Il 21 dicembre 2012 è visto come un’ineluttabile scadenza, una data di non ritorno. C’è chi paventa la fine del mondo, chi invece parla di una nuova era. Questo libro dimostra come tutte le teorie sulla fine del mondo non abbiano alcuna seria base scientifica, ma soprattutto mette in guardia dagli interessi di chi sparge catastrofismo a piene mani per creare smarrimento e paure. Gli autori documentano come la paura della fine del mondo, che paralizza e rende succubi del potere, sia l’esatto opposto dell’attesa della fine dei tempi, che esalta la libertà dell’uomo e lo spinge alla responsabilità nel presente.
Tratto da Il Timone n. 96 - anno 2010
(http://www.iltimone.org)
«Quando non si crede più in Dio, si finisce nel credere in tutto» sosteneva Chesterton. Nella fattispecie, si può credere con certezza che il 21 dicembre 2012 sia la data definitiva della fine del mondo. Chi lo afferma? Un’interpretazione di alcune profezie maya fatta da un teorico del New Age, José Arguelles, che nonostante abbia affermato di aver compreso la profezia anche attraverso l’uso di allucinogeni (il che la dice lunga…) è stato presentato da Roberto Giacobbo della trasmissione Rai Voyager come «il maggior esperto della civiltà maya»… Considerata la scarsa attendibilità delle fonti (americana e italiana) e sapendo che la data indicata avrebbe segnato per i maya solo la fine di un ciclo, non c’è di che preoccuparsi.
Del resto, quella che il mondo debba essere spazzato via un determinato giorno è una superstizione ricorrente: il millenarismo (una invenzione moderna: i medievali non credevano certo in una fine del mondo legata all’anno Mille, tanto è vero che molti sacerdoti partivano per le missioni a pochi anni da quella fatidica data e che sono pochissimi i benestanti di cui ci risulta un testamento che menzioni l’arrivo della fine dei tempi) si ritrova in tutte le epoche (moderne, ripetiamo). Due giornalisti cattolici (che vantano, tra l’altro, collaborazioni con Avvenire, Il Timone, Zenit) ripercorrono le varie “profezie di sventura”, rivelandone i fondamenti ben poco saldi: dalle previsioni del monaco irlandese Malachia sui papi (un falso del tardo Cinquecento) alle ambigue “Centurie” di Nostradamus (tanto oscure da essere interpretabili a piacimento), dalle tragiche predizioni di pastori protestanti (Testimoni di Geova in testa) ai catastrofici annunci degli ecologisti, le principali voci che hanno profetato, nel corso degli ultimi secoli, una data certa per la fine del mondo sono passate in rassegna.
Dal terrore per la fine del mondo nel 2012 a quella che Cascioli e Gaspari definiscono la “fabbrica delle paure” il passo è breve: il fanatismo di chi considera le ricerche sugli OGM (anche a scopo puramente industriale e non di alimentazione, come nel recente caso della patata Amflora, il cui amido servirà a produrre collanti e cellulosa) come magia nera (salvo approvare le sperimentazioni sugli embrioni); la fermezza degli ambientalisti contro la caccia (salvo ignorare il genocidio dell’aborto); l’opposizione al nucleare e alle tecnologie, il “neo-luddismo” dei nostri giorni, insomma, che vorrebbe fermare il progresso della civiltà affonda le proprie radici in una cultura retrograda e credulona, ben disposta a credere ad oroscopi, previsioni catastrofiche e certezze di una fine del mondo causata dall’uomo. Sempre, beninteso, deridendo come “medievale” chi va a messa e recita il rosario… «Non credevano in Dio, quindi erano tutti superstiziosi», come scrisse un altro romanziere cattolico, Alexander Lernet-Holenia.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 59 - Novembre 2010
(http://www.radicicristiane.it)
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