In un tempo, come quello nostro, in cui il Graffitismo, o Writing, è diventato Street Art, perdendo alcune caratteristiche contestative ma anche dilettantesche, alcuni street artists affiancano al loro lavoro di "strada" quello apparentemente più "tradizionale", cioè realizzano "quadri" e "sculture". Non si tratta, certo, di ripensamenti o di pentimenti, tanto meno di tradimenti, né di un "ritorno all'ordine", bensì di una naturale e necessaria evoluzione. Marco Abrate vive entrambe le situazioni ma qui esaminiamo quella che lo vede attivo nella creazione di opere da esposizione (in gallerie, musei, collezioni). L'elemento base del lavoro di Abrate è proprio il materiale che costituisce la sostanza e l'apparenza esterne di un muro: l'intonaco. Questo è anche l'elemento unificante le due attività e impedisce che ci sia soluzione di continuità tra il lavoro all'esterno e quello all'interno dello studio. Se per lo street artist l'intonaco è preesistente, già dato dal muro di un edificio, nel caso della costruzione di un quadro occorre o usarne un pezzo prelevato all'esterno o riprodurlo e stenderlo su una superficie lignea. Così l'opera viene creata con materiali vari: all'intonaco, che di per sé è il risultato di diversi elementi, si aggiungono cemento, vernici, acrilici, carta, anche il muschio, e poi l'artista pone il lavoro finito in una vecchia cornice vistosa la quale dà un aspetto "classico" all'opera stessa. Dai e tra i frammenti di intonaco appaiono figure, figure umane, maschili e femminili, quasi sempre raffigurate solo nel volto, ma non si tratta di ritrattistica bensì di evocazione.