Un lungo cavo telefonico percorre le sterminate routes della California da Coalinga a Los Angeles. La voce di un uomo entra elettricamente in una cornetta e annuncia alla moglie che non tornerà a casa. Intanto, attraverso il vasto deserto dello Utah, sulle note di A Lover's Question una figlia trasporta in un'urna le ceneri della madre. Nei grandi boschi del Nord, da diciotto anni marito e moglie siedono sulle stesse sedie arancioni che danno sul molo. La superficie del lago riflette, poco prima che affondino, i ricordi di un'irrecuperabile giovinezza. Dall'Arizona all'Indiana, verso l'Illinois, e poi giù attraverso la straniera Santa Fe, lungo le sponde uraniche del Colorado fino alla periferia di Twenty-nine Palms, Sam Shepard snoda la rotta di un viaggio di scoperta e mistificazione, epicedio intonato alla sua America e a ciò che ne resta, nella spietata solitudine di cowboy ormai invecchiati. Brevi sprazzi di quotidianità, frammenti appuntiti di irrealtà, logore istantanee americane che riscrivono il mito del Grande sogno spostandolo al di là della frontiera, dove la visionarietà dell'ambizione rinsecchisce nella desolazione di una waste land allucinata, e la temerarietà dello spirito western languisce nella muta malinconia delle speranze svanite. È questo il paradiso perduto che Shepard riporta alla luce attraverso diciotto brevi prose di dolore, a metà fra narrazione e sceneggiatura, fra commedia e dramma, che intonano il requiem del sogno americano e, insieme, il suo sconfinato miserere. Dalle pagine plumbee del Grande sogno, la wildness delle terre primitive e violente che lo scrittore aveva immortalato in Motel Chronicles sopravvive solo come struggente desiderio, e la Terra promessa dell'Ovest brucia nell'agro odore di bestie macellate. È l'America di oggi, controversa definizione del nuovo millennio, l'America-carnaio che del sesso fa nostalgia, della conquista ansia di smarrimento, della violenza un gesto appassito; è l'America vedova, l'America non luogo, grottesca parodia di se stessa e dei suoi eroi. Rassomiglia più a Parigi o a Berlino, nell'isterismo di una geografia surreale, mentre un abbagliante sole al neon scioglie l'involucro della grande illusione per mostrarne il nudo, bianco nocciolo: quello della più terribile menzogna.