Matteo d'Acquasparta e la conoscenza del non-ente
-La quaestio e le prospettive metafisiche
(Scaffale universitario)EAN 9788849862157
Un itinerario affascinante, percorso in virtu` di un aspetto particolare del pensiero del francescano umbro Matteo d’Acquasparta, e` quello che propone Stephane Oppes in questo articolato, ricco e ben costruito saggio che qui ora segnaliamo. Matteo d’Acquasparta, come e` noto, fu, oltre che un celebre filosofo e teologo, un 192 RECENSIONI E SEGNALAZIONI capace uomo di governo, tanto prima in seno all’Ordine, di cui fu ministro generale, quanto poi, fatto cardinale, ebbe incarichi di primaria importanza.
Matteo, come tutti i piu` grandi ingegni del suo tempo, era stato inviato a Parigi per studiare, vi risiedette a partire dall’anno accademico 1268-69 frequentando la piu` prestigiosa Universita` del tempo per lo studio della teologia. Si e` per molto tempo persino erroneamente ritenuto che Bonaventura fosse stato un suo maestro diretto anche se, di questo, non v’e` certezza alcuna. Il fatto certamente ben si accordava con l’interpretazione che per molti anni era andata per la maggiore tra gli studio- si, a partire almeno dall’opera degli Editori di Quaracchi, cioe` quella di un Matteo perfettamente allineato all’ordito teorico bonaventuriano.
Questa oggi sembra essere ormai una linea storiografica superata, come del re- sto ben dimostra l’autore del volume di cui ora parliamo. Il pensiero del nostro teo- logo, a ben vedere, si mostra molto piu` ricco e fecondo di quanto in passato si sia voluto in esso vedere e certamente studi come quello di Oppes contribuiscono ad allargare la visione e a rimettere in discussione antichi pregiudizi storiografici. Mat- teo mostra infatti, sotto alcuni aspetti, una sua originalita` di pensiero e non poca familiarita` con una gran varieta` di fonti. Pare avesse a disposizione persino il Timeo di Platone come sembra testimoniare ancora oggi un codice a lui appartenuto cu- stodito nella biblioteca del Sacro Convento di Assisi (Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo Antiquo, ms. 573).
Entrando nel merito e` d’uopo dire subito che l’oggetto principale dell’indagine storica e insieme teoretica di Oppes e` il testo della prima delle dieci Questioni sul- la conoscenza, discusse da Matteo proprio all’Universita` di Parigi nell’anno accade- mico 1278-79. Come d’uso al tempo, viene posto dal maestro questo quesito agli stu- denti: se «per la conoscenza di qualcosa si richieda l’esistenza (existentia) della cosa stessa oppure se il non-ente (non ens) puo` essere oggetto dell’intelletto». Si potrebbe anche riformulare la domanda in questi termini: e` possibile conoscere qualcosa che non si da` immediatamente in re? E` questo, come e` noto, un problema molto antico, affonda infatti le sue radici nel famoso ‘‘parricidio’’ di Parmenide compiuto proprio da Platone nel Sofista, laddove viene, come non mai prima, proposto un nuovo modo di intendere il non-essere. Accanto a una valenza assoluta del non-essere (nihil absolutum) occorrerebbe dunque ammetterne una relativa, in cui questo verrebbe piu` convenientemente inteso come diverso (e ?teron). A livello ontologico questo na- turalmente presuppone la distinzione tra essenza, cio` che si conosce, ed esistenza, cio` che esiste. Nelle realta` create infatti la ‘‘quiddita` ’’ si differenzia dall’esse. Matteo si occupa soprattutto del non-ente relativo e lo ritiene intelligibile. Tra le teorie di Matteo, e` bene dire, questa sara` una delle poche che giungeranno in eredita` al tardo Medioevo. L’autore del volume affronta pertanto questo singolare problema tradu- cendo, commentando, discutendo la prima delle dieci Questioni sulla conoscenza.
Oppes propone dunque uno studio sulla conoscibilita` del non-ente, sia come questione in se ?, sia in relazione al contesto piu` ampio costituito da tutto l’insieme delle dieci Questioni sulla conoscenza; naturalmente il tutto e` opportunamente collocato nel contesto filosofico-teologico generale del XIII secolo in cui le quæstiones hanno visto la luce.
Il volume si articola in cinque capitoli e ha il suo cuore pulsante nel terzo, che ospita la limpida traduzione italiana della prima delle Questioni sulla conoscenza di Matteo d’Acquasparta: «i cinque capitoli si dipanano a modo chiastico o a cerchi concentrici a partire dal centro, il terzo, che in quanto traduzione rappresenta il primo livello di interpretazione, quello che si vorrebbe piu` vicino possibile al pensato del maestro francescano in quel lontano 1278» (p. 9).
I primi due capitoli svolgono certamente un ruolo preparatorio al successivo incontro con il testo della Quæstio. Nel primo si danno alcuni fondamentali ragguagli biografici, puntando in primo luogo l’attenzione sull’attivita` di studio e di insegnamento del maestro francescano e sulle varie opere a lui attribuite. Questo spazio risulta assai utile a inquadrare adeguatamente un autore che, nonostante la sua importanza, e` sovente ignorato anche dalla manualistica destinata all’universita`.
Nel contesto di questo primo capitolo, ampio spazio concede giustamente l’autore a una ‘‘fonte eccezionale’’: l’Atto di donazione dei libri in proprio uso fatta da Matteo in favore dei due conventi della propria provincia minoritica, quello di San Francesco di Assisi e quello di San Fortunato di Todi. In sostanza il documento sarebbe in grado di ridarci quasi un’immagine fedele di quella che doveva essere la biblioteca del nostro teologo. Nell’Atto, accanto alle opere studiate da Matteo, oltre- modo importanti per ricostruire con ogni evidenza le fonti del suo pensiero, compaiono anche alcune opere autografe.
Di particolare interesse, dato il tema cui il saggio e` dedicato, e` certamente il codice, di cui si trova menzione esplicita nell’elenco, al cui interno vi sarebbero quelle che Matteo stesso indica come «Quæstiones disputate de manu mea de maiori volumine» (Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo Antiquo, ms. 134); il manoscritto, e` bene dire, e` stato usato come testo base per l’edizione critica delle Quæstiones disputa- tæ de cognitione. Conclude il capitolo un’utile cronologia.
Nel secondo capitolo vengono presentate dapprima nel loro insieme le dieci Questioni sulla conoscenza, fornendo in tal modo un opportuno quadro generale di riferimento, atto a fornire uno strumento utile a una migliore comprensione della singola unita` oggetto poi di attenzione primario.
Viene pertanto ricostruita con dovizia di particolari la storia e la struttura del te- sto, mostrando come considerando l’insieme delle dieci Questioni sulla conoscenza si possano individuare particolari nuclei tematici. Le prime tre questioni, costituenti il primo nucleo, riguarderebbero la conoscenza umana in se stessa, in quelle a se- guire, esclusa la X, il secondo nucleo, vi sarebbe invece a tema la conoscenza di alcuni oggetti in particolare, la X infine, terzo nucleo, riguarderebbe la conoscenza dell’intelletto in quanto legato alla corporeita`. Tenere nel debito conto la connessione tra le questioni e` chiaramente essenziale per poterne intendere in profondita` l’intero ordito concettuale.
Oppes dedica inoltre un congruo spazio alla trattazione del genere letterario a cui si deve ricondurre il testo studiato e tradotto, quello appunto della ‘‘questione disputata’’, genere che, come e` noto, proprio nel XIII secolo si consolida e sviluppa straordinariamente in ambiente universitario. Questo ambiente viene naturalmente vissuto anche dai francescani della prima ora, come dimostra l’ampia frequentazione di questo ‘‘genere’’ da parte di Alessandro di Hales, Giovanni della Rochelle, Odo Rigaldi.
Lo studioso si sofferma inoltre, fornendo preziose indicazioni e documentati rilievi critici, sulla storia editoriale del testo della ‘‘prima questione’’, a partire dalla sua prima edizione critica inserita nel volume De humanæ cognitiones ratione anec- dota quædam Seraphici Doctoris Sancti Bonaventuræ et nonnullorum ipsius discipulorum (Collegium S. Bonaventuræ, Quaracchi 1883, pp. 108-124).
Il secondo capitolo termina come un’analisi dettagliata della struttura della que- stione e delle autorita` in essa richiamate, preparando in un certo senso il lettore al contenuto del terzo capitolo che, come si e` detto, ospita la traduzione italiana della Quæstio.
Il quarto capitolo e` dedicato completamente al lucido commento della questione, partendo dalla responsio, cioe` dalla parte che il maestro deve aver elaborato per prima e che si puo` intendere come piu` propriamente sua, per poi passare al commento degli argomenti a favore e di quelli contrari e dipoi alla risposta a questi data dal teologo francescano.
Il quinto capitolo nella sostanza estende e supera il commento alla ‘‘questione’’, ponendone le peculiarita` filosofiche in un quadro di piu` ampio respiro metafisico, laddove gnoseologia e ontologia inevitabilmente si toccano e si contaminano reciprocamente. Questa e` la parte del libro in cui Oppes, con originalita`, mostra molto bene quanto anche le suggestioni offerte dal pensiero di un autore medievale possa- no ancora oggi stimolare audacemente la teoresi. «Proprio perche ? la questione sul non-ente e` gnoseologica in senso forte – sottolinea Oppes –, prima di essere ontologica, essa non si lascia inscrivere in una definita visione metafisica, ma si situa l?` ove prende l’avvio il discorso metafisico nella varieta` delle sue tipologie. Puo` percio` aprire a diverse prospettive metafisiche, discutendo del point de de ?part di diverse metafisiche o modelli di metafisica» (p. 163).
Il volume non offre dunque solo un quadro storico-filosofico molto ben documentato riguardo un aspetto particolare di un autore importante per la storia del pensiero francescano, ma ha anche un marcato rilievo teoretico. In tal senso se ne dovrebbe raccomandare la lettura non solo agli storici del pensiero medievale e francescano, ma anche a tutti coloro che, proprio a partire dalla fecondita` di una delle storiche manifestazioni del ‘‘pensare francescano’’, cercassero spunti per spingersi oltre.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LXII, 2022, fasc. 1
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