famiglia, da sempre vista come centro all’interno della società, oggi perde il suo significato di comunità perché le relazioni che in essa si instaurano, sono viste come impoverimento della propria libertà. Si va verso una comunità estetica fondata sull’apparenza, che dà poca rilevanza alla relazione perché si ferma alla superficie. Tuttavia la famiglia, nella sua natura, non è solo un insieme di interazioni, perché viene chiamato in causa non solo l’asse orizzontale, ma anche quello verticale, che permette di entrare più in profondità e di collegare le diverse generazioni. Relazioni piuttosto che interazioni: relazioni date dalla sinergie di azioni.
Il cambiamento della visione della famiglia mette in crisi anche la distinzione dei generi: ecco perché viene messo in evidenza la famiglia come relazione di genere. Secondo Chorodow, la mascolinità e la femminilità sono inscritte nella psicologia umana: ci sono notevoli differenze personali tra gli uomini e le donne, ma spesso si interpretano come esito di strutture e prassi sociali. Chorodow ci aiuta a vedere invece queste differenze non sono il semplice esito di uno squilibrio di potere o delle aspettative sociali vigenti, ma appunto sono inscritte nella propria psicologia. La relazione sessuata nella famiglia si gioca a livello biologico, psichico, sociale e culturale, attraverso sia un processo di differenziazione proprio del vissuto di ciascun individuo, sia di omogeneizzazione, perché si comunica anche su questioni rispetto al passato. Purtroppo l’analisi della situazione odierna, lascia intravedere una crisi del carattere sessuato della famiglia, specie per l’avvicinamento, l’assimilazione, la sovrapposizione e lo scambio dei ruoli maschile e femminile.
Perché allora mettere in gioco la famiglia? Perché essa è costituita dalle rela-zioni di genere e di generazioni, in una continua attività di elaborazione, con legami stringenti, densi di conflittualità e amore, con la sola posta in gioco di mettere in relazione interiorità ed esteriorità.
La seconda parte del libro dedica la sua attenzione alle relazioni di genere e generazioni di famiglia, partendo dal quadro epistemologico di analisi. Sono evidenziati gli approcci con cui ci si accosta allo studio di questa realtà, quello si-stemico e quello narrativo, il primo che prevede la ricostruzione dei processi interattivi e comunicativi della famiglia e il secondo, che nelle modalità biografica e autobiografica, mira alla ricostruzione narrativa dei vissuti e delle esperienze che nella famiglia si generano. Perché, tuttavia non pensare ad un terzo approccio che crei equilibrio tra i due precedenti? Ecco allora la prospettiva biosistemica, che facendo tesoro delle due visioni precedenti, consente il passaggio dall’ontologia alla epistemologia della famiglia, che allora è sia un sistema di interdipendenze, sia una conversazione che genera racconti. Così allora anche la costruzione dell’identità che non è qualcosa di già dato, ma si costruisce come racconto di sé dentro una pluralità di contesti, nelle relazioni con gli altri significativi e perché no, con l’Altro. In questo senso l’autore definisce la famiglia come «matrice», cioè luogo in cui viene coltivata una differenza, una unicità, una vita, magari non sempre con interventi educativi espliciti, ma anche attraverso il vissuto quotidiano. Ogni individuo, inserito nel proprio contesto vitale, parte per la relazione di genere e l’identità di genere, proprio dalle relazioni che si stabiliscono in famiglia (negoziazioni, simbolicità dei gesti, elaborazione culturale di idee, rappresentazioni e narrazioni di genere). Ogni famiglia è originale perché ha una storia originale, ed è chiamata a ricordare e tramandare alle successive generazioni il patrimonio di cui dispone (cultura, racconti delle origini, reviviscenza dei ricordi infantili), che la influenza e costituisce e muove l’agire e il pensare, reinterpretandolo nelle nuove situazioni di vita. E chiaramente questo sembra particolarmente difficile quando manca la conversazione: il dialogo è evento di rivelazione, di conversione, di trasformazione nel profondo, sia nel vissuto familiare che personale. Conversare attraverso degli scripts definiti nel tempo, rituali, miti, paradigmi che ruotano attorno al consenso e alla distanza, all’ambiente e ai risultati da raggiungere. Capiamo allora cosa accomuna la conversazione con l’identità che si costruisce: il genere è il risultato non solo della differenza biologica, ma anche di fattori psichici, sociali e culturali. Per questo è necessario passare dalla «differenza» alla «differenziazione», cioè tutte quelle strategie familiari che si manifestano nella trama di relazioni tra sessi e generazioni.
Per questo viene proposta un’azione formativa in grado di dare a ciascun componente familiare la possibilità di elaborare i significati a partire dall’»agire» su di sé, dal racconto della loro esperienza di vita e dai vissuti che questi hanno generato. Si chiede alla famiglia di diventare familia ludens, in grado di giocare e quindi di provare gusto a stare insieme, e di mettersi con ironia, cioè con la capacità di interrogare continuamente e con agonia, vale a dire con il coraggio di entrare nella rete dei conflitti e delle relazioni.
La famiglia è chiamata allora a mettersi in gioco per questo: come per i bambini il gioco non è semplicemente un divertirsi ma l’occasione di essere realmen-te se stessi, così per la famiglia «giocare» può essere la modalità in cui riscoprire la propria identità e lasciare che anche i figli ne acquistino la propria… giocando.
Tratto dalla Rivista di Scienze Religiose n. 1/2010
(http://www.facoltateologica.it/rivistadiscienzereligiose.html)
Quando si parla di famiglia si intende una realtà talmente complessa che non si può racchiudere in una semplice definizione, perché non si può prescindere dalla struttura di genere di cui è caratterizzata e che comincia proprio dall’istituzione del matrimonio e dalla presenza dei figli. Sono questi infatti l’obiettivo e il fondamento della creazione di una famiglia. Pensiamo alla concentrazione affettiva che si stabilisce tra genitori e figli, e, quando ci sono, con i nonni: rapporti che hanno anche delle connotazioni di genere, anche se non sempre esplicitamente dichiarata, di matrice psicologica, sociale, pedagogica, e non ultima culturale. Capiamo bene, allora, perché l’autore si sofferma anche sulle famiglie monogenitoriali, dove sono modificate e moltiplicate le figure genitoriali e la rete parentale. La famiglia, da sempre vista come centro all’interno della società, oggi perde il suo significato di comunità perché le relazioni che in essa si instaurano, sono viste come impoverimento della propria libertà. Si va verso una comunità estetica fondata sull’apparenza, che dà poca rilevanza alla relazione perché si ferma alla superficie. Tuttavia la famiglia, nella sua natura, non è solo un insieme di interazioni, perché viene chiamato in causa non solo l’asse orizzontale, ma anche quello verticale, che permette di entrare più in profondità e di collegare le diverse generazioni. Relazioni piuttosto che interazioni: relazioni date dalla sinergie di azioni. Il cambiamento della visione della famiglia mette in crisi anche la distinzione dei generi: ecco perché viene messo in evidenza la famiglia come relazione di genere. Secondo Chorodow, la mascolinità e la femminilità sono inscritte nella psicologia umana: ci sono notevoli differenze personali tra gli uomini e le donne, ma spesso si interpretano come esito di strutture e prassi sociali. Chorodow ci aiuta a vedere invece queste differenze non sono il semplice esito di uno squilibrio di potere o delle aspettative sociali vigenti, ma appunto sono inscritte nella propria psicologia. La relazione sessuata nella famiglia si gioca a livello biologico, psichico, sociale e culturale, attraverso sia un processo di differenziazione proprio del vissuto di ciascun individuo, sia di omogeneizzazione, perché si comunica anche su questioni rispetto al passato. Purtroppo l’analisi della situazione odierna, lascia intravedere una crisi del carattere sessuato della famiglia, specie per l’avvicinamento, l’assimilazione, la sovrapposizione e lo scambio dei ruoli maschile e femminile. Perché allora mettere in gioco la famiglia? Perché essa è costituita dalle relazioni di genere e di generazioni, in una continua attività di elaborazione, con legami stringenti, densi di conflittualità e amore, con la sola posta in gioco di mettere in relazione interiorità ed esteriorità. La seconda parte del libro dedica la sua attenzione alle relazioni di genere e generazioni di famiglia, partendo dal quadro epistemologico di analisi. Sono evidenziati gli approcci con cui ci si accosta allo studio di questa realtà, quello sistemico e quello narrativo, il primo che prevede la ricostruzione dei processi interattivi e comunicativi della famiglia e il secondo, che nelle modalità biografica e autobiografica, mira alla ricostruzione narrativa dei vissuti e delle esperienze che nella famiglia si generano. Perché, tuttavia non pensare ad un terzo approccio che crei equilibrio tra i due precedenti? Ecco allora la prospettiva biosistemica, che facendo tesoro delle due visioni precedenti, consente il passaggio dall’ontologia alla epistemologia della famiglia, che allora è sia un sistema di interdipendenze, sia una conversazione che genera racconti. Così allora anche la costruzione dell’identità che non è qualcosa di già dato, ma si costruisce come racconto di sé dentro una pluralità di contesti, nelle relazioni con gli altri significativi e perché no, con l’Altro. In questo senso l’autore definisce la famiglia come « matrice», cioè luogo in cui viene coltivata una differenza, una unicità, una vita, magari non sempre con interventi educativi espliciti, ma anche attraverso il vissuto quotidiano. Ogni individuo, inserito nel proprio contesto vitale, parte per la relazione di genere e l’identità di genere, proprio dalle relazioni che si stabiliscono in famiglia (negoziazioni, simbolicità dei gesti, elaborazione culturale di idee, rappresentazioni e narrazioni di genere). Ogni famiglia è originale perché ha una storia originale, ed è chiamata a ricordare e tramandare alle successive generazioni il patrimonio di cui dispone (cultura, racconti delle origini, reviviscenza dei ricordi infantili), che la influenza e costituisce e muove l’agire e il pensare, re-interpretandolo nelle nuove situazioni di vita. E chiaramente questo sembra particolarmente difficile quando manca la conversazione: il dialogo è evento di rivelazione, di conversione, di trasformazione nel profondo, sia nel vissuto familiare che personale. Conversare attraverso degli scripts definiti nel tempo, rituali, miti, paradigmi che ruotano attorno al consenso e alla distanza, all’ambiente e ai risultati da raggiungere. Capiamo allora cosa accomuna la conversazione con l’identità che si costruisce: il genere è il risultato non solo della differenza biologica, ma anche di fattori psichici, sociali e culturali. Per questo è necessario passare dalla « differenza» alla « differenziazione», cioè tutte quelle strategie familiari che si manifestano nella trama di relazioni tra sessi e generazioni. Per questo viene proposta un’azione formativa in grado di dare a ciascun componente familiare la possibilità di elaborare i significati a partire dall’»agire» su di sé, dal racconto della loro esperienza di vita e dai vissuti che questi hanno generato. Si chiede alla famiglia di diventare familia ludens, in grado di giocare e quindi di provare gusto a stare insieme, e di mettersi con ironia, cioè con la capacità di interrogare continuamente e con agonia, vale a dire con il coraggio di entrare nella rete dei conflitti e delle relazioni. La famiglia è chiamata allora a mettersi in gioco per questo: come per i bambini il gioco non è semplicemente un divertirsi ma l’occasione di essere realmente se stessi, così per la famiglia « giocare» può essere la modalità in cui riscoprire la propria identità e lasciare che anche i figli ne acquistino la propria… giocando.
Tratto dalla Rivista di Scienze Religiose di Brindisi "Parola e Storia" n.1-2010
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