L'autore compie una lectio a partire da Cesarea di Filippo, luogo anche teologico da cui si snoda il viaggio verso Gerusalemme, e dunque concentrandosi sul Gesù che non appare più potente e taumaturgo, bensì vilipeso e calpestato. Il volume si sofferma sulla figura di Gesù che appare perdente; sul senso misterioso della sofferenza; sul potere della fede che davvero può vincere tutto.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE DEL LIBRO
Quasi una prefazione
di Roberto Vignolo
Marco, Matteo, Luca e Giovanni, i quattro vangeli canonici ci raccontano la vita di Gesù come testimonianze diverse di un unico Evangelo, ciascuno secondo una modalità propria a ciascun autore. Non a caso i loro titoli più antichi non suonano come noi spesso diciamo ordinariamente in termini più sbrigativi e imprecisi: «Vangelo di Mc / Mt / Le / Gv...», ricorrendo al solito genitivo di autore, bensì introducono la più sfumata costruzione, proprio come ascoltiamo nella proclamazione liturgica: «Vangelo secondo...», cui segue il nome dell'autore, che tuttavia, con il proprio vangelo, sta in subordine rispetto all'Evangelo. C'è quindi un unico Evangelo - che è propriamente la regola della fede - che è stato declinato in quattro diversi racconti, essi stessi chiamati vangeli. E che la chiesa, rispetto a molte altre cose scritte su Gesù (accettabili o meno), accoglie e trasmette tutti e quattro assieme (e non isolatamente!) appunto come canonici, confezionati cioè secondo una misura adeguata e proporzionata alla di lui persona e storia, in quattro versioni, nessuna delle quali può essere assolutizzata rispetto alle altre che condividono il medesimo riconoscimento.
Canonici infatti significa che sono originariamente conformi al senso e alla verità che la fede riconosce inerenti alla vicenda di Gesù, come quella di un evento unico per la salvezza e la rivelazione che la sua breve esistenza ha saputo veicolare nella storia. Un evento al tempo stesso molto particolare e quindi limitato come ogni altro umano evento, condizionato nel tempo e nello spazio, prodotto ai tempi roventi di un Israele ormai assoggettato al potere romano, nei primi decenni dell'era volgare. Un evento tuttavia altresì singolarmente imponente nei suoi stessi imprescindibili limiti, perché nel profilo tutto sommato modesto quanto mediamente può esserlo il destino di ogni singolo figlio dell'umanità, nei gesti agìti e subìti da Gesù nonché nelle sue stesse parole, si dischiude un'immagine di uomo e di Dio indimenticabile, un vero e proprio abisso di luce, di fronte al quale - considerava Franz Kafka - davvero bisogna chiudere gli occhi per non farsene coinvolgere'. Non a caso la storia di Gesù dimostra la propria pretesa sull'intera storia universale al punto che è invalso conteggiarla suddividendola rispettivamente ante nonché post Christum natum.
Per tutti e quattro i vangeli canonici, la fase crucialissima dell'esistenza di Gesù, che segna una vera e propria svolta sulla sua vicenda, è quella del suo viaggio verso Gerusalemme. Un viaggio unico - secondo Marco, Luca e Matteo - «viaggio di sola andata», come ben intitola la seconda delle meditazioni qui proposte. Ovvero l'ultimo di una serie di tre viaggi, stando alla testimonianza di Giovanni (probabilmente più vicino alla verità di cronaca). Quale che sia, non fa meraviglia che quella salita decisiva di Gesù a Gerusalemme agli occhi di tutti e quattro rivesta somma importanza, di massima considerazione per capire il senso più autentico della storia di Gesù. In fondo questi quattro brevi racconti della vita di Gesù sono - così fu giustamente osservato ormai da più d'un secolo a questa parte - nient'altro che una piuttosto dettagliata storia della passione - comprendente non solo la morte, ma anche la risurrezione - preceduta da una lunga introduzione', arrangiata dagli evangelisti ciascuno a suo proprio modo.
Del rilievo della passione nel vangelo di Marco, in effetti, anzitutto ci dicono le proporzioni quantitative, per cui gli eventi pasquali, concentrati nei tre giorni che vanno dall'ultima cena e arrivano all'annuncio della risurrezione - a ben vedere, secondo il conteggio giudaico dei giorni, un arco di effettive sole trentasei ore - con ben due capitoli abbondanti (Mc 14,1-16,8) occupano uno spazio percentualmente parlando nettamente preponderante rispetto al resto della narrazione, che dedica solo tredici capitoli all'intera precedente missione di Gesù, dal battesimo al Giordano (1,1 ss) e culminata a Gerusalemme dopo un triennio (secondo il computo del quarto vangelo, che sotto il profilo cronistico/cronologico, risulta qui certamente più preciso e plausibile di quello sinottico). Ma ci sono anche e soprattutto le dinamiche interne del racconto marciano, nel suo stesso intreccio come pure nella costruzione della figura di Gesù, di Dio, nonché degli uomini e delle donne che di volta in volta lo seguono, lo cercano, lo contrastano - a rivelare la traiettoria della sua missione fin dalle prime battute orientata alla Pasqua. Tutto, fin dall'inizio del vangelo (Mc 1,1 ss), spinge in quella direzione. Spesso quando racconta altri eventi della vita di Gesù - si tratti dei suoi miracoli, ovvero del martirio di Giovanni Battista - Marco non può fare a meno di adottare un linguaggio pasquale, cristologico, più direttamente riferito a lui. E così mentre il Battista viene «consegnato» al suo martirio (1,14), proprio come avverrà per Gesù (9,31; 10,33; 14,21.41), molti dei malati da lui guariti ne vengono «ri-alzati» (1,31; 2,9-12; 5,41; 9,27),proprio come lui lo sarà a propria volta nella sua risurrezione (14,28; 16,6; cf 12,26).
Non stupisce quindi il potente rilievo narrativo e drammatico, teologico e spirituale che nel racconto di Marco prende quella parte, giusto poco più di un paio di capitoli, dedicata alla via di Gesù, incamminato verso Gerusalemme accompagnato dai Dodici apostoli e dal più ampio gruppo misto dei suoi discepoli e discepole (8,31-10,52; cf 15,37-39). Luca se ne ispirerà intensamente, per ricavarne l'originale sua idea del grande viaggio (Lc 9,51-19,46). La svolta decisiva si colloca quando - dopo avere sollecitato e ricevuto la confessione di Pietro a Cesarea di Filippo («voi chi dite che io sia?» - «tu sei il Cristo!»: Mc 8,29-30) -, Gesù inaugura la propria rivelazione/istruzione ai discepoli, che replicherà in tutto per ben tre volte, parlando di sé come il Figlio dell'uomo destinato a soffrire, patire rifiuto e morte per mano del proprio popolo e dei pagani (8,31; 9,31; 10,33 e par). E ognuna di queste volte ricevendo minore udienza e semmai crescente incomprensione da parte dei Dodici e degli altri discepoli, per cui si rende sempre necessaria un'ulteriore, nuova istruzione rispetto a quella iniziale. Il lettore attento quanto basta non può fare a meno di rimanere attonito dalla ricezione sempre più bassa e ottusa da parte dei discepoli, cui corrisponde da parte di Gesù, dopo la prima famosa contestazione ai tentativi di dissuasione di Pietro (8,32-33), un atteggiamento sempre meno infuocato e al contrario, rispetto alla loro ottusità, progressivamente sempre più pacato e paziente, alla fine riservato esclusivamente ai Dodici (10,32b). Al culmine di questa serie di istruzioni, la lapidaria, sintetica conclusione di Gesù che sintetizza l'intera sua missione nell'orizzonte del dono sacrificale della propria vita:
Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10,45).
Contestualmente inscindibile, ovviamente, rispetto a quanto precede e segue, in effetti però è pur vero che tutta questa sezione della via del Figlio dell'uomo in cammino verso Gerusalemme costituisce un blocco unitario decisivo per capire il destino di Gesù e quello dei suoi con lui, una via in cui croce e risurrezione, passione e gloria impongono una scansione e successione letteralmente formidabile, che a tutti - Gesù compreso - incute non poca paura da dissipare (10,32a).
Su queste premesse, ecco che allora del tutto azzeccata appare la scelta tematica messa in atto in questo libretto, che su questo più parziale segmento narrativo del vangelo concentra un'attenzione tutta specifica, in termini di una lectio continua sanamente antologica, che di volta in volta punta sulle parole e sugli eventi di rivelazione di Gesù, sulle sue istruzioni piuttosto che sui suoi interlocutori, discepoli e non (spesso proprio le figure non appartenenti al gruppo più stretto dei discepoli restituiscono un pregnante riflesso cristologico e un valido modello di fede).
Il suo autore è Guglielmo Cazzulani (Milano 1967-), prete della Diocesi di Lodi (1992), laureato in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana con un eccellente studio sulla teologia spirituale di Giovanni Moioli', dal 1998 docente della materia in questione presso lo Studio Teologico Interdiocesano (Crema - Cremona - Lodi - Vigevano), costantemente sulla breccia per la pastorale di adolescenti e giovani, in Azione Cattolica e presso la parrocchia di Paullo, dove tuttora opera come vicario coadiutore. Con la presente raccolta di meditazioni ci offre un bell'esempio non tanto di esegesi strettamente specialistica, bensì di corretta pratica di lettura del testo in chiave spirituale, ben fondata sul testo, come pure acutamente confrontata al vissuto della fede nell'oggi. Lettura davvero spirituale perché intelligentemente e non pedissequamente legata al senso letterale (non letteralistico), veicolo principe per cogliere la buona sostanza del testo evangelico (e invero di ogni testo). La spiritualità, infatti, non è un additivo edulcorante alla lettera evangelica - come invece spesso e volentieri avviene quando la pagina biblica è trattata come pretesto per far dire qualcosa d'altro già precostituito - qualcosa che magari potrebbe pure aver attinenza con la testimonianza biblica, ma che non si fa la fatica di ascoltare, ripensare, e riproporre secondo le Scritture, avendo maggior comodità nel presumere in anticipo, e cercando conferme a certezze precostituite. Lo Spirito divino e la sua potenza vivificante sono infatti come non mai intrinseci a quella pagina che la fede ci fa riconoscere appunto ispirata, oltre che canonica, capace di accendere il fuoco dei doni spirituali legati a quel Gesù che non ne ha certo il monopolio esclusivo, ma piuttosto la mediazione eccellente che dello Spirito ha vissuto e fatto vivere i suoi non sempre perfetti, e comunque autentici, testimoni, donandolo a loro «senza misura» (Gv 3,34) a partire dalla sua glorificazione (7,39).
Valore intrinseco del volumetto di don Guglielmo è appunto la sapiente sintonia sulla pagina e sulla sostanza evangelica. Di entrambe restituisce un sentore intenso e lucido, frutto sano d'intelletto d'amore e di fede. Il tutto affidato ad una scrittura pregnante, ben comprensibile, accattivante - che per le edizioni Ancora ha già offerto buon saggio di sé.
Di queste pagine - piuttosto inconfondibili rispetto a non poca paccottiglia sedicente spirituale -, può fruire chiunque cerchi alimento solido e sicuro per la propria fede.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
La crisi di Cesarea
Se tutta la vita corre inevitabilmente alla sua fine, è nostro compito ravvivarla con i colori dell'amore e della speranza.
M. Chagall
Tutto era cominciato bene, in una mattina tranquilla di Cafarnao, all'inizio del vangelo, quando Gesù cominciò a predicare e a compiere prodigi. Nell'arco di poche ore la sua fama crebbe talmente che Pietro gongolava: «Signore, tutti ti cercano!» (Mc 1,37). Non gli sembrava vero: le promesse che Gesù gli aveva espresso - diventare pescatore di uomini - si stavano materializzando con una rapidità sbalorditiva, quasi istantanea.
I giorni seguenti, nonostante l'affiorare d'alcune incomprensioni, non avrebbero smentito quell'impressione iniziale. Pietro era felice perché accanto a Gesù si era valorizzati umanamente, si era spettatori di portenti, e si diventava perfino capaci di miracoli. Nella sua impazienza già si proiettava verso l'orizzonte di un futuro radioso: Gesù liberatore del suo popolo, e lui di fianco, molto piccolino, a fargli da capo bastone. La sua esistenza era così strappata dall'anonimato di chi consuma i suoi giorni tra reti da riassettare e lenze da infilare negli occhielli, per essere scaraventata altrove.
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Lorenzo Bagnoli il 8 novembre 2017 alle 21:59 ha scritto:
Un pugno nello stomaco per credenti e non. L'autore spiega a suo modo e senza giri di parole alcuni passi del Vangelo di Marco. Nemmeno i discepoli di Gesù si aspettavano un Dio così. Non un Dio-comandante, ma un uomo che aveva ben chiara la fine che avrebbe fatto, deriso da tutti e crocifisso. "Ma tu Dio sei davvero così, tu che non reagisci alle offese ? Non si può non amare un Dio così!