«Le mani si uniscono a formare il tetto di una casa che protegge la persona. Le mani sono molto grandi. Enormi. Smisurate. A sostenerle, due rami di ulivo incrociati: l’emblema della pace, della speranza, della riconciliazione, della giustizia, della fratellanza. Questo è il simbolo dell’Agenzia delle Nazione Unite per i Rifugiati, l’UNHCR, l’organizzazione umanitaria in cui ho prestato la mia opera per trent’anni. Questo simbolo è stata la mia seconda pelle. È stata la mia missione, il senso della mia vita»
Quarta di copertina
Per trent’anni Alessandra Morelli ha lavorato nell’Agenzia delle Nazione Unite per i Rifugiati, impegnandosi in missioni altamente pericolose in svariati paesi del globo afflitti da gravi criticità che provocavano esodi di massa, generavano sfollati, obbligavano alla fuga tante persone. Dopo il suo ultimo incarico in Niger, Alessandra ha sentito il bisogno di fare opera di memoria e di narrazione di quanto visto e vissuto, sentito e patito.
Luciano Manicardi
Quello che Alessandra Morelli ha svolto in tanti anni sui fronti più pericolosi del globo è stato un ruolo chiave, di presidio umano e culturale, in tempi che tendono a disumanizzare per creare paure su cui lucrare politicamente ed economicamente. In tante situazioni estreme dove l’umanità si trasforma perché lotta per la sopravvivenza, lei ha interpretato il compito di servitore del bene comune nell’istituzione laica più alta preposta a farlo, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, senza cedimenti e deviazioni. E la ricerca dell’umano è sempre stata il suo faro.
Paolo Lambruschi
Biografia dell'autore
Alessandra Morelli, nata a Roma nel 1960, si definisce una donna di dialogo e mediazione. Fin da piccola è cresciuta tra i colori e le culture del mondo, grazie al continuo trasferimento lavorativo della sua famiglia. È stata Delegata dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) tra il 1992 e il 2021. Durante la sua esperienza per l’UNHCR ha gestito emergenze in zone di conflitto ad alto rischio, in dialogo con governi e milizie, organizzazioni intergovernative come la NATO e organizzazioni non governative internazionali e locali. Ha lavorato in ex Jugoslavia, Rwanda, Albania, Kosovo, Guatemala, Sri Lanka, Sahara Occidentale, Afghanistan, Indonesia, Georgia, Yemen, Birmania, Somalia, Grecia. La sua ultima missione è stata in Niger, paese crocevia nella rotta migratoria del Mediterraneo. Ha concluso la sua carriera nell’Alto Commissariato nel 2021, con la scelta di rientrare in Italia e sviluppare un percorso tematico sull’Arte dell’Umano per restare Umani, una riflessione esperienziale rivolta ai giovani sulla “pratica della cura”, da diffondere attraverso conferenze, incontri pubblici e itinerari formativi.