Darwin e Dunant. Dalla vittoria del più forte alla sopravvivenza del più debole?
(Laboratorio sociologico)EAN 9788856810479
L’autore è noto nel panorama sociologico italiano per la sua monumentale “Teoria della Metodologia Sociologica” e per la sua “Epistemologia della Tolleranza”. Si è misurato a lungo anche con le tematiche del Disagio Giovanile. Attualmente dirige la Rivista “Salute e Società”, cuore del raggruppamento Sociologia della Salute dell’Associazione Italiana di Sociologia. Nel volume Darwin e Dunant, l’Autore opera un interessante confronto epistemico tra la teorizzazione Darwiniana della vittoria del più forte (evoluzionismo per selezione naturale) e quella Dunantiana che interpretava la realtà con gli occhi delle vittime consegnando alle azioni di soccorso e di aiuto per i soccombenti un pronunciamento definitivo sulla sostanza etica dell’umano, anche in situazioni di distretta.
Nel volume entrano in relazione proficua diverse modalità di interpretare i rapporti tra Natura e Cultura a partire da alcune debolezze della Teoria Evolutiva per selezione naturale (contraddizioni riconducibili al mimetismo animale, alle teorie degli equilibri punteggiati, alla funzione degli eventi casuali, effetti soglia catastrofici ecc). Il 1859 vede sulla scena europea il gran carnaio della battaglia di Solferino e San Martino e la pubblicazione de “L’origine delle specie” del naturalista inglese Charles Darwin. Il Sociologo italiano Costantino Cipolla, inaugurando una collana di studi interdisciplinari tra Sociologia e Storia, si occupa dei due eventi (uno militare e l’altro culturale) in un modo inedito quanto interessante. Il punto di contatto e di attrito che qui interessa è che il 1859 vede la nascita della Croce Rossa, su iniziativa di Dunant, reduce dalla battaglia di Solferino. Sul campo di battaglia non deve sempre e comunque soccombere il più debole, ma proprio il più debole deve essere rivestito di una attenzione fil-antropica del tutto specifica, proprio a motivo del suo stato di necessità. Lo stato di necessità diviene un elemento di opposizione culturale alla naturalità puramente biotica, come puro dominio della incomprimibile e deterministica violenza selettiva. E’ interessante notare che Darwin nella prima edizione della sua opera mantiene aperti degli interessi umanistici in senso lato e che la definizione di “Struggle of life”, non compare che nella seconda edizione dell’opera, come sottotitolo ulteriormente esplicativo dell’impianto teorico generale.
In generale, per meglio comprendere il volume di Cipolla ed inserirlo compiutamente nel dibattito teorico pertinente occorrerebbe discutere dei rapporti tra Storia e Sociologia. Non essendo possibile farlo qui, importi sapere che la figura di Dunant, all’apparenza meno significativa di quella di Darwin, finisce con l’assumere una rilevanza etica decisiva se messa a confronto con l’inventore di uno dei paradigmi biologici più estranei al fatto etico in sé. I due personaggi non si sono né conosciuti né frequentati in vita. Non si ha notizia neppure di frequentazioni delle reciproche pagine consegnate agli annali della cultura europea, universitaria e non. L’autore, in“Darwin e Dunant” ha ben chiare le esigenze etiche del mondo contemporaneo e si rivolge criticamente anche all’apparato del consunto utilitarismo ed al razionalismo etico che si frappongono al ripristino di autentici interessi per una idea di Verità pubblica su base trascendente. Il rischio di far indossare a Dunant abiti culturali di “umanesimo integrale”va corso e per diversi motivi. Infatti, se è vero che il Cristianesimo si è reso immune rispetto al rischio, troppe volte corso in passato, che la religione possa diventare strumento di coercizione e di dominio, occorre rimarcare come dentro la prassi cristiana e la sua costellazione morale, si stenti spesso ad avvertire con sufficiente lucidità i rischi riconducibili al disincanto individualistico, alla riduzione di ogni orizzonte di senso all’ambito della coscienza e dell’autonomia individuale, sapendo bene che il moderno ha messo in discussione il dato di una coscienza cristiana che non può che esistere come autocoscienza intrinseca del fattore relazionale capace di determinarla in sé ed oltre sé.
Senza riconoscimento cristiano della relazione all’altro aumentano l’egoismo, la fine dei legami sociali quando non il Girardiano “Risentimento”. Solo un Dio potrebbe salvarci nelle parole di Heidegger. Se Cristo è la base per lo stabilirsi in Occidente del criterio di specificità-Irripetibilità di ogni persona umana, tale base non può essere utilizzata per giustificare l’individualismo possessivo che si è sprigionato a partire dalla umana unicità. Cristo esalta il desiderio di luce e di gioia che vive in ogni uomo, ma a chi fa il bene promette la Croce. Questi sentimenti dominanti a Solferino Dunant li visse in modo assai chiaro. L’aspetto maggiormente caratterizzante il tentativo dell’Autore è quello di sovraesporre il senso delle iniziative di Dunant al fine di trovare un retroterra consolidato per le nuove istanze etiche che, oggi, portano a riformulare il senso della religione dal punto di vista sociologico. La Religione non si dissolve nell’Etica, ma l’Etica ritorna a svelare lo scenario trascendente che la nutre. La contemporanea riscoperta dell’etica si palesa come fenomeno altamente ambivalente. Esso nasce e si sviluppa sotto la spinta di paure (per le catastrofi ecologiche per la manipolazione genetica incontrollata, per il disagio diffuso ecc.) che fanno emergere ansie, sentimenti e istinti il più delle volte poco razionali. Le risposte "etiche" rimangono spesso incerte non sufficientemente razionali, o comunque con grossi deficit di senso. Il problema primario delle società odierne è quello di definire i problemi e etici del tempo e le loro possibili soluzioni superando le posizioni tipicamente moderne: queste ultime non offrono più alcun aggancio sicuro. In tal senso vacilla la mera sottolineatura laica del primato valoriale della giustizia. L’Etica Cristiana fondata sull’Amore, mostra in questo inizio millennio una portata epocale definita perché attinge alle fonti normative umane che difficilmente possono decantare nel Normativismo più o meno razionalistico e nell’eccesso di Giuridificazione. Si deve partire dalla constatazione che un nuovo bisogno di senso morale spunta oggi nei campi dell’economia, del diritto, della sociologia, della medicina, della biologia, della politica. Tutte le scienze teoriche ed applicate sono attraversate da una nuova sensibilità circa i possibili esiti ultimi del loro impatto sulla società e sull'ambiente interno ed esterno dell'uomo.
Emerge uno "stato d'animo il quale, per quanto confusamente, avverte come particolarmente gravi le possibili conseguenze di un intero Modello di sviluppo, quello praticato in modo sempre più faustiano dalla civiltà occidentale. Si delinea una situazione culturale in cui si diffonde il timore e il tremore, anche se solo a tratti e in momenti particolarmente drammatici, che ci si sta giocando il destino ultimo della società e con esso la felicità degli uomini, che "non tutto è lecito", che si dovrebbero fare "altre scelte" di valore. Tutti questi diversi modi di sentire riconducono ad una istanza fondamentale che siamo soliti chiamare etica, la quale si ripresenta costantemente e non può essere rimossa. In tale istanza etica è evidente (per evidenza vissuta, di Erlebnis) un riferimento a quelle dimensioni ultime in senso trascendente dell'esistenza che siamo soliti collocare nella sfera del "religioso". Ma tale referenza deve essere accuratamente rimossa, perché, così si dice, la nostra società è ormai post-religiosa, si è lasciata la religione trascendente alle spalle. Così almeno ci assicurano le teorie della secolarizzazione, che hanno dominato per alcuni decenni la sociologia della religione e oggi si travestono nelle teorie della rinascita del religioso come costruzione di un simbolismo più o meno irrazionale.
Così si ha che l'etica, come ethos, si propone quale sostituto della religione (si possono analizzare, tra gli altri, la sociologia di M. Maffesoli, la psicologia sociale di S. Moscovici e diverse pagine di Z. Bauman). Etica è quell'orientamento riflessivo dell'azione umana interno alla coscienza (personale e collettiva) che deve prendere posizione di fronte al giudizio di bene/male. L’Etica Cristiana è un orientamento fondato sulla centralità della coscienza umana (chi non è autocosciente non può aderire eticamente in situazione) laddove per coscienza umana si deve intendere un orientamento votato alla scelta autonoma dell’azione moralmente positiva ed all’autonomo rifiuto dell’azione moralmente negativa. Poiché la persona è individuo-in-relazione, l'etica non può mai diventare un fatto individualistico, non può essere una mera decisione secondo regole private (poiché non si possono seguire regole da soli). Su tali tematiche è opportunamente intervenuto di recente Benedetto XVI° riferendosi alla vigente antropologia dell’autoassoluzione dalla maggior parte dei vissuti moralmente negativi che la cultura contemporanea a base ipersoggettivistica, ascrive supinamente ad un bagaglio di esperienze ascrivibili alla naturalità dell’essere umano. Sono i difetti moralmente valutabili in senso negativo a fare l’umanità dell’uomo, quasi che le persone debbono riconoscere la propria umanità nei loro difetti, bypassando lo sforzo etico-relazionale necessario per emendarli.
Ora, l’intervento sociale e financo quello psicologico, hanno da tempo denunciato la forte compromissione del proprio modo di intendere se stesso da parte dell’individuo tardo-moderno all’interno delle dinamiche relazionali umane. La psichiatra Simona Argentieri, rimarcando il motto Freudiano della psicoanalisi come laicissimo “obbligo alla verità” (psicologica) per ogni paziente e per ogni analista, ha molto lavorato sui puntiformi quanto infiniti “piccoli crimini della psiche” che lei documenta all’interno dello studio di fenomeni come la “Malafede e l’Ambiguità”. Sono indicatori assai gravi, nelle parole della scienziata, di un livello di compromissione morale assai avanzato che dice l’assoluta insensatezza di un mondo laicamente destrutturato nel suo connotato trascendente di Verità (non solo psichica, cioè di una vita vissuta in piena autenticità, ma anche di etica pubblica latamente intesa). Di notevole interesse sono le affermazioni sul “Compromesso di integrità” che l’individuo contemporaneo è chiamato a realizzare con sé stesso, quasi sempre al ribasso, strutturando con se stesso un rapporto votato al fraintendimento di quei repertori di verità, di onestà e di affettività presto sacrificati alla cultura di una disponibilità spregiudicata e dolorosa delle proprie latenze dilapidate per costruire false idee di se, simulacri umbratili di quel che si vorrebbe essere ed indicatori deformanti di ciò che realmente si è. La Verità Freudiana, così come la Verità del modello Cristologico, costano dolore e fatica. E’ preferibile indugiare nella rimozione, nelle visioni illusorie che si hanno di sé piuttosto che decidere di affrontare le proprie debolezze. Un mondo privo di Verità e Trascendenza religiosa è un mondo di falsi sé che operando socialmente, in un vortice esasperato di idiosincrasie si costringono alla reciproca tolleranza nel risentimento e nella narcosi dell’indifferenza. Qui vediamo la dimensione etica sempre necessariamente immersa in un contesto sociale e in una cultura. Il problema maggiore che oggi percepiamo consiste nel fatto che, quando si cerca di dare una rappresentazione simbolica e razionale alle nuove esigenze etiche, nascono incertezze e le risposte si dividono. Ci sono quelle formali, che cercano di stabilire dei criteri formali di legittimità e di procedura (su quali accordi possiamo fondare il consenso), e quelle sostanziali, che dicono non tutto è "bene per l'uomo", Nascono etiche individualistiche ed etiche collettivistiche, pubbliche e private, e così via. In realtà, bisognerebbe iniziare con il formulare in modo più incisivo il rapporto tra Valori e Norme.
Il problema sta nel definire ciò che è lecito (la norma, con i suoi confini), e nel capire quali valori sono in gioco e come essi vengono distrutti o generati. Al problema etico fondamentale si cerca di dare risposte con una pluralità di punti di vista, di principi e criteri, che moltiplica la differenziazione delle possibili soluzioni. Tuttavia si nota anche che, al di là delle pur necessarie distinzioni (per esempio fra etiche procedurali ed etiche sostantive, che rispondono ad esigenze differenti), emerge il bisogno di una rivalorizzazione del punto di vista sostanziale. È proprio in questo che si manifesta il "senso religioso" dell'etica. Allora qual’è il senso di un'etica che sia nello stesso tempo adeguata all'uomo e capace di affrontare razionalmente le sfide bio-politiche, ambientali ed esistenziali odierne? L'etica moderna è, dal suo inizio, tutta intrisa di utilitarismo, a causa del primato, nel mondo occidentale, della dimensione economica, ma la vita cristianamente orientata alla relazione positiva espressa da Dunant è un monito a pensare tutta l’umanità deponendo anche il feticcio dell’identità.
Tratto dalla rivista Firmana n. 50/2010
(http://www.teologiamarche.it)
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