Diritti umani
-L'età della pretese
(Saggi)EAN 9788849850048
Vittorio Possenti è autore prolifico, però mai scontato. È pensatore significativo del panorama accademico e filosofico, italiano e internazionale, e anche personalità di spicco nel mondo culturale per la sua attenzione a temi cruciali legati alla politica, all’etica, all’epistemologia, all’ontologia come orizzonte necessario per la comprensione del reale nelle sue concrete problematiche, al personalismo (di matrice cristiana), alla fondazione dei diritti umani. È per questa ragione, che riteniamo di particolare interesse la sua pubblicazione più recente, indirizzata proprio all’approfondimento dei diritti umani, la cui trattazione si orienta allo studio della giustificazione dei diritti in un tempo in cui (questo spiega il sottotitolo) la loro rivendicazione sembra in realtà più una pretesa che un effettivo e legittimo riconoscimento di un valore da tutelare, controbilanciato da un dovere cui necessariamente dover corrispondere. La ragione per la quale Possenti avverte necessaria una ripresa del tema in modo formale è espressa assai chiaramente fin dall’Introduzione, laddove egli segnala come, nel clima attuale, le sicurezze che caratterizzavano alcuni autori sul finire del Novecento (Bobbio, L’età dei diritti, 1990) «risultano meno persuasive perché è diventato problematico il significato di “diritto umano”. In particolare è stato negletto il problema della giustificazione dei diritti, ritenuto quando un ingombro inutile, quando una questione insolubile»; allo stesso tempo, continua l’autore, «una giustificazione appare indispensabile, dal momento che vari presunti diritti dell’oggi sono solo pretese che si vestono da diritti in base al fatto che la scienza può soddisfarle» (p. 8). Tale fenomeno viene radicato in una precisa cornice culturale che chiama in causa direttamente l’Occidente: «La maggiore lacuna spirituale e civile in Occidente consiste nella dimenticanza dei doveri, in modo che il (preteso) diritto separato dalla responsabilità a esso inerente, diventa fattore di disgregazione e non di rado un’arma puntata contro l’altro» (ivi).
L’autore ritiene necessario e urgente passare dalla prospettiva della mera narrazione della storia dei diritti umani a una vera e propria riflessione sui fondamenti, senza la quale non si potrà frenare il fenomeno macroscopico di «elevazione insindacabile di semplici pretese soggettive a diritti» per la semplice ragione che si gode «di strumenti comuni che ci sono forniti dalla tecnica e dall’economia» (p. 9). A riguardo, proprio questi due “potentati”, il potere economico e l’altro che gestisce le potenzialità tecnologiche, sembrano a livello mondiale avere incidenza anche in ordine allo sviluppo di una cultura libertaria, nella quale la rivendicazione del diritto individuale debba avvenire a scapito dei diritti dei più deboli, soprattutto gli indifesi, bambini, anziani. I tre nuclei teoretici attorno ai quali si sviluppa la proposta di riflessione correttiva di Possenti sono: a) l’approfondimento del concetto di natura umana e dunque di persona; b) la revisione del “fatale squilibrio”, tipicamente occidentale, tra l’esplosione incontrollata dei diritti a fronte dell’elusione dei doveri, proprio per una liquefazione dell’idea stessa di dovere/obbligazione; c) l’avanzamento pericoloso e indiscriminato delle biotecnologie, in un contesto di evidente crisi intellettuale, in contemporanea ad una rivendicazione libertaria che rischia di trovare le “coordinate” favorevoli per un affondamento non solo di una vera “questione dei diritti”, ma di tutta intera l’umana convivenza.
Il libro merita, a nostro avviso, una grande attenzione e soprattutto esorta a una presa di coscienza degli intellettuali ad ogni livello perché, consapevoli della posta “in gioco”, sappiano rappresentare i pericoli e le derive, non incombenti, ma già attuali, verso le quali le nostre società si stanno velocemente incamminando per questa ipertrofica – quanto arbitraria (cf. pp. 13-49) – produzione di diritti (soventi maschera di mere pretese soggettive), che in nulla tiene conto della contropartita del dovere/obbligo e del limite naturale che ne fonda il riconoscimento. Addirittura Possenti parla di una torsione libertaria che si sarebbe affermata dopo la Dichiarazione dei diritti del 1948, la quale lungi dallo stabilire un punto di riferimento normativo per tutelare i diritti reali della persona, è divenuta un pretesto per una rivendicazione «quasi incontrollata ed esplosiva dei “diritti di libertà”: aborto, eutanasia, procreazione artificiale, matrimonio omosessuale, diritto al figlio e al figlio sano, conseguente forte ripresa dell’eugenetica, potenziamento umano per ottenere un “uomo aumentato”» (p. 14).
I sei capitoli del libro sono integrati da due “Annessi”, ovvero piccole aggiunte al secondo capitolo, concernente la Normatività interna alla natura umana (pp. 71-73), e al quinto, concernente la Fecondazione eterologa: la sentenza della Corte costituzionale del 2014 (pp. 136-147). La problematica di fondo è quella della giustificazione (intesa dall’autore come l’equivalente di fondazione) dei diritti umani, in un orizzonte che eleva a diritto espressioni pure e semplici della volontà dell’uomo. La tesi può essere così riassunta: «La giustificazione dei diritti umani riveste enorme rilievo in rapporto al loro senso e sviluppo. Qui cercherò di mostrare che esiste una fondazione personalistica (e teistico-cristiana) dei diritti lontana da quella libertaria e dalla problematica auto legislazione kantiana. Non intendo soltanto sostenere che vi è un’interpretazione personalistica dei diritti umani che si colloca accanto ad altre, ma che essa è la più integra e compiuta» (p. 16). Più avanti il filosofo manifesterà l’auspicio che si giunga a maturare una concezione post liberal-libertaria dei diritti, dove i diritti di libertà (dell’adulto, sovente servito indiscriminatamente da una tecnica non governata dalla morale, e da un pensiero politico poco attento al bene comune, e da applicazioni esasperate del principio di “non discriminazione” che ignora totalmente differenze reali) siano contemperati da una corrispondente elencazione di doveri corrispondenti ai diritti altrui (come quelli del nascente e del morente) (cf. pp. 4749). Ma è evidente che, perché questo possa avvenire, il grave e urgente problema che occorre affrontare e risolvere è quello della giustificazione di tutti quei diritti che sembrano affacciarsi in questo scorcio di nuovo millennio senza alcun corrispettivo, senza l’ombra di una limitazione e, soprattutto, senza una valida ragione giustificatrice. Tutto ciò emerge dalla prima parte del libro che ripercorre in modo sintetico quelle che l’autore ritiene due tradizioni principali in ordine alla nascita, allo sviluppo e alla tutela dei diritti umani. Altro dato di riguardo, nel primo capitolo, è la valorizzazione dell’elenco di diritti espressi in due documenti pontifici, quali la Pacem in terris di Giovanni XXIII e la Centesimus annus di Giovanni Paolo II. È evidente che, tra le altre cose, Possenti voglia mostrare come, nel magistero sociale della chiesa, vi sia un patrimonio in ordine alla comprensione dei diritti umani, che, beneficando del fondamento personalista, si manifesta il più fondato e il più congruo per evitare le derive in atto, sovente legittimate dal pensiero storicista (l’uomo non è altro che contingenza storica) e naturalista-positivista (l’uomo è pura materia, materia non diversa da tutta la materia che vi è nel mondo e solo espressione di una certa evoluzione). La risposta di Possenti indirizza verso un recupero in chiave filosofico-metafisica e ontologico-personalistica della nozione di natura umana come qualcosa non soggetta al divenire, né dipendente dalle culture e dalle contingenze storiche (per quanto esse abbiano un peso nelle manifestazioni della natura), dunque come una struttura fondamentale della specie umana (l’essenza di cui si parla in filosofia), che si presenta uguale in ogni individuo e che non si riduce alla vita biologica e genetica, non è tuttavia esente da alcuni rischi. La nozione di natura, per Possenti, nell’orizzonte da lui tracciato, risulterebbe idonea a ricentrare in modo efficace il grave problema della giustificazione dei diritti. E a riguardo egli sviluppa una chiarificazione terminologica visto che il concetto stesso si presta a significare almeno quattro entità differenti (cf. pp. 51-73). A partire dalla determinazione della natura umana, risulterebbe possibile, alla luce della legge naturale inscritta nella natura umana, la base migliore per garantire la dignità della persona e i diritti umani. Il tema è interessante anche per il riferimento esplicito alla legge naturale, ai suoi fondamenti antropologici, e un richiamo a Tommaso d’Aquino e Kant, cui l’autore dedica un capitolo speciale nella parte centrale del libro (pp. 75-91).
Negli ultimi capitoli viene messa in luce l’evidente crisi dei doveri come contropartita necessaria al discorso dei diritti ridotti e idolatrati a tutela giuridica di mere pretese e aspettative dei singoli (cf. pp. 93-118); come pure l’avanzata imperiosa di crimini contro l’umanità e dei problemi della biopolitica, con le minacce alla vita nascente e morente, sancite “per diritto” da una positivizzazione giuridica, che trascura di chiarire i diritti alla persona e garantirli a tutte le persone (cf. pp. 119-147), a riprova che l’avvenire dei diritti non è così limpido come si vorrebbe far credere. In ultimo, si affronta il delicato tema della secolarizzazione degli Stati e della società, prendendo atto del dato storico che la forza ispirante del cristianesimo è venuta meno, lasciando totalmente scoperto e in preda alle ideologie del progressismo e del tecnicismo il problema del fondamento dei diritti: si può tecnicamente dunque si deve (cf. pp. 149-157). In tal senso, Possenti non rinuncia a indicare il contributo motivante e cognitivo della religione al dibattito sui diritti e sui doveri, ma ancor più nella sua conclusione indica nella chiesa e nel suo insegnamento sociale la miglior filosofia pubblica nel panorama planetario: «Nello spirito della tecnica è celata un’insidia: smarrire il senso umano dell’umano per una ricerca di onnipotenza. Se questo processo già in corso dovesse approdare ad un esito pieno, il significato dei diritti/doveri fondamentali subirebbe una dislocazione profonda e probabilmente tragica» (p. 162).
Sul tema della legge naturale – trattato in modo filosoficamente rigoroso da Possenti – sarebbe utile che la teologia interagisse con il “grido” di questo filosofo e scendesse in campo per esprimere una visione teologica e biblica del concetto di natura umana e di legge morale. Su tale argomento sarebbe auspicabile che vengano dalla teologia correttivi e nuove acquisizioni. Anche in ordine alla comprensione tommasiana della legge naturale, ci permettiamo un ampliamento di orizzonte rispetto al libro, auspicando uno sguardo che tenga conto del pensiero dell’Angelico in un orizzonte più teologico. Riteniamo, infatti, che la visione tommasiana della lex naturalis, attualmente, non sia esente da precomprensioni e restrizioni ermeneutiche di stampo illuministico e kantiano, che allontanano dalla vera comprensione che Tommaso d’Aquino ebbe della legge naturale. Si riscontra che anche Possenti non riesce a divincolarsi dalla convinzione che la stessa natura umana possa essere, di per sé, fonte di giustificazione di una legge naturale e, dunque, morale a partire dalla quale fondare diritti e doveri. Riterremmo che Tommaso non abbia sostenuto questa visione. Le chiavi per decriptare il messaggio morale, rinchiuso nella natura umana come riflesso della legge eterna, per Tommaso sono custodite nella legge divina positiva, necessaria all’uomo per conoscere ciò che, con la sua sola ragione, potrebbe solo giungere a conoscere parzialmente e non senza errori. In realtà Tommaso d’Aquino trattò della legge naturale all’interno di un irrinunciabile quadro teologico e rivelato (cf. Summa theologiae I-II, qq. 90-114, sui Principi estrinseci delle azioni umane). Va riconosciuto, tuttavia, che Possenti quest’intuizione, nel suo libro, sembra possederla, per quanto sembrerebbe che anche lui voglia ribadire che sia possibile una giustificazione dei diritti umani a partire dalla sola natura umana. E più volte non tace, per quanto in forma filosofica, di richiamare l’importanza di una giustificazione dei diritti ultimamente teistica (egli parla di fondazione personalistica e teistico-cristiana, per quanto mettendo quest’ultimo binomio tra parentesi), che altro non significa se non rimandare alla sola giustificazione possibile dei diritti umani: quella teologica. Il Creatore può essere l’unico garante dei diritti della creatura e di tutte le creature, in un giusto bilanciamento dei doveri e dei diritti proprio per quelle ragioni ontologiche cui lo stesso Possenti vorrebbe richiamarsi. Anche in ordine al dinamismo teleologico insito nella natura umana come spaccato che apre sulla possibilità di una normatività interna da declinare in chiave morale, rimandiamo alle parole illuminanti sul fine umano contenute nella Summa: «L’uomo è ordinato a Dio come ad un fine che supera la capacità della ragione» (Summa theologiae I, q. 1 a. 1). Più di una volta Tommaso d’Aquino dichiara come necessaria la rivelazione perché l’uomo sia istruito circa il suo fine. Sarebbe auspicabile che su questi temi venga aperto un confronto interdisciplinare.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-2/2018
(https://asprenas.it)
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