Poche donne possono vantare una vita come la basco-francese Jeanne Clérisse, assassinata a Tangeri nel 1948. Amante e spia del mitico Lawrence d'Arabia. La prima occidentale che cercò di visitare La Mecca, città santa islamica, imprigionata in un harem saudita, arrestata tre volte (e sempre rilasciata) per omicidio. Tenutaria di un bordello nella Parigi occupata dai nazisti e spacciatrice d'oppio, di lei si dice cavalcasse nuda su un cammello nel deserto della siriana Palmira. Questa nuova Mata Hari, longilinea, capelli scuri, sempre elegantissima, cominciò a far parlare di sé fin dall'adolescenza. Nata nel 1893 da una famiglia dell'alta borghesia locale, Marga, come la soprannominarono nel collegio delle Orsoline di Hondarribia, a 15 anni scappa con un ufficiale francese con cui convive per qualche mese. Finita la storia, arriva il matrimonio riparatore col più bel partito della regione, un lontano cugino, l'eccentrico conte Pierre d'Andurain. La coppia milionaria abbandona quasi subito la monotona vita di provincia, gira il mondo e poi decide di allevare cavalli nella pampa argentina. Un disastro. Jeanne ritorna in patria col marito ormai succube delle sue stramberie, eredita dal padre una fortuna e stavolta la meta è l'Egitto, dove inaugura nel 1925 un salone di bellezza, il "Mary Stuart". Dopo l'Egitto, Palmira, dove fonda il meraviglioso Hotel Zénobie, crocevia di intellettuali della Belle Époque. "Il marito passaporto", mai tradotto in italiano, è l'autobiografia tempestosa, spregiudicata, di una donna libera ed emancipata. Uomini-mariti-passaporti ingaggiati all'occorrenza per avventurarsi in arditi viaggi, esplorare il Medio Oriente, assecondare capricci e passioni.