L'ultima Sessione di formazione ecumenica del S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche) ha affrontato il difficile tema dell'interpretazione dei segni del nostro tempo così travagliato, chiamando a raccolta vari studiosi e personalità di rilievo delle maggiori confessioni cristiane e delle comunità ebraiche in Italia. Fra i tanti ricordiamo: Enzo Bianchi, Paolo Ricca, Gian Enrico Rusconi, Enrico Chiavacci.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
I segni della speranza
Quando i tempi si fanno tristi e il cammino diventa difficile è spontaneo guardare avanti per intravedere all'orizzonte possibili segni di novità e alimentare così la speranza. Che oggi l'umanità stia vivendo un tempo critico e dal futuro incerto è indubbio. Anche molte comunità cristiane in luoghi diversi e per ragioni analoghe stanno attraversando zone oscure e paludose. Lo stesso cammino ecumenico e il dialogo interreligioso, che nei decenni scorsi hanno registrato momenti esaltanti, arrancano con fatica, quasi per inerzia e senza convinzione.
Il SAE, per la 40 settimana di formazione, ha creduto perciò necessario scegliere come tema di dibattito, di riflessione e di preghiera quei fenomeni indicati con la nota espressione biblica «segni dei tempi». La formula, come è noto, è stata rimessa in circolo nell'uso ecclesiale contemporaneo da papa Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II, proprio per indicare quelle novità, suscitate dallo Spirito, che rendono possibile l'esercizio della speranza.
Gli atti di quell'assise, presentati in questo volume, sono ricchi di suggestioni, offrono numerosi stimoli per la riflessione, ma soprattutto invitano alla vigilanza e all'azione. Non è compito di questa breve presentazione riassumere le principali acquisizioni della sessione. Le due conclusioni di Paolo Naso e di Simone Morandini lo hanno già fatto egregiamente.
La mia intenzione è quella di offrire una chiave per capire la varietà delle prospettive e l'ambiguità della terminologia. A chi legge appare chiaro che durante la sessione, come osserva Morandini nella conclusione, sono emerse «due prospettive... e talvolta la differenza è apparsa così acuta da farsi contrapposizione; uno sguardo più attento, però, coglie piuttosto la complementarità».
Ragione pastorale ed ecumenica
Lo stimolo che ha guidato l'interesse del SAE e che ora spinge alla riflessione non è solo di natura intellettuale, bensì anche pastorale, missionaria, e soprattutto ecumenica. Pastorale perché riguarda un problema relativo alle scelte che la comunità ecclesiale si trova a compiere nel mondo per annunciare il Vangelo, che è appunto la sua missione, aumenta perché le risposte efficaci sono solo quelle che i cristiani possono dare insieme: le sfide del mondo globalizzato richiedono risposte corali. Il problema della evangelizzazione e posto a tutte le chiese. Gia il Concilio affermava che per rendere pio umana la famiglia degli uomini e la sua storia la Chiesa «volentieri tiene in gran conto il contributo che, per realizzare il medesimo compito, hanno dato e danno, cooperando insieme, le altre chiese e comunità ecclesiali» (GS 40: EV 1, 1445).
Polivalenza della formula «segni dei tempi»
La ragione della diversità di interpretazione sta nel fatto che la formula segni dei tempi ha un ampio spettro semantico e quindi una varieta di usi. Già durante la sessione sono stati distinti due ambiti di significato: uno di tipo più sociologico o antropologico e l'altro più teologico. I due significati si sostengono l'un l'altro come le facciate di una stessa pagina e si completano reciprocamente. Per questo sono anche possibili usi intermedi, che tengono presenti, nella loro tensione, entrambi gli aspetti.
Nell'uso sociologico o antropologico la formula segni dei tempi indica quelle caratteristiche di un periodo storico che lo distinguono dagli altri, per cui diventano elemento di identificazione di una fase della storia. In questo senso la globalizzazione, l'idolatria del mercato, la costruzione di un impero mondiale sono stati più volte ricordati nelle relazioni come segni del nostro tempo'. Anche Giovanni XXIII ha fatto riferimenti analoghi nella Pacem in terris e nel discorso inaugurale del Concilio.