Due in una carne
-Chiesa e sessualità nella storia
(Storia e Società)EAN 9788842087397
Due autrici con due storie molto diverse vogliono rispondere ad una domanda audace: il cristianesimo è veramente caratterizzato da una sostanziale sessuofobia? Margherita Pelaja, storica, laica, militante femminista negli anni Settanta, fondatrice con altre studiose della rivista «Memoria» dedicata ai gender studies. Lucetta Scaraffia, cattolica convertita, docente di storia contemporanea all’università «La Sapienza» di Roma e membro del Comitato nazionale di Bioetica. La prima sensibile ai temi sociali, la seconda più attenta ai risvolti culturali ma entrambe sensibili al mondo femminile e alla storia delle sue rivendicazioni. Proprio la loro diversità diventa garanzia di imparzialità per un tema dove l’essere di parte potrebbe suscitare legittimi sospetti nel lettore.
È ben nota la tesi che le nostre autrici vogliono studiare e che fin dall’inizio bollano come pregiudizio diffuso: la chiesa cattolica fin dai primi secoli vive un rapporto ambiguo nei confronti della sessualità, guarda con sospetto il corpo, lega il piacere al peccato, crede nel matrimonio ma lo svaluta a rimedio dell’ineluttabile concupiscenza frutto del peccato originale. «Sensibilità più libere - affermano le nostre autrici – analisi circostanziate dei testi e delle politiche possono di volta in volta articolare, smentire, porre in relazione con territorio e finalità diverse, fino a sgretolare forse il potenziale interpretativo di un assunto così generico» (p. VIII). In realtà l’impressione che si ha dopo aver letto questo voluminoso testo che spazia dalle elevate tesi sulla spiritualità del corpo e dell’atto sessuale fino alle minuziose distinzioni della casistica è che sul fronte della sessualità la Chiesa e la teologia non siano state certo sobrie di parole e di indicazioni etiche ma certamente la questione è più complessa e non la si può sintetizzare con qualche slogan. D’altra parte chissà cosa diranno gli storici chiamati a studiare questo nostro tempo e il suo rapporto con la sessualità e il pia-cere.
La struttura del volume ruota attorno ad alcuni passaggi storici precisi: il primo capitolo curato dalla Scaraffia (Il corpo, le pulsioni) è dedicato ai fondamenti della morale sessuale cristiana evidenziando come a partire dalla Scrittura sia lentamente nata una riflessione sulla sessualità e una teologia del matrimonio che si è distanziata dalla cultura greca rimanendone comunque segnata. Il riferimento a Paolo e poi al cristianesimo delle origini mostra in modo chiaro un atteggiamento verso la sessualità caratterizzato dall’anelito alla perfezione spirituale che da una parte esalta le nozze cristiane, dall’altra sottopone a dura ascesi una sessualità abitata dalla concupiscenza. Il secondo capitolo, sempre della Scaraffia (eros e santità) spazia sulla ricchissima storia dei simboli, delle metafore, delle creazioni artistiche che ci consegnano una visione alta e audace della sessualità, occasione unica per raccontare il mistero del rapporto tra l’uomo e Dio. Potremmo dire che viene raccontata un’ipotetica continuazione del Cantico dei Cantici e del suo approccio molto concreto alla sessualità.
Il terzo e il quarto capitolo (Il controllo e le norme e il disciplinamento impossibile) sono scritti da Margherita Pelaja che individua nel periodo della Riforma e nelle sue conseguenze un passaggio decisivo segnato dal prevalere della diffidenza verso la sessualità che porta la Chiesa ad ampliare e perfezionare il proprio apparato normativo accentuando il rigore degli enunciati e mettendo in atto nello stesso tempo strategie articolate di controllo e tolleranza. Pelaja parla di un processo di «disciplinamento» iniziato già nel Medioevo ma che dopo la Riforma e il Concilio di Trento si amplia servendosi degli strumenti del diritto e della prassi penitenziale. In questo processo la Pelaja riconosce una volontà politica della Chiesa che cerca di governare i comportamenti dei fedeli ma lascia ai parroci l’importante compito di temperare l’intransigenza delle norme. Così da una parte abbiamo norme precise e intransigenti, dall’altra flessibilità e pragmatismo. Un sistema raffinato che funzionerà per secoli fino alle grandi svolte teoriche e pratiche dell’illuminismo e delle scienze umane.
A raccontare la fine del monopolio della chiesa si cimentano entrambe le nostre autrici nel V capitolo scritto a due mani. Gli studi di antropologia culturale, il processo di secolarizzazione e di emancipazione frutto della mentalità illuminista, le scoperte scientifiche, la sensibilità romantica e un più affinato apparato giuridico sul matrimonio portano a togliere alla Chiesa e alla morale il monopolio sulla sessualità. La Scaraffia descrive la risposta della Chiesa a questi nuovi scenari nell’ultimo capitolo (Competizione e conflitti) dove ripercorre in particolare la vicenda del controllo delle nascite messa di fronte alle sfide della rivoluzione sessuale. Il capitolo termina con un excursus dove Pelaja affronta il tema del rapporto tra chiesa e donne, tema che ritorna in tutto il volume sempre trattato con ineccepibile competenza e non senza qualche sana autocritica al movimento femminista. Se nel periodo del disciplinamento c’era stato un buon dosaggio di intransigenza e tolleranza l’attualità pone la Chiesa di fronte a sfide inedite che la portano a irrigidire le posizioni con molteplici condanne che alla secolare tolleranza sostituiscono un rigore coerente e selettivo. Il percorso rimane aperto sui temi di oggi che ampliano il dibattito e pongono sempre nuove sfide alle quali, suggeriscono le nostre autrici, la risposta non può che essere corale coinvolgendo anche il punto di vista delle altre religioni con le quali, tra l’altro, la Chiesa cattolica sta trovando inedite alleanze.
Il volume ha il merito di non partire da tesi precostituite ma di lasciarsi interrogare dai dati storici. La scelta non è quella di approfondire qualche incrocio particolare della storia né di soffermarsi su temi specifici per delinearne lo sviluppo storico ma di consegnare al lettore uno sguardo complessivo e sintetico che non si sottrae all’approfondimento ma non perde mai di vista il quadro d’insieme. Certo è audace la pretesa di sintetizzare due millenni in trecento pagine e inevitabilmente l’analisi storica rimane parziale benché fondata su ricerche d’archivio originali, su autori e fatti citati direttamente e su una bibliografia di spessore (P. Brown, R. Cantalamessa, U. Ranke-Heinemann, P. Grelot, A. Chapelle, J. Gaudemet, J. Delumeau, A. Mattheeuws, B. Häring, G. Martelet…). Tuttavia ci sembra che qualche incrocio della storia andava meglio collocato nel suo contesto: la stagione dei Padri nel contesto del dualismo greco che porta ad un evidente allontanamento dalla prospettiva biblica; la casistica post-tridentina nel contesto della formazione dei confessori; le discussioni sul piacere del Seicento in quello del giansenismo e della lotta tra rigoristi e lassisti. Il contesto storico aiuta a decodificare certe prese di posizione e anche a mostrare che il radicamento nella storia e nella cultura da una parte è una grande risorsa della Chiesa figlia di un Dio incarnato ma anche un inevitabile limite. Non mancano nell’analisi storica salti nell’attualità come il confronto tra il mito dell’androgino e l’odierna pretesa di cancellare la differenza sessuale (p. 60). Ci sono temi nei confronti dei quali si sente la mancanza di un approccio teologico come nel caso della verginità di Maria (p. 62) o del sensus fidelium ridotto a conflitto di potere tra clero e laici (p. 278). C’è anche una non piccola lacuna quando viene citato Herbert Doms esaltando la sua nuova prospettiva sui fini del matrimonio (p. 260) ma senza ricordare che proprio per questo Doms sarà condannato (cf. DS 3838).
La prospettiva e la sensibilità femminile delle due autrici emergono in ogni capitolo ma in particolare nel tentativo di non sviluppare solo un’analisi dei dati storici e delle argomentazioni teoriche ma anche nel voler dare la voce al mondo simbolico, all’arte e all’immaginario, aspetto importantissimo per un tema come la sessualità dove troviamo aspetti di quel mistero della persona che i ragionamenti non riescono ad esaurire e che l’arte invece può far intuire. Indovinata la scelta di inserire alcune pagine che riproducono importanti opere artistiche.
Le due autrici volutamente non prendono posizione sui singoli temi mentre svolgono la loro analisi storica. Sembra vogliano lasciare al lettore di esprimersi di volta in volta e alla fine non è facile farsi un’idea precisa circa la presunta sessuofobia della Chiesa. E così dopo aver letto questo alternarsi di capitoli curati ora dall’una ora dall’altra delle due autrici le conclusioni diventano la pagina più interessante perché ci si aspetta la risposta alla tesi di partenza frutto finalmente di confronto tra le due e non di un accostamento dei loro testi. Ma non troviamo una conclusione univoca bensì delle tesi sintetiche e una presa di posizione decisa sulla questione. Queste le tesi finali: 1) le culture hanno fatto ricorso alla religione per governare e conferire un senso simbolico alla sessualità la cui forza oscura può minacciare la debole coerenza dell’io; 2) nel cristianesimo l’incarnazione fonda la possibilità di valorizzare il corpo come tempio dello Spirito e parte del percorso spirituale personale, come testimoniano pagine importanti della mistica e dell’arte; 3) storicamente queste acquisizioni si sono sviluppate tra valorizzazione e repressione generando l’impressione di una certa sessuofobia della Chiesa; 4) le ragioni dell’ambivalente atteggiamento della Chiesa vanno cercate in quella prima inculturazione del cristianesimo avvenuta nel mondo greco e aggravata dalla Riforma; 5) a pagare il prezzo più alto sono state le donne collocate «in una sorta di penombra del desiderio» (p. 309) ed emblema della tentazione diabolica. La presa di posizione sulla questione della sessuofobia è certamente corretta anche se un po’ sfuggente: «Abbiamo preferito non diventare un tribunale, né due tribunali in confronto tra loro ma invece ricostruire il processo storico che ha portato fino alla situazione attuale» (p. 310). Nessun verdetto finale, quindi, ma una consapevolezza precisa: una lettura superficiale potrebbe fermarsi al conflitto tra libertà e oppressione, emancipazione e oscurantismo, ma a livello più profondo sono in gioco due visioni della sessualità: «Quella laica che la colloca nella sfera della libertà individuale, quella cattolica che la giudica come momento importante del percorso spirituale di ogni credente […] l’una basata su un’analisi scientifica della sessualità e sull’autonomia del soggetto intesa come valore dominante, l’altra fondata sulla costituzione dell’individuo come soggetto morale in un sistema di norme definite» (p. 311). Sembra che oggi abbia vinto la visione laica – affermano le autrici – ma i giochi sono ancora aperti: è caduta l’illusione che la libertà sessuale sia di per sé una condizione fondamentale per la felicità individuale, tesi messa sotto accusa da diverse prospettive anche non cattoliche. Come dire che la sessualità, aspetto enigmatico del mistero della persona umana, si sottrae ad ogni pretesa di essere definita a priori a prescindere dal vissuto delle persone e dal contesto storico.
Le differenze tra le due autrici emergono, e non poteva essere diversamente, nella valutazione di alcuni passaggi attuali: Scaraffia valuta positivamente l’Humanae viate accolta soprattutto nel terzo mondo come antidoto alle politiche antinatalistiche dell’Occidente; Pelaja commenta positivamente i referendum su divorzio e aborto soprattutto per aver «liberato» le donne. Ma comune è la convinzione che il fenomeno sessuale sia così complesso da meritare una riflessione trasversale rispetto ad ogni steccato ideologico. E in un tempo che vede laici e cattolici contrapporsi senza riuscire nemmeno a condividere un serio confronto, questo tentativo di un percorso non ideologico merita di essere riconosciuto e apprezzato.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 1
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
L’opera a due mani, è cioè frutto delle ricerche di due studiose con precomprensioni diverse, quindi appartenenti a mondi diversi, che affrontano la sfida di riflettere insieme su una tematica fondamentale dell’esperienza umana, ove soprattutto gli ordini simbolici si intrecciano e talvolta entrano in dialettica. Non solo. Pur dando allo studio un taglio storico, mettono in atto un approccio olistico, misurandosi con prospettive di ricerca varie, come quelle bibliche, teologiche, giuridiche, socio-culturali e socio-economiche globali. È un libro complesso, eppure le sue pagine si scorrono con una certa agilità per il linguaggio diretto, semplice, per l’argomentare essenziale, scientifico, lineare.
Nella lettura mi sono resa conto come anche questioni complesse, emerse in periodi storici problematici e con un iter storico tormentato e ambiguo, sono affrontate con correttezza. Ovviamente non è una enciclopedia, né un trattato esaustivo, per cui, a qualche tematica, poteva essere apportato qualche complemento anche con altri argomenti, come ad esempio quello dell’astinenza sessuale nei momenti forti liturgici, originariamente legata alla sacralità della sessualità umana, e quello del celibato dei sacerdoti ove il motivo economico va congiunto al senso forte delle genealogie della fede per cui il patrimonio della Chiesa non appartiene al Parroco e nemmeno al Papa, ma appunto alla Chiesa. Ad esempio nel concilio di Calcedonia, nel 441, furono condannati come uccisori dei poveri quegli ecclesiastici che dal patrimonio ecclesiastico prendevano più del necessario, sintomo della mens di questa etica. Inoltre l’ingresso del diritto germanico, con l’invasione in Italia di quelle popolazioni, ha creato nelle comunità ecclesiali nuove situazioni esistenziali, che hanno esigito nuove misure di intervento per proteggere il patrimonio della Chiesa dallo sfruttamento del potere laico, oltre che da quello religioso. Si pensi alle chiese proprie.
Questi pochi rilievi sono posti per sottolineare come, leggendo l’opera, si è fortemente spinti a pensare e, secondo le competenze, a integrare qualche aspetto, dentro il quadro d’insieme delle Autrici che, appunto, ci offrono delle coordinate fondamentali molto interessanti e interpellanti.
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 1/2010
(http://www.pfse-auxilium.org)
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