Terza opera, dopo "Mio caro pitone" e dopo "La vita davanti a sé", firmata da Romain Gary con lo pseudonimo Émile Ajar, "Pseudo" apparve per la prima volta nel 1976, un anno dopo la vittoria al Goncourt del romanzo che ha per indimenticabile protagonista Momo, il ragazzo della banlieue di Belleville. Gary aveva già contribuito a rendere verosimile la sua beffa - aveva già vinto il Goncourt nel 1956 con "Le radici del cielo" e il regolamento del concorso non gli consentiva una seconda vittoria - convincendo Paul Pavlowitch, giovane figlio di una cugina, a impersonare Émile Ajar. Pavlowitch si immedesimò talmente nel ruolo da interpretarlo alla luce del sole, rilasciando interviste, «arrivando persino a occupare un posto da editor presso Mercure de France - la casa editrice delle opere di Ajar - e disperdendo (apparentemente) le nubi del mistero» (Sandra Petrignani). Quando qualche giornalista scoprì la sua parentela con Romain Gary, il vero autore della Vita davanti a sé non si scompose. Decise un azzardo più grande. Scrisse e pubblicò, sempre sotto l'identità di Ajar, questo libro in cui inventò uno zio violento, tirannico e manipolatore che gli somigliava: Tonton Macoute. L'azzardo venne ricompensato. Tutti i critici lo riconobbero nel personaggio di Tonton Macoute. A nessuno, però, venne in mente che Romain Gary potesse essere Émile Ajar. Alla pubblicazione dell'opera, il recensore dell'Express parlò, anzi, di «un libro vomitato frettolosamente da un giovane scrittore diventato famoso e montatosi la testa». In realtà "Pseudo", cui Gary aveva lavorato da quando aveva vent'anni, è uno straordinario libro sui meandri della creazione letteraria e, in virtù di questo, una delle opere maggiori dell'autore della "Vita davanti a sé". «Nell'andamento tumultuoso di monologhi, flussi di coscienza e stili, registri e personaggi presi dalla realtà e trasfigurati» (Riccardo Fedriga), Romain Gary appronta in queste pagine la sua «difesa Ajar», la difesa di uno pseudonimo che è, ad un tempo, la difesa della letteratura come aperta dissimulazione della realtà. Come ebbe a scrivere nel suo libro-testamento pubblicato postumo, "Vita e morte di Émile Ajar", «in Pseudo (...) ogni cosa è romanzo». Persino il suo autore.