Cosa resta del genere? Quali spazi per articolare criticamente un discorso sulla norma eterosessuale, sul femminismo, sulla parentela, sulle unioni tra persone dello stesso sesso, sul corpo, sull’identità di genere e i suoi presunti “disturbi”? E in che modo l’articolazione critica di un discorso sul genere sollecita, e veicola, motivi di ripensamento del riconoscimento intersoggettivo, dell’interdipendenza, della vulnerabilità, del desiderio – e dell’autodeterminazione? Questi i nodi trattati tra le pagine di Fare e disfare il genere, che costituisce la riflessione più matura – e vibrante – di Judith Butler sui temi che nei primi anni Novanta furono al centro del fondamentale, e tuttora discusso, Gender Trouble, caposaldo del femminismo contemporaneo e stella polare delle teorie queer. Si tratta, per molti aspetti, di una vera e propria riconsiderazione di quelle tesi iniziali: to do and undo one’s gender, infatti, non significa considerare il genere solo nei termini di una performance che si può fare o disfare, recitare in modo più o meno consapevole, più o meno critico, o più o meno dissidente. Significa, piuttosto, soffermarsi sulla processualità del “fare” e del “disfare”, individuale e collettiva, per cogliere in essa i tratti di una riconfigurazione costante dei parametri di intelligibilità del soggetto che il genere, incessantemente, produce.
Con la prefazione di Olivia Guaraldo, e una nota a margine del curatore.
Judith Butler (1956) insegna Letterature comparate e Teoria critica all’Università della California, a Berkeley. Tra le più importanti e discusse filosofe viventi, le sue tesi sul genere, la sessualità e il potere sono al centro del dibattito filosofico internazionale. Nel 2012 è stata insignita, tra accese polemiche, del Premio Adorno dalla Città di Francoforte. Tra le sue opere tradotte in italiano: Corpi che contano. I limiti discorsivi del “Sesso” (1996), Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità (2013), Vite precarie. I poteri del lutto e della violenza (2013), A chi spetta una buona vita? (2013), Sentire ciò che nell’altro è vivente. L’amore nel giovane Hegel (2014); per i tipi di Mimesis, La vita psichica del potere. Teorie del soggetto (2013).
Federico Zappino (1983) è assegnista di ricerca in Filosofia politica presso l’Università di Sassari. Già traduttore di Judith Butler, per i tipi di Mimesis ha curato La vita psichica del potere. Teorie del soggetto (2013), che include il suo dialogo con Lorenzo Bernini, Quale futuro per il soggetto queer? Sempre per i nostri tipi ha pubblicato Genealogie del presente. Lessico politico per tempi interessanti, con Lorenzo Coccoli e Marco Tabacchini (2014). Nel 2011 ha curato l’edizione italiana di Stanze private. Epistemologia e politica della sessualità di Eve Kosofsky Sedgwick.