«Per una disciplina come la semiotica che rivendica per sé il carattere di vocazione scientifica non è certo inusuale tornare a ragionare sui concetti della sua teoria, anche quelli fondanti e che sembrerebbero i più consolidati. Invece, l'incessante interesse per le ricerche storiche sull'origine dei concetti semiotici da una parte2, e dall'altra il moltiplicarsi dei manuali, anche dedicati a specifici ambiti di applicazione, sono piuttosto il sintomo di una genuina instabilità che può essere serenamente affrontata solo unendo la riflessione teorica alla pratica analitica, con il classico reciproco ritorno dell'una sull'altra. Come per ogni "scienza della cultura" in cui la sperimentazione precede sia l'osservazione che l'ipotesi (Lévi-Strauss 1960, pp. 22) e il dialogo precede il linguaggio e lo fonda (Lotman 1992), i problemi non si affrontano con l'ardire di risolverli, ma utilizzandoli come strumenti intelligenti per capire un po' di più degli oggetti di indagine che stimolano a rilevarli, e della teoria che li ha costruiti come tali. Investendo tanto la grammatica della lingua quanto le funzioni della significazione, l'enunciazione è uno dei fondamenti teorici su cui si è sviluppata la semiotica moderna. Tuttavia, se la sua applicazione in ambito linguistico appariva generalmente chiara, una volta messa alla prova dei sistemi di segni caratterizzati da altre sostanze espressive, la teoria dell'enunciazione mostrava fin da subito pieghe e orizzonti di riflessione che richiedevano una ulteriore elaborazione. In qualche modo, gli stessi scritti costituenti di Émile Benveniste hanno aperto un bivio davanti a cui si poteva o decidere di contenere l'indagine sulle relazioni fra enunciato e soggetto nell'ambito grammaticale della lingua, oppure continuare a mettere il modello teorico dell'enunciazione "a contatto" con altri principi dell'epistemologia semiotica come la costruzione del valore (Saussure 2009) e la correlazione fra piani di articolazione delle forme (Hjelmslev 1943), per proseguire il percorso di ricerca sulla significanza in quei sistemi definiti come unicamente "semiotici" o "semantici " , laddove "il semiotico (il segno) deve essere riconosciuto; il semantico (il discorso) deve essere compreso" (Benveniste 1969, p. 20). Così, in relazione al modello dell'enunciazione, nel campo della ricerca semiotica si apriva una divaricazione fra ciò che pertiene al verbale - il dire - e le altre produzioni semiotiche - il fare...» Dall'Introduzione)