Il volume raccoglie saggi che focalizzano aspetti nodali e spesso ingiustamente trascurati del complesso e multiforme rapporto Vangelo-Trasmissione-Verità. Infatti l'annuncio cristiano, le modalità e il senso della sua trasmissione nei primi secoli del cristianesimo e nel corso della sua storia successiva, la coniugazione delle verità cristiane con le emergenze storiche, costituiscono un ambito vivo della ricerca più recente che vede il riavvicinamento, in prospettiva multidisciplinare, di ambiti di studio differenti: storia del cristianesimo antico, teologia patristica, storia dell'esegesi ed ermeneutica, storia della spiritualità, epistemologia teologica, liturgia, ecclesiologia e cristologia. Un libro rivolto a tutti gli specialisti della ricerca teologica secondo quanto ha affermato il gesuita Enrico Cattaneo cui questi studi sono dedicati: «Credo che il compito del teologo-storico sia di stabilire dei ponti, tra esegesi e storia, tra storia e teologia, perché si sono operate troppe fratture».
INTRODUZIONE
di Anna Carfora
Questo volume è nato come un riconoscimento ed un omaggio che colleghi e studiosi hanno voluto dedicare ad Enrico Cattaneo in occasione del suo settantesimo compleanno. La sua intensa attività di studio, di ricerca e di insegnamento ha contribuito in maniera significativa allo sviluppo delle conoscenze negli ambiti ai quali si è applicato. Con i suoi lavori la comunità scientifica si è confrontata e continua a confrontarsi, secondo una dialettica fertile e costruttiva: è in questo spirito che il volume è stato concepito e composto. Le sezioni in cui esso è diviso rispecchiano i settori nei quali si è esercitata l'attività del professor Cattaneo: la Scrittura e la sua ricezione, lo sviluppo della Chiesa nella sua dimensione storica e teologica, la patristica, la teologia e la spiritualità. Gli articoli che costituiscono le diverse sezioni sono concepiti in dialogo virtuale con i lavori di Enrico Cattaneo, si riallacciano a suoi studi, ne raccolgono spunti, sviluppano aspetti in consonanza o in confronto con i temi da lui trattati; a testimoniare la vita che circola all'interno della comunità scientifica.
Esplorando più da vicino i diversi contributi, per quanto riguarda la prima sezione, «Scrittura e ricezione», il contributo di Pino Di Luccio si sofferma sulle denominazioni attribuite a Gesù nel Nuovo Testamento evidenziando come ognuna di esse costituisca un aspetto parziale dell'identità di Gesù e come, allo stesso tempo - in quanto i "nomi" vengono attribuiti a Gesù da parte di coloro che lo hanno seguito - tali denominazioni rappresentino il riflesso della diversità dei percorsi di salvezza intrapresi da coloro che hanno creduto in Lui.
Silvio Barbaglia propone un'esegesi di Matteo 6,11 a proposito di quale sia il pane da chiedere: quello per l'oggi o quello escatologico. Considera che Girolamo traduce èictcyúcstog come supersubstantialis. Si può dischiudere un senso ulteriore del pane da chiedere, come quello di "domani", ossia un pane che, a differenza di quello materiale, non conduce alla morte ma dà la vita? In linea con Es 16, i racconti sinottici e giovannei della moltiplicazione dei pani e dei pesci e dell'istituzione eucaristica, secondo Barbaglia si può pensare ad una richiesta del pane di "domani" come del pane del "sabato", quello che dà la vita per sempre.
Cosimo Pagliara sviluppa un'analisi del secondo capitolo di Osea per esplorare il tema del simbolismo nuziale in esso contenuto.
Esamina i commenti ai Salmi di Agostino, sui temi dell'eredità e del testamento: il termine testamentum Dio e l'uomo, non agli accordi che intervengono tra gli uomini. Se Girolamo in una prima fase utilizza "patto", successivamente ricorre anch'egli a testamentum. Attualmente il termine berith viene tradotto come "alleanza", tuttavia questa traduzione, per Marafioti, sbilancia il significato del termine verso una parità tra Dio e l'uomo. La traduzione di diatheke non può essere "alleanza"; non riscontrandosi ciò nel greco letterario né in quello biblico. Attraverso l'analisi di alcuni passi paolini e di Ebrei, l'autore dimostra come diatheke sia da intendersi come "testamento", che rende semanticamente ragione della categoria fondamentale di elezione e di adozione, come testimoniato inoltre dalle formulazioni liturgiche.
Cesare Giraudo esamina i diversi modi di designare il quarto sacramento: conversione, penitenza, confessione, perdono, riconciliazione, ripercorrendone gli usi biblici - che risultano assenti per una delle designazioni e le etimologie, con le relative curvature semantiche, mettendo in evidenza ciò che esse fanno risaltare oppure mortificano del quarto sacramento, la cui ricchezza va adeguatamente sottolineata perché esso possa trovare rilevanza nel contesto odierno.
Agnès Bastit-Kalinowska investiga il corpus ignaziano, alla ricerca dei luoghi in cui Ignazio di Antiochia cita o si richiama a parole o fatti di Gesù. Emergono dall'analisi i modelli esegetici e interpretativi a cui Ignazio ricorre e che avranno grande fortuna storica. La lettura ignaziana si presenta attualizzante e contemplativa.
La seconda sezione del volume è dedicata allo sviluppo della Chiesa nelle sue dimensioni storiche. Enrico Norelli considera le testimonianze su Ignazio di Antiochia offerte da Origene. In primo luogo il commento a Lc 1,26-27 in cui compare un cenno al martire di Antiochia, per la cui autenticità Norelli propende. Altra testimonianza origeniana su Ignazio si trova nel Commento al Cantico dei cantici in cui Origene cita la sua Lettera ai Romani (7,2). Ancora, il trattato di Origene Sulla preghiera (20,2) richiama in un punto la Lettera ai Romani (3,3).
Andrea Villani tratta la questione dei ministeri negli scritti di Tertulliano chiedendosi se la maniera in cui egli ne parla può essere considerata una descrizione obiettiva dell'esistente o se non evidenzi, invece, quegli aspetti della realtà in cui Tertulliano vive che meglio rispondono ai suoi scopi letterari. In Apologeticum 39, Tertulliano non intende fare affermazioni sulla gerarchia cristiana ma comparare il comportamento dei responsabili della comunità cristiana con quello dei responsabili della comunità civile. In De baptismo 17, la questione affrontata è relativa al non ridimensionare il ruolo del vescovo, pur riconoscendo che anche i laici possono battezzare. In De fuga in persecutione 11, l'accento è sulla moralità richiesta al clero, più che alle sue prerogative. Esempi, questi, che mostrano come le esigenze retoriche siano fondamentali nella costruzione del discorso di Tertulliano.
Il tema dell'articolo di Antonio V. Nazzaro è costituito dal modo in cui Ambrogio legge le figure dell'imperatore Costantino e della madre Elena. Nel De obitu Theodosii 39-51 si trova la prima attribuzione ad Elena dell'inuentio crucis. La trasformazione dei chiodi in un morso e in una corona, sta ad indicare la continuità, hereditas (idei e non dinastica, dell'impero dei nuovi principi cristiani: va letta, dunque, in chiave politico religiosa.
La terza sezione del volume ospita contributi focalizzati su tematiche teologiche, dall'età dei Padri alla contemporaneità. Il tema del contributo di Enrico dal Covolo è l'articolazione della trasmissione della fede con la testimonianza nei Padri. Ireneo di Lione definisce l'apostolicità della trasmissione dei contenuti della fede nella successione episcopale. Si tratta di una tradizione pubblica, unica, pneumatica. Ambrogio ed Agostino vengono considerati in quanto permettono di passare dal livello dei contenuti della fede all'atto del credere, che non può essere trasmesso ma testimoniato. Gli inizi della relazione personale tra i due, come riportati dalle Confessioni di Agostino, testimoniano una modalità di testimoniare la fede che passa attraverso gli atti più che attraverso le parole. Trasmettere e testimoniare riconducono alla via catechetica da seguire. Per Ambrogio si tratta di una catechesi concreta, dottrinalmente solida, centrata sulla persona di Gesù. La catechesi agostiniana è centrata sulla Bibbia, è cristo-centrica e orientante alla speranza.
Dominique Bertrand conduce una disamina particolare del quarto anatematismo che compare nella Lettera di Cirillo di Alessandria. Analizzando il duro confronto tra Cirillo e Nestorio, Bertrand mostra come il dissenso tra i due riguardi la cristologia ma anche la soteriologia. Inoltre essi divergono anche sulla nozione filosofica di natura.
Nicola Salato esamina il concetto di persona in un passo della Summa di Tommaso d'Aquino in cui tratta della Trinità. Tommaso supera il concetto di persona proposto da Boezio conferendogli spessore ontologico: nella persona l'essere si realizza nella sua pienezza. "Persona" va riferito innanzitutto a Dio, agli esseri umani in maniera imperfetta, ma essa conferisce agli uomini altissima dignità e li costituisce nella loro unicità e irripetibilità.
Giuseppe Guglielmi affronta il tema, in generale poco esplorato, della storicità in Loregan.
Una categoria interpretativa proposta è quella della differenziazione della coscienza come fenomeno eminentemente storico.
La quarta sezione è dedicata a temi di spiritualità. In essa Dominique Bertrand propone la traduzione francese della Lettre sur la cellule attribuita a Paolo di Tamma, asceta egiziano del IV secolo. La traduzione è corredata da un'ampia introduzione che affronta le questioni sottese allo scritto. Si tratta di un piccolo ma prezioso documento dell'antica spiritualità monastica del Medio Egitto.
Francesco Asti affronta il tema della mistica in relazione alla santità in quanto in essa Dio si comunica alle creature. Ciò a partire dal confronto con il mondo greco, alla luce della Rivelazione e considerando importanti passaggi del Magistero, come la posizione di Benedetto XIV, il Concilio Vaticano II, il Catechismo della Chiesa Cattolica, il Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Orationis Formas . Inoltre delinea i tratti della vita mistica e le articolazioni con altre dimensioni come la teologia, la psicologia e il dialogo interreligioso.
La quinta ed ultima sezione del volume è incentrata su Enrico Cattaneo. Agnès Bastit-Kalinowska ne ripercorre l'attività scientifica, soffermandosi sugli aspetti di metodo e contenuto della sua opera e evidenziando il contributo da egli apportato alla ricerca nei diversi campi oggetto dei suoi studi.
La nota di Antonio Barruffo è una testimonianza su Enrico Cattaneo dedicatagli da un confratello gesuita, che è stato Decano e Preside della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale e Rettore del Pontificio Seminario Campano Interregionale e ha condiviso con lui anni di impegno scientifico e didattico.
Infine Giancarlo Isnardi ha stilato un breve curriculum e la bibliografia di Enrico Cattaneo.
Il volume è stato pubblicato grazie al finanziamento dell'Institut Universitaire de France e con la coll aborazione dell'Istituto di Storia del Cristianesimo "Mons. Cataldo Naro - vescovo e storico della Chiesa" della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale sez. san Luigi.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
NOMI DI GESù
Pino Di Luccio
Il nome greco di Gesù - /ésous - deriva dall'ebraico Yehoshùa e dall'aramaico Yeshùa e significa «la salvezza (del Signore)». Quando fu annunciato a Maria di Nazaret era un nome comune. L'angelo Gabriele disse a Maria che «Gesù» sarebbe stato grande. Lo avrebbero chiamato «Figlio dell'Altissimo» e «Figlio di Dio», e il Signore gli avrebbe dato il trono di Davide suo padre. Nei Vangeli canonici con «Figlio dell'Altissimo», «Figlio di Dio» e «Figlio di Davide» ricorrono molti altri "nomi" di Gesù. Come questi, alcuni di essi designano la sua identità di figlio - dell'Uomo', di Giuseppe'', del falegname', di Maria6 - o sono "titoli" messianici, come «Re dei Giudei». In altri casi i nomi di Gesù hanno un contenuto teologico originale che risulta dalla confluenza di diverse tradizioni bibliche, come «Agnello di Dio» e «Luce». Certi "nomi" di Gesù sono appellativi onorifici, come Rabbi. Questo termine - che significa "mio Maestro" designa una caratteristica dell'identità di Gesù in riferimento alla sua attività di insegnamento delle Scritture ebraiche.
1. Rabbi e Signore
Gesù rivolgeva il suo insegnamento a persone semplici, povere e incolte - chiamate am-haàretz, letteralmente: "popolo della terra". A loro parlava dell'avvento del Regno e spiegava le Scritture raccontando parabole, con storie ed immagini della vita quotidiana. Gesù parlava anche con i Farisei, e frequentava le loro case. Inoltre, discuteva con gli scribi e con gli esperti della Legge, conversava con persone non religiose e con donne che non avevano buona reputazione.