La solitudine nelle filosofie dell'esistenza
(Filosofia)EAN 9788846419392
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DETTAGLI DI «La solitudine nelle filosofie dell'esistenza»
Tipo
Libro
Titolo
La solitudine nelle filosofie dell'esistenza
Autore
Carrara Carlo
Editore
Franco Angeli
EAN
9788846419392
Pagine
176
Data
2000
Collana
Filosofia
COMMENTI DEI LETTORI A «La solitudine nelle filosofie dell'esistenza»
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Recensioni di riviste specialistiche su «La solitudine nelle filosofie dell'esistenza»
Recensione di Valerio Bortolin della rivista Studia Patavina
L’uomo è originariamente in relazione, è un essere definito dal rapporto con il “tu” (Buber), un essere socievole. Tuttavia la condizione umana è segnata pure da una radicale solitudine, da una incapacità di realizzare il sogno di una piena e perfetta comunione con gli altri. L’altro rimane sempre “altro”, esterno a me se non addirittura a me radicalmente estraneo. La socialità e la solitudine sono pertanto i due poli che caratterizzano la realtà dell’uomo.
Il presente studio passa in rassegna, in modo puntuale e rigoroso, e con un notevole coinvolgimento personale, il tema della solitudine così come è stato affrontato dai maggiori precursori e rappresentanti della contemporanea filosofia dell’esistenza. I dieci capitoli sono dedicati rispettivamente a Kierkegaard, Nietzsche, Unamuno, Heidegger, Jaspers, Sartre, Camus, Marcel, Berdjaev ed Abbagnano.
Interessanti sono le pagine della conclusione nelle quali viene evidenziato il carattere complesso e poliedrico del fenomeno della solitudine e la molteplicità di significati che esso esprime. Emerge, in modo particolare, la radicale differenza tra la solitudine, vista come un mezzo indispensabile per la conquista dell’autenticità dell’esistenza, che sta alla base di ogni vera relazione personale, e l’isolamento, considerato come il prodotto alienante di un’esistenza inautentica, il frutto di una società massificata e impersonale.
Colta nel suo significato positivo, la solitudine non è un puro stato d’animo che ripiega l’uomo su se stesso, ma è ciò che “permette all’uomo di prendere coscienza della propria struttura ontologica” (p. 151) e, in quanto tale, è collegata a sentimenti come l’angoscia, la nausea, l’assurdo. L’uomo è uomo in quanto è solo; la solitudine è coessenziale e originaria all’esistenza stessa. Le molte, innumerevoli solitudini pertanto, di natura psicologica, sociale, religiosa ecc., derivano e dipendono da quella fondamentale solitudine che rivela la costitutiva finitezza dell’essere umano. E tuttavia, la costante tensione dell’uomo verso il superamento della solitudine nella direzione di una compiuta relazione non rivela che è costitutivo dell’esistenza umana pure il desiderio del superamento della finitezza?
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Il presente studio passa in rassegna, in modo puntuale e rigoroso, e con un notevole coinvolgimento personale, il tema della solitudine così come è stato affrontato dai maggiori precursori e rappresentanti della contemporanea filosofia dell’esistenza. I dieci capitoli sono dedicati rispettivamente a Kierkegaard, Nietzsche, Unamuno, Heidegger, Jaspers, Sartre, Camus, Marcel, Berdjaev ed Abbagnano.
Interessanti sono le pagine della conclusione nelle quali viene evidenziato il carattere complesso e poliedrico del fenomeno della solitudine e la molteplicità di significati che esso esprime. Emerge, in modo particolare, la radicale differenza tra la solitudine, vista come un mezzo indispensabile per la conquista dell’autenticità dell’esistenza, che sta alla base di ogni vera relazione personale, e l’isolamento, considerato come il prodotto alienante di un’esistenza inautentica, il frutto di una società massificata e impersonale.
Colta nel suo significato positivo, la solitudine non è un puro stato d’animo che ripiega l’uomo su se stesso, ma è ciò che “permette all’uomo di prendere coscienza della propria struttura ontologica” (p. 151) e, in quanto tale, è collegata a sentimenti come l’angoscia, la nausea, l’assurdo. L’uomo è uomo in quanto è solo; la solitudine è coessenziale e originaria all’esistenza stessa. Le molte, innumerevoli solitudini pertanto, di natura psicologica, sociale, religiosa ecc., derivano e dipendono da quella fondamentale solitudine che rivela la costitutiva finitezza dell’essere umano. E tuttavia, la costante tensione dell’uomo verso il superamento della solitudine nella direzione di una compiuta relazione non rivela che è costitutivo dell’esistenza umana pure il desiderio del superamento della finitezza?
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2003, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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