Persone e migrazioni. Integrazione locale e sentieri di co-sviluppo
(ISMU. Iniziative e studio sulla multietn)EAN 9788856806380
Il volume collega l'immigrazione con le dinamiche dei paesi d'origine, focalizza l'attenzione sui rapporti che si vengono a instaurare tra questi ultimi e quelli di approdo e dà una nuova lettura dei processi migratori in relazione a quelli dello sviluppo e della cooperazione internazionale e viceversa, facendo ricorso al concetto di transnazionalismo, che «ha il merito di superare il limite dell'assimilazionismo e della frattura netta tra un ``prima'' e un ``dopo'' la partenza» (pp. 13-14). L'approccio transnazionale «costituisce un filo rosso sotteso alla maggior parte dei contributi» (p. 14). Maurizio Ambrosini, nel saggio di apertura, lo definisce «uno strumento utile per avanzare nella comprensione sociologica dei processi migratori» (p. 39).
Paolo Boccagni, che sviluppa una ricerca empirica sulla migrazione ecuadoriana, sottolinea che il transnazionalismo, «più che un ``paradigma alternativo'', è oggi una chiave di lettura complementare alle altre, utile a mettere in risalto aspetti che affiorano, in diversa misura, in gran parte dei flussi migratori internazionali» (p. 82). Maria Rita Bartolomei riprende il tema del transnazionalismo, studiando gli indiani del Kerala residenti a Macerata, e sottolinea che il processo migratorio ha modificato gli equilibri, la divisione tradizionale dei ruoli ed anche le gerarchie patriarcali della comunità d'origine, «alterando progressivamente e in modo irreversibile i modelli tradizionali » (p. 123). Massimo Cannarella, Francesca Lagomarsino e Andrea Ravecca affrontano la devianza delle seconde generazioni di immigrati a partire dal caso dei giovani ecuadoriani a Genova e sottolineano che le aggregazioni informali, organizzazioni della strada, etichettate come ``bande'' o ``gang'', rappresentano un «luogo protettivo e accogliente per chi vive situazioni familiari difficili, dove si possono condividere esperienze di amicizia e divertimento» (p. 94).
Claudia Cominelli affronta il processo di integrazione delle giovani albanesi e tratta le due questioni che rischiano di travolgere le occasioni di integrazione: il rischio di stigmatizzazione da un lato e, dall'altro, il bisogno di appartenenza e di identità vissuto da queste adolescenti. Guido Lazzarini sottolinea il ruolo delle assistenti familiari straniere nella costruzione del welfare domestico e il rischio che queste lavoratrici corrono di essere relegate in ambiti di socialità ristretta e in condizioni di vita e di lavoro per molti aspetti premoderne. Chiama in causa l'Ente pubblico che «dovrebbe fornire la necessaria formazione alle assistenti sotto l'aspetto della cultura e della lingua italiana, alcuni principi di tecnica infermieristica e, soprattutto, di inserimento in una rete di servizi a sostegno della persona anziana e dell'assistente stessa perché, di fatto, essa vive la condizione del care giver, con tutte le complicazioni di rischio di bourn out che questo comporta» (p. 133).
Michele Marzulli e Marco Pedroni propongono un'analisi dettagliata relativa alle vicende politico-sociali legate al progetto di costruzione della moschea di Magenta e il ruolo svolto dai media nella rappresentazione dell'immigrato musulmano. I media «hanno un ruolo centrale nel processo di promozione o negazione della conoscenza dell'Altro, perché procurano i mattoni informativi con cui costruire il pregiudizio o la conoscenza; e anche laddove l'incontro con l'Altro è fisicamente possibile, come nel caso del piccolo comune di Magenta, la pre-conoscenza e il clamore mediatico riempiono la distanza con il diverso-da-noi. L'Altro viene dunque colpito con le armi del disprezzo, che può manifestarsi individualmente o collettivamente attraverso sentimenti di ostilità di un singolo o di un gruppo nei confronti di un Altro socialmente costruito e generalizzato, ma anche con la discriminazione da parte delle istituzioni» (pp. 165- 166). Ada Cattaneo propone una ricerca che si pone a cavallo tra la sociologia delle migrazioni, la sociologia dei consumi e il marketing. Il suo oggetto di ricerca sono infatti i negozi degli immigrati cinesi.
Milena Gammaitoni sottolinea l'importante funzione sociale della musica, affrontando l'esperienza dell'Orchestra di Piazza Vittorio, una vivace compagine musicale composta da musicisti professionisti immigrati, provenienti da diversi paesi, «ognuno dei quali integra e arricchisce l'ensemble musicale suonando strumenti originari del proprio Paese di provenienza» (p. 190). Folco Cimagalli mette in relazione gli stili alimentari dei migranti e il bisogno di identità . Il cibo «può rappresentare un elemento di divisione e di arroccamento tra gruppi, ma anche un fattore di fluidificazione delle relazioni sociali; individua e definisce un'identità , ma stabilisce anche ponti e relazioni» (p. 198). Francesco Lazzari, Lorenzo Nasi e Fabio Berti mettono in relazione migrazione e sviluppo, più precisamente co-sviluppo. Sottolineano che i migranti sono promotori e facilitatori dello sviluppo, dunque attori e soggetti transnazionali, partners dei diversi attori che si occupano, nel Paese di accoglienza e nel Paese di partenza, di cooperazione internazionale e di co-sviluppo, interlocutori della cooperazione decentrata, una nuova modalità di cooperazione allo sviluppo tra Autonomie locali e soggetti del territorio, coinvolti nelle attività progettuali. Nel programma integrato delle province toscane in Senegal, incentrato su quattro ambiti, salute, sviluppo sociale, cultura e cooperazione economica, i migranti senegalesi hanno svolto un ruolo di mediatori e facilitatori tra le istituzioni italiane e quelle del paese d'origine. Nel progetto delle Marche di promozione del turismo a Valona sono stati coinvolti gli immigrati albanesi. Durante la guerra in Kosovo del 1999 fu proprio la comunità albanese a suggerire al comune di Modena il personale che sarebbe stato in grado di gestire un campo profughi in Albania.
Esistono tuttavia una serie di ostacoli strutturali all'emergere di un vero protagonismo transnazionale dei migranti: uno di questi è la tentazione dell'assimilazione e l'altro è la sfiducia verso i contesti di origine, che portano ad un esaurimento dei legami con la propria terra. Il contributo che i migranti possono apportare per lo sviluppo è strettamente legato al loro transnazionalismo positivo, alla loro capacità di creare legami. A tal fine occorrono politiche «capaci di creare partneriariati tra migranti e autoctoni, tra pubblico e privato, tra Paesi di residenza e Paesi di origine dei migranti, tra amministrazioni intergovernative, regionali e locali, tra l'individuo e le comunità in cui vive e quelle di cui è originato» (p. 233), politiche «incentrate sullo stretto legame tra migrazioni e sviluppo» (p. 239), politiche «che permettano di andare oltre i meri controlli delle frontiere, i ricongiungimenti familiari e le naturalizzazioni, per operare con maggiore convinzione per una reale promozione, integrazione, partecipazione e valorizzazione della risorsa che il migrante rappresenta» (pp. 214-215). L'obiettivo di un legame tra politiche migratorie e politiche di cooperazione allo sviluppo, allora, «non è più quello di ridurre la pressione migratoria, ma quello di massimizzare l'impatto positivo della migrazione sui contesti di provenienza e di destinazione» (pp. 238-239).
Tratto dalla rivista "Sapienza. Rivista di Filosofia e di Teologia" n. 2/2010
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