In questo studio Xavier Tilliette, colui che ha dato forma e legittimità alla cristologia filosofica, scandaglia con agilità estrema e sconfinata erudizione i fondali sterminati del romanticismo. L'ombra del Cristo errante accompagna gli scrittori romantici e nonostante i rintocchi funebri della morte di Dio, il Cristo rimane riferimento sorgivo e sopravvive con tratti molteplici nelle diverse forme della sensibilità romantica. In particolare la confessione a Cesarea di Filippo e soprattutto l'orto degli ulivi sono i due luoghi eminenti della cristologia romantica. Negli autori che si susseguono, da Jean Paul a Hölderlin, da Novalis a Schleiermacher, da Lamartine a Lamennais, da de Vigny a Musset e G. de Nerval, fino ai due romanzieri simbolo, Balzac e Dostoevski, e nella schiera innumerevole di epigoni e autori minori, l'autore rinviene costantemente la traccia di Colui del quale il romanticismo non è riuscito o non ha voluto liberarsi; fosse anche solo come il peso di un'assenza, la tristezza di un non esserci più, il Cristo continua ad albergare il cuore di ogni uomo anche nel secolo cosiddetto della morte di Dio.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE DEL LIBRO
In dieci capitoli, preceduti da un preludio e seguiti da un annesso l'autore, fine conoscitore della modernità, si muove , con agilità estrema e sconfinata erudizione, questa volta nei campi ancor più sterminati della letteratura cui fanno da cornice rilevante gli scenari filosofici dell'epoca romantica. Il romanticismo è inteso da Tilliette come uno stato dello spirito che ha trovato significativa espressione nella Germania dal 1790 al 1820 e nella Francia dal 1810 al 1850, per quanto fissare dei limiti cronologici sia sempre approssimativo. La caratteristica profonda del romanticismo è la nostalgia di qualcos'altro, quel male d'essere che mira a rintracciare il cristianesimo eterno che si esprime nelle numerose prismatiche sfaccettature della cristologia romantica.
Il volume, che è uno scandaglio di fondali talvolta noti ma ancor più di fondali dimenticati o poco visitati, mescola i generi e si nutre di due fonti: il pensiero e la poesia. II preludio della ricerca e la prima apparizione del Cristo romantico dai tratti inusuali è nel famoso Discorso che Cristo morto tenne dall'alto dell'universo stilla non esistenza di Dio di Jean Paul Richter meglio noto come Il sogno. Piuttosto ignorato in Germania, la traduzione di Germaine de Staél l'ha reso famoso in Francia ma poiché madame de Staël taglia la conclusione relativa al risveglio sollevato e al rendere grazie a Dio che si trattava solo di un sogno, è sorta l'interpretazione del Sogno di Jean Paul come "apocalisse dell'ateismo", se Si considera la sua ricezione lungo tutto il sec. XIX. Le tracce del Sogno sono ovunque, non c'è autore che non gli abbia fatto da eco: da G. de Nerval a Musset, Vigny, Hugo, finanche in Balzac ci sono tracce. L'ombra del Cristo errante accompagna il coro degli scrittori romantici mentre risuonano i rintocchi funebri della morte di Dio, ma i tratti del Cristo romantico rioni sono solo e tutti in questi rintocchi; piuttosto il Cristo continua ad essere presente come un Dio nascosto in un'umanità straordinaria, descritta dai romantici.
La morte di Cristo, la parabola dell'ateismo, è solo un versante che caratterizza il sec. XIX, a cui si affianca il versante dei credenti e nostalgici che, seppur influenzati dai dubbi della prima tendenza, hanno continuato a declinare il Cristo. Il Cristo rimane riferimento sorgivo anche per il periodo romantico e come non è corretto considerare Hegel responsabile della deriva atea a lui seguita (idea in lungo e in largo ribadita da Tilliette nel corso delle sue opere), ma è necessario riconoscere il suo tentativo colossale di trasposizione razionale della dottrina cristiana nel sistema senza svuotarla, così non si rende giustizia al romanticismo affermando solo un romanticismo ateo. Il Cristo sopravvive con tratti molteplici nelle diverse forme in cui la sensibilità romantica si è storicamente declinata.
Nella Germania dopo l'umanizzazione illuministica viene riconquistata la divinità di Gesù (grazie a Herder e Klopstock) e sarà l'arte all'alba del romanticismo ad affascinare, con il suo tradurre l'oscillazione del divino e dell'umano, dell'infinito nascosto nel finito dove il mistero si rivela senza perdere la sua profondità. Dipinti come L'adorazione dei pastori del Correggio o la Madonna Sistina di Raffaello incantano. Ma il Cristo è anche il riferimento della pietà personale che segna gli scrittori mistici-cristici: Hffiderlin, il cui Cristo così profondamente chenotico con il suo abbassamento ferma il corteo delle divinità pagane, e Novalis, altro Cristo, che ha presentato del Cristo un volto affascinante e adorabile. Pur non mancando i filosofi Schleiermacher, Hegel, Schelling), tuttavia chi ha contribuito a forgiare l'immagine romantica del Cristo sono stati i poeti sui quali, come sui filosofi, è stata la pittura ad imprimere il volto del Signore.