Gesù
-Storia di un uomo
(Quality paperbacks)EAN 9788843065790
Il breve saggio di Giorgio Jossa, già docente di Storia della chiesa antica all’Università Federico II di Napoli, analizza l’esiguo tempo del ministero di Gesù (circa un anno) che si svolse prevalentemente in Galilea e si concluse tragicamente con l’ultima settimana a Gerusalemme. Nell’Introduzione, l’autore pone questa domanda: «Si può scrivere una storia di Gesù? Non una vita di Gesù, che anche Adolf Harnack […] riteneva impossibile (vita Jesu scribinequit), per l’evidente mancanza, sottolineata già prima di lui da Martin Kähler e ribadita con più forza in seguito da Rudolf Bultmann, di fonti di carattere realmente biografico (i vangeli hanno natura dogmatica, non storica), ma una storia, e più esattamente un rapido schizzo storico, sul tipo di quello famoso che fece a suo tempo Heinrich J. Holtzmann, della sua breve vicenda pubblica (nascita e infanzia sono infatti escluse da questo schizzo). Di norma anche questo viene ritenuto impossibile dagli studiosi, per una ragione molto semplice e apparentemente indiscutibile: la povertà estrema, e più ancora la natura particolare, delle nostre fonti a riguardo […]. Sono le fonti su Gesù che creano problemi […]. La ricerca sul Gesù storico, anche l’attuale cosiddetta terza ricerca che si presenta come squisitamente storica, non teologica, non ritiene infatti quasi mai di poter fare la storia di Gesù. Si limita a presentare i vari aspetti della sua personalità […] o le sue prese di posizione nei confronti dei diversi aspetti della religiosità del tempo» (pp. 9-10). Sembra che l’impostazione volutamente storiografica della ricerca attuale su Gesù sia un residuo inconsapevole dell’impostazione dogmatica o teologica. Il rischio, secondo Jossa, è quello di presentare Gesù come un personaggio fuori del tempo, come lo volevano, in fondo, i due grandi storici della teologia liberale: Julius Wellhausen e Adolf von Harnack. S’insiste, nel testo, sulla “sostanziale carenza di senso storico” sia delle ricerche attualmente in atto sia della vita stessa di Gesù Cristo (cf. p. 11). L’orientamento attuale degli studi sul Gesù storico è, a giudizio di Jossa, in contraddizione con le premesse metodologiche della ricerca stessa, tutta protesa a ricostruire la figura del Gesù ebreo pienamente inserito nel contesto dell’epoca.
Dopo aver presentato pregi e limiti della ricerca storica su Gesù, Jossa arriva a questa conclusione: il Vangelo di Marco, nella sua semplice linearità, ha una credibilità maggiore di quello, “terribilmente confuso”, di Giovanni; anche la fonte Q ambienta in Galilea la maggior parte della predicazione di Gesù, confermando il quadro di Marco. Tuttavia, gli elementi per ricostruire lo sviluppo della vicenda di Gesù sono veramente esigui.
Il primo capitolo presenta la Palestina al tempo di Gesù e si sofferma sul gruppo dei farisei, mentre il gruppo più distante da Gesù fu quello dei sadducei. L’assenza dei farisei dai racconti della passione dei vangeli non conferma la tesi secondo la quale essi non hanno avuto alcun ruolo nella condanna di Gesù. È da riconsiderare la tesi per la quale i veri responsabili di questa condanna sono in realtà i sommi sacerdoti e il governatore romano, e anche l’idea che l’elemento decisivo – in realtà simbolico per Jossa – dello scontro fu costituito dall’azione provocatoria di Gesù nel tempio, accompagnata da parole di minaccia della sua distruzione (cf. p. 44). Certamente, il comportamento di Gesù nei confronti della legge mosaica suscitò riserve e critiche da parte dei farisei. Secondo Jossa, l’assenza dei farisei dai racconti della passione dei Vangeli non significa nulla, visto che essi sono sempre presenti nei racconti dei Vangeli e che gli scribi, in quanto membri del sinedrio, sono sostanzialmente capi dei farisei.
Nel secondo capitolo, Jossa afferma che Gesù aderì al movimento del Battista, anche se la sua predicazione era fondata sull’annuncio del Regno e non semplicemente sul giudizio e sulla venuta del giorno del Signore. A un certo punto della sua vita, Gesù ha ritenuto di lasciare la famiglia di origine per entrare a far parte di un movimento di rinnovamento e ha scelto il movimento di Giovanni perché riteneva che esso, tra i tanti orientamenti che esprimeva allora il giudaismo, fosse il più impegnativo (cf. pp. 53-55). È nel battesimo al fiume Giordano che Gesù ricevette l’investitura messianica. Si tratta di una vocazione profetica. Questo racconto fu interpretato dopo la pasqua in modo messianico dalla comunità palestinese sulla base del Sal 2,7. Gesù non ha assunto immediatamente i caratteri e non ha avanzato subito le pretese del Messia. Come Giovanni, egli si presentava quale profeta del tipo di Elia che veniva ad annunciare l’imminenza del giudizio divino e la prossima venuta del Messia. Tuttavia, questo periodo non durò a lungo.
Il capitolo terzo è dedicato alla predicazione del regno di Dio da parte di Gesù. Da qui si può dedurre il netto contrasto tra la predicazione del Battista e quella di Gesù. Il messaggio di Gesù era molto popolare ed era perciò rivolto alla gente semplice della Galilea. Il contenuto della predicazione di Gesù è teologico. Cristo, infatti, non annuncia se stesso, bensì il regno dei cieli. La persona di Gesù ancora scompare dietro l’annuncio del Regno (cf. pp. 68-69).
Il capitolo quarto analizza in breve i miracoli e gli esorcismi di Gesù (“opere straordinarie”) e offre questa conclusione: è solo riconoscendo nella sua azione la presenza di Dio che si può riconoscere anche la sua natura di Messia. Gesù, però, ancora non pretende di essere il Messia, anche se esprime la consapevolezza del carattere ultimo e decisivo della propria azione e predicazione (cf. p. 81).
Il capitolo quinto riguarda Gesù e la sua presa di posizione nei confronti della legge mosaica. L’annuncio della venuta imminente del regno di Dio, che segna il distacco di Gesù dal movimento di Giovanni, e il compimento di opere miracolose, che gli dà la certezza della presenza già operante con lui della sovranità di Dio, incidono in maniera decisiva sull’atteggiamento di Gesù nei confronti della legge mosaica. Tuttavia, la pretesa di Gesù nei confronti delle prescrizioni mosaiche non è radicale. Jossa non crede che Gesù andasse in giro per la Galilea facendo affermazioni di principio sul valore della legge mosaica: egli non è un sapiente che elabora dottrine generali e pronuncia giudizi astratti sulla vita morale, né fece alla legge una critica radicale. Gesù ha semplicemente assunto una serie di atteggiamenti pratici che hanno suscitato l’attenzione, e a volte la critica, della gente, e in particolare dei farisei (cf. p. 88).
Il capitolo sesto è dedicato alla pretesa messianica di Gesù e tiene in considerazione il racconto di Marco che non è privo di elementi leggendari. Il carattere messianico e trionfale è un prodotto post-redazionale. La manifestazione messianica di Gesù non fu vistosa né trionfale, bensì enigmatica, e trova la sua manifestazione nel momento finale della sua vita (cf. p. 109). Gesù ha visto nella sua morte il passaggio necessario per il compimento della salvezza. Egli era certo che l’avvento del regno di Dio non sarebbe stato impedito dal sacrificio della sua vita ed era convinto che proprio questo sacrificio avrebbe costituito la realizzazione paradossale e incomprensibile del Regno stesso (cf. p. 120). Per Jossa, sarà la comunità dei discepoli di parte ellenistica a rileggere la morte di Gesù come espiazione per gli altri sulla falsa riga di Is 53. Era un modo per spiegare il «mistero tormentoso della morte di Gesù» (p. 121).
Il capitolo ottavo si sofferma sulla condanna a morte di Gesù. Jossa rietiene che Gesù non abbia fatto già nel suo ingresso a Gerusalemme riferimento esplicito al figlio dell’uomo; tale riferimento è un anticipo redazionale dell’evangelista Marco (10,45ss). L’identificazione esplicita da parte di Gesù con il figlio dell’uomo avviene nella risposta di Gesù al sommo sacerdote Caifa che non ha più dubbi sulla bestemmia che nasce da quella identificazione. In tale occasione, Gesù ha accennato al suo ruolo futuro nel giudizio di Dio. È la comunità che, con il riferimento al Sal 110, accenna anche al potere da lui ricevuto nella risurrezione. La risposta di Gesù era blasfema in un senso più largo. «Che un personaggio privo di qualunque aspetto glorioso e che non aveva realizzato nessuna delle attese messianiche dei giudei, portato dinanzi al sinedrio in veste di accusato, e abbandonato da tutti i suoi seguaci, potesse avere l’ardire di proclamarsi Messia e minacciare addirittura il sinedrio con un riferimento esplicito al proprio ruolo nel giudizio di Dio poteva certamente essere considerata una bestemmia. E il sinedrio ha perciò ritenuto che Gesù fosse meritevole di morte» (p. 134). «Dal punto di vista delle autorità giudaiche, sommi sacerdoti e capi dei farisei, le ragioni religiose e le ragioni politiche apparivano strettamente legate. E non possiamo del tutto escludere che, chiedendo a Pilato di condannare Gesù, ritenessero soltanto di applicare la legge. Ma non vi è dubbio che in questo modo sono essi che hanno deciso la sorte di Gesù» (p. 135).
Nella conclusione, Jossa afferma quanto segue: «Il profilo storico di Gesù disegnato rapidamente in questo piccolo libro è certamente diverso da quelli delle ricerche attuali sul Gesù storico. Richiama invece indubbiamente quelli tratteggiati nelle vite di Gesù della cosiddetta teologia liberale del XIX secolo. E tuttavia credo che esso abbia nelle nostre fonti un fondamento più solido di certe ricostruzioni della cosiddetta “terza ricerca” e si differenzi abbastanza d’altra parte da quelle della teologia liberale» (p. 137). Jossa considera la sua ricerca storiografica nel senso che non è esegetica e non segue un orientamento dogmatico. Si tratta di una ricerca non confessionale che parte dall’azione e dalla predicazione di Gesù e cerca di delinearne gli sviluppi. Il Gesù della “nuova ricerca” appare fuori dal tempo e molto vicino a quello dogmatico e idealizzato. Il problema decisivo, per Jossa, non è tanto considerare il contesto in cui Gesù si è formato – quello giudaico – ma resta quello delle fonti in nostro possesso. Quale attendibilità riconoscere al Vangelo di Marco? E quale valore attribuire alle altre fonti? Per l’autore, certamente, Matteo e Giovanni non sono attendibili. Dunque, il profilo di Gesù che ne risulta è molto semplice e per la fede ampiamente deludente. Appaiono, secondo Jossa, significativi alcuni snodi della vita pubblica di Gesù che aiutano a comprendere la nascita e gli sviluppi della comunità successiva dei discepoli.
«Gesù ha cominciato la sua missione pubblica come collaboratore del Battista in Giudea. Ne ha condiviso quindi inizialmente le posizioni. All’arresto di Giovanni ha dato vita però in Galilea a un ministero autonomo molto diverso, centrato sull’annuncia della venuta imminente del regno di Dio e accompagnato da un’intensa attività taumaturgica. Il successo clamoroso di questa attività lo ha convinto che la venuta del regno era realmente vicina e che la sua attività ne costituiva anzi l’inizio misterioso. Questo lo ha spinto a prendere posizione nei confronti della legge mosaica (e le critiche dei farisei lo hanno spinto a motivare la sua posizione) e a presentarsi come l’ultimo e decisivo inviato di Dio prima dell’avvento del suo regno. A Gerusalemme, dove ha deciso di confrontarsi direttamente con le autorità giudaiche, gli eventi sono però precipitati. Alle critiche dei capi dei farisei si sono aggiunte quelle dei sommi sacerdoti e Gesù ha compreso che l’avvento del regno non era così vicino e che Dio voleva che prima egli passasse per la morte. Nell’ultima cena con i discepoli ha indicato perciò il carattere salvifico della sua morte imminente e nel processo dinanzi al sinedrio ha parlato di una venuta del Figlio dell’uomo nella gloria del regno di Dio» (p. 139). Il saggio si conclude con una breve bibliografia a carattere soprattutto storico sulla vita di Gesù.
Questo lavoro conferma l’approccio volutamente storiografico del professore Jossa che ha il merito di esporre le sue tesi in modo chiaro e lineare, usando un linguaggio asciutto ed essenziale anche nei risultati. Molte delle sue tesi si possono condividere appieno. Tuttavia, appare un vizio di forma che mette in discussione sia il metodo di ricerca sia i contenuti di tale ricerca almeno dal punto di vista gesuano e cristologico. Esprimiamo le nostre perplessità con alcune domande: «Qual è l’effettivo risultato raggiunto dall’autore?»; «Perché definire l’approccio storiografico come qualcosa di antidogmatico e di antiesegetico?»; «Perché la riflessione di fede insita nei Vangeli non è attendibile sul piano storico?»; «Perché pretendiamo di aprire i Vangeli, che sono delle narrazioni di fede, cioè delle biografie teologiche, e di usarli come degli archivi posti su antichi scaffali dove andare a trovare notizie, dati, fatti, eventi e personaggi che devono per forza di cose rispondere alle nostre esigenze intellettuali e appagare le nostre curiosità?».
In fondo, anche i tratti dell’uomo Gesù che Jossa ci presenta sono deludenti non solo per la fede ma anche per la stessa ricerca storica. Quella di Gesù, così come la racconta Jossa, potrebbe essere la storia di chiunque; sì, proprio di ogni uomo che, illuminato dalla fede o sorretto da una propria ideologia, muore per il bene del suo popolo, per la fedeltà al proprio credo o Dio. Non è per niente storico il profilo essenziale di Gesù che Jossa ci consegna in questo nuovo saggio. Si tratta di tanti piccoli frammenti sparsi qua e là che erano noti non solo agli addetti ai lavori, ma persino al credente medio che si è imbattuto in un buon libro di cristologia. È banale e fuorviante ritenere che Gesù, per forza di cose, cioè avvinto dagli eventi a lui contrari, abbia solo alla fine pensato alla sua morte di croce come a un male necessario per l’avvento del regno di Dio. Molto ci sarebbe da dire anche sullo stretto rapporto tra Gesù e il Battista e il cambio di rotta che il Nazareno, a un certo punto, ha preso nella sua predicazione. Non si può ritenere per certo che solamente all’arresto di Giovanni Gesù abbia dato vita, in Galilea, a un ministero autonomo, né è sensato pensare che Gesù abbia preso posizione nei confronti della legge mosaica a partire dal successo clamoroso della sua attività taumaturgica. La coscienza messianica di Gesù non è provocata dagli eventi a lui favorevoli o avversi, bensì in essi rivelata e determinata. Certamente, le dichiarazioni di Jossa, in questo saggio, rimettono in discussione, ancora una volta, il modo di portare avanti la ricerca storiografica sull’evento Gesù Cristo, e dimostrano come sia importante riprendere un fruttuoso dialogo tra storia, esegesi e teologia, superando i “dogmatismi” e le prese di posizione (o pregiudizi) di storici, biblisti e dogmatici.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2013
(http://www.pftim.it)
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Andrea Tessari il 25 agosto 2014 alle 21:35 ha scritto:
Ho apprezzato molto questo testo per la chiarezza dell'esposizione, l'equilibrio delle tesi esposte e anche per la capacità dell'autore (che è un laico) di presentare, in un testo accessibile a tutti e sintetico, le principali questioni relative al Gesù storico.