Vasto spazio
-Storia di una vita
(Books)EAN 9788839928696
RGEN MOLTMANN
VASTO SPAZIO
Storia di una vita
Queriniana
Dedico questa storia di vita
ai miei nipoti
Jonas e Christoph
Malte e Jakob
ed Eliza
Titolo originale:
Jürgen Moltmann,
Weiter Raum. Eine Lebensgeschichte
© 2006 Gütersloher Verlagshaus, Gütersloh,
in der Verlagsgruppe Random House GmbH, München
© 2009 by Editrice Queriniana, Brescia
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senza l'autorizzazione scritta dell'Editrice Queriniana.
ISBN 978-88-399-2869-6
Traduzione dal tedesco
di DARIA DIBITONTO
Stampato dalla Tipolitografia Queriniana - Brescia
Indice
parte prima
GIOVENTÙ
1. L'insediamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2. Luglio 1943: Operazione Gomorra . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
3. POW: Prisoner of War, 1945-1948 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
parte seconda
ANNI DI TIROCINIO
1. Studente di teologia a Göttingen, 1948-1952 . . . . . . . . . . 49
2. Pastore a Wasserhorst, 1953-1958 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
parte terza
INIZI
1. Alla Scuola superiore ecclesiastica
di Wuppertal, 1958-1964 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
1. Teologia su incarico della chiesa 87
2. Vita culturale a Wuppertal 90
3. Il lavoro sulla propria teologia 92
4. Incontro con Ernst Bloch 97
468 Indice
2. Teologia pubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
1. L'associazione Germania-Polonia 102
2. Ecumenismo: Faith and Order 105
3. Teologia per medici 109
4. L'editore Christian Kaiser 113
5. Da Wuppertal a Bonn 115
parte quarta
TEOLOGIA DELLA SPERANZA
1. La teologia della speranza, 1964 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
1. Origini e intenzione 123
2. Nel kairós del suo tempo 124
3. Concetti chiave 127
4. Reazioni personali 133
5. Der Spiegel: figli della protesta 142
2. Il dialogo cristiano-marxista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
1. Marienbad, 1967 150
2. Milan Machovec 158
3. Viteslav Gardavsky 159
4. Roger Garaudy 159
3. Il mio sogno americano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162
parte quinta
TEOLOGIA POLITICA
1. Primo esordio a Tubinga, 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183
2. Secondo esordio a Tubinga, 1968 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197
3. Viaggi per convegni in tutto il mondo, 1969-1975 . . . . . . 204
4. Conferenza mondiale delle missioni a Bangkok, 1972/73 210
5. Vie verso l'Estremo Oriente, 1973 e 1975 . . . . . . . . . . . . 217
1. Australia, Filippine, Giappone 217
2. Corea ' Terra di speranza, terra di lacrime 220
Indice 469
parte sesta
NEL SEGNO DELLA CROCE
VERSO IL NUOVO PENSIERO TRINITARIO
1. Il Dio croci'sso, 1972 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 231
1. Occasioni 231
2. Alcune idee fondamentali 235
3. Critica 241
a) Dio non può soffrire' 241
b) Un Dio sadico' 243
2. Ampliamenti dell'orizzonte teologico . . . . . . . . . . . . . . . 247
1. La Chiesa nella forza dello Spirito, 1975 247
2. La chiesa di quale popolo' 252
3. Chi è disabile e chi rende disabile' 253
4. Ecumenismo sotto la croce 256
5. In amicizia con Gesù 258
6. Inizio di una dottrina ecologica della creazione 259
7. Alla ricerca di una teologia dell'esperienza mistica 261
8. Una dichiarazione teologica sui diritti umani, 1977 264
3. Ampliamenti dell'orizzonte ecumenico . . . . . . . . . . . . . . 268
1. Su e giù per gli Stati Uniti, 1976 269
2. America Latina, 1977 273
3. Conflitto con i teologi della liberazione
a Mexico City, 1977 279
4. Nella terra dell'apartheid ' Sudafrica, 1978 285
4. Al mio posto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289
1. 'Lavoratore a domicilio'
in una famiglia di quattro figlie 289
2. Vita universitaria quotidiana a Tubinga 295
3. Nella redazione della rivista Evangelische Kommentare 296
4. Nella redazione della rivista Evangelische Theologie 297
5. Nella direzione di Concilium 304
6. Presidente della Gesellschaft
für Evangelische Theologie, 1978-1994 308
5. Nel dialogo ebraico-cristiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323
470 Indice
1. Con Emil Fackenheim 325
2. Con Pinchas Lapide 330
3. L'accusa di antigiudaismo 335
a) La svolta dal precedente anti-giudaismo
per esaltare se stessi al pro-giudaismo
per rinnegare se stessi 337
b) Presunzione 338
c) Antigiudaismo' 338
d) Distinzioni 339
4. Attacchi a Elisabeth e a me 339
parte settima
COMPIMENTI INCOMPIUTI '
SFIDE DELLA VITA
1. Il nuovo pensiero trinitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 347
2. Gi'ord Lectures a Edimburgo, 1985 '
Dio nella creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 359
3. La nostra lunga marcia verso la Cina, 1985 . . . . . . . . . . . 367
1. Di nuovo ospiti ad Atlanta 368
2. La Conferenza transcontinentale a New York,
St. Louis e San Francisco 371
3. Vacanza a Maui, Hawaii 374
4. Su e giù per la Cina ' 1986 e anni successivi 377
4. Quando uomo e donna parlano di Dio '
teologia insieme a Elisabeth . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 389
1. I genitori muoiono, i figli se ne vanno:
la casa si svuota 389
2. Ebbe inizio a Sheffield, 1981 393
5. Un nuovo amore per la vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404
1. Momenti culminanti di una vita 'dopo i sessanta' 405
a) Professore ospite alla Gregoriana 405
b) Teologia comprensibile a Sexau 406
c) Una conferenza di pace in America 407
d) Un «festival della creazione» a Washington 408
Indice 471
2. In India, terra di meraviglie 409
a) Kottayam e Madurai, Jaffna e Sri Lanka 409
b) Madras e i templi dell'India del Sud 411
c) Elephanta, Ajanta ed Ellora 412
d) Agra, Jaipur e Udaipur 414
e) Jodpur, Jaisalmer e di nuovo Udaipur 416
3. Una nuova teologia della vita 417
a) Dalla cristologia alla pneumatologia 417
b) Una cultura della vita 420
c) Spiritualità dei sensi vigili 421
d) Che cosa amo quando amo Dio' 422
e) Vie verso il movimento pentecostale 423
parte ottava
NELLA FINE ' L'INIZIO
1. Feste della fine e dell'inizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 429
1. La festa di pensionamento, 1994 430
2. «Come sono cambiato» ' Simposio teologico, 1996 433
3. Spazi di Dio ' spazi di vita:
festa per il settantacinquesimo compleanno a Bad Boll 437
2. Nuovi temi-chiave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 440
1. Nel mondo asiatico 440
2. Nella terra dei vulcani e delle lagune: Nicaragua 444
3. «Incontri dei sistematici» e dei buongustai a Tubinga,
amicizia con Hans Küng ed Eberhard Jüngel
in scambievole armonia 449
4. La compagnia del «Rainbow Bar» 453
Postfazione 459
Indice dei nomi 461
Qualche anno fa Riforma, il settimanale delle Chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi, pubblicò la notizia secondo la quale, a seguito di un sondaggio avvenuto in Germania, il teologo più famoso e più letto nella seconda metà del Novecento era Jürgen Moltmann. Cristiano riformato, pastore, teologo, conferenziere invitato in ogni angolo della Terra, Moltmann ha da sempre legato il suo fare teologia, la «disposizione individuale» del suo credere e pensare, alla propria biografia di tedesco nato nel 1926 ad Amburgo.
Di questo straordinario intreccio tra esperienze biografiche ed elaborazione teologica ne è una definitiva dimostrazione Vasto spazio. Storia di una vita, edito dalla Queriniana, storia di una vita scritta semplicemente «per la voglia di raccontare e il piacere di scrivere», che si legge con la stessa foga di un romanzo. Occasione ludica si potrebbe osare dire. Certamente è un lavoro esistenziale prima ancora che intellettuale tale da permettere di rivivere e soprattutto di ripensare il «secolo breve» con gli occhi di uno dei giganti della teologia contemporanea: a iniziare dalla descrizione di quella bizzarra comunità di uomini e donne sorta vicino a Buchenkamp. È qui, in questo insieme di «abitazioni » popolate da insegnanti, dalle loro famiglie, tutte appartenenti all’entusiasmo per la vita semplice che caratterizzò la fine degli anni Venti e l’inizio del decennio successivo, che mosse i primi passi il bambino Jürgen. I genitori, entrambi provenienti da famiglie protestanti, sono decisamente secolarizzati: Lessing, Goethe, lo stesso Nietzsche sono più letti della Bibbia. Jürgen è il primo dei figli, segue il padre con la vanga e il rastrello nel «lavoro domenicale» da svolgere nell’orto. Due massime il genitore trasmette al figlio, due traiettorie che lasceranno in lui una profonda impressione: la prima afferma che «la malattia è una questione di volontà», l’altra, ancor più incisiva per il suo successivo sviluppo intellettuale, lo invita a «prima pensare, poi parlare».
A 14 anni nella Germania nazista viene iscritto alla cavalleria della «Gioventù hitleriana »: l’esperienza trascorsa a marciare, correre al passo, dormire nella stessa tenda con dieci «camerati» rafforza in lui la certezza di non essere nato per fare massa. Specie per quel tipo di massa. In lui sorge un interesse per la fisica, forse per avere uno spazio tutto suo rispetto al padre, riconosciuta autorità in tedesco, latino e storia. Gli anni scorrono rotolando l’uno sull’altro e Jürgen, prima di potersi iscrivere all’università, viene arruolato nella Wehrmacht. Come addetto alla contraerea vive il drammatico bombardamento di Amburgo; un commilitone suo amico, che gli è accanto al momento dell’attacco, rimane ucciso. La domanda che si pone non è «perché Dio permette tutto questo?», ma «mio Dio, dove sei?», e, prima di tutto, «perché sono ancora in vita e non sono morto come il mio amico accanto a me?». Sente la colpa di chi è sopravvissuto a un massacro chiamato dagli Alleati «Operazione Gomorra»: per la prima volta nella sua vita Jürgen ha gridato a Dio, ha rimesso nelle sue mani la sua vita. È notte in quella Amburgo illuminata dai bagliori delle bombe, nella notte del suo animo «lux lucet in tenebris».
Nei successivi tre anni di prigionia trascorsi in Scozia, come viene narrato in modo incisivo, nasce nell’animo del futuro teologo il desiderio di conoscere la fede cristiana, s’interroga circa la presenza di Dio nella propria vita individuale e nella storia: si lascia interrogare dalle Scritture. Rientrato in Germania nel 1948 si iscrive presso la Facoltà teologica dell’Università di Gottinga, sente la vocazione di diventare pastore evangelico pur non avendo alle spalle né un’educazione ecclesiastica, né tanto meno una famiglia che frequenta la Chiesa in modo abituale. Gottinga, però, non è solo il luogo della sua formazione teologica, è il luogo dove incontra una studentessa che sarà per lui moglie, amica, insostituibile partner nell’avventuroso itinerario teologico che sta per intraprendere. Sono anni decisivi, conosce teologi che lo forgeranno. Sono ritratti vivi quelli che emergono dalle pagine di Vasto spazio, come quello di Otto Weber, discepolo di Karl Barth, la cui opera sui fondamenti della fede evangelica sarà per lui la bussola da tenere sempre presente ogniqualvolta ne ravvede la necessità, o come quell’esponente della Chiesa confessante quale è Hans Joachim Iwand.
Nominato pastore presso la comunità di Bremen-Wassehost, Moltmann ha modo di vivere, nell’esperienza quotidiana, le esigenze spirituali della «gente comune», dell’uomo di strada che passa in quel preciso istante sotto le finestre della sua Chiesa: persone anonime che hanno vissuto gli anni devastanti della guerra e le conseguenze che ne sono derivate. È la cosiddetta «teologia del popolo», che tanta parte avrà nella sua produzione teologica. Jürgen non resterà mai legato a quel paradigma di teologo cattedratico che opera una cesura irrimediabile tra quanto detto nelle aule e quanto dichiarato dal pulpito. Forse, il fatto di essere considerato il teologo più famoso e più letto nella seconda metà del Novecento nasce proprio da questa predisposizione, certamente innata, che col tempo, con l’esperienza, ha affinato. In fondo i tre libri che lo hanno imposto a livello internazionale, La teologia della speranza (1958), Il Dio crocifisso (1972), La Chiesa nella forza dello Spirito (1975), hanno in quelle esigenze spirituali della «gente comune», sia essa degli anni Quaranta o degli anni Settanta del secolo scorso, l’autentica costante di riferimento.
Decisivi restano due incontri. Con l’esegeta Käsemann, con la sua apocalittica che pone la questione centrale della signoria di Dio nel mondo con tutta la problematica, drammaticamente politica, dell’escatologia che ne consegue. Ma ancor di più con il filosofo ebreo e marxista Ernst Bloch, «ateo per amore di Dio», autore di uno dei testi cardine del Novecento, Il principio speranza. Letto durante un periodo di vacanza sulle montagne svizzere, completamente ignorate a causa del libro stesso, l’opera lo invita a un viaggio nel continente speranza, quel continente definito dallo stesso Bloch come il «luogo del mondo abitato quanto il paese più civilizzato, e inesplorato quanto l’Antartide». In breve, sia Käsemann sia Bloch sono l’occasione per porre al centro della sua riflessione un paradigma teologico secondo il quale «l’escatologia non dovrebbe costituire la fine, ma il principio».
Sono gli anni Sessanta con il loro clima di aperture sino a pochi anni prima semplicemente impensabili: sono gli anni dell’evento per eccellenza, il concilio Vaticano II. La teologia della speranza di Moltmann si pone come critica a un entusiasmo politico-tecnico tipico di quegli anni. Adattandola a una prospettiva sistematica, la speranza del teologo tedesco si richiama alla scoperta esegetica della giustificazione del peccatore, intesa come radicale sconfitta del peccato, di Käsemann. Sconfitta, dunque, del male che incatena la storia da parte di Dio che, con la sua vittoria, instaura su di essa la propria signoria. È da questa scoperta che si dipana l’intera esistenza di Moltmann. In Vasto spazio egli indugia non solo a tratteggiare uomini, incontri avvenuti in tutti i continenti, ma illustra anche come sia riuscito a evitare il pericolo di restare prigioniero di una teologia eurocentrica. Consapevole di una voluta contaminatio con altre esperienze religiose, teologo all’ombra della croce, visceralmente appassionato di teologia come testimoniano i suoi Contributi sistematici, Moltmann conclude, e non poteva essere diversamente, la sua autobiografia con una citazione tratta dal salmo 30,9: «Hai guidato i miei passi nel vasto spazio». Vasto spazio che attende chiunque si dichiari cristiano.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 20 del 2009
(http://www.ilregno.it)
Uscita in Germania nel 2006, giusto per festeggiare il suo 80o compleanno, l’autobiografia di Moltmann è uno di quei libri che si leggono d’un fiato, nonostante la discreta lunghezza di queste moderne Retractationes. È veramente tuttto il percorso della teologia nel secolo XX che ci viene presentata attraverso l’esperienza e la prospettiva di un teologo che si è inserito man mano in una rete sempre più vasta di contatti internazionali, tanto da poterlo considerare un maestro ascoltato, letto e studiato in tutti i continenti, un teologo «cittadino del mondo», che giunge perfino a dichiararsi «cattolico», anche se non romano! (p. 406: «Pensavo spesso che non posso diventare romano nel senso vaticano, eppure sono cattolico»).
Interessanti sono anzitutto i ricordi della sua infanzia: risalta il profilo del nonno Johannes, morto nel 1910, ma sempre presente con la sua ispirazione di ricerca per la verità, sia pure impregnata di illuminismo; vivace e tenera è la ricostruzione dell’insediamento alla periferia di Amburgo, dove insegnanti e artisti avevano creato una piccola comunità di persone libere e anticonformiste; emergono figure ammirate, come il padre e la nonna materna, l’attaccamento alla madre (una di quelle donne sopra le quali «il cielo si schiarisce sempre un pochino, ovunque lei andasse»), il rifiuto spontaneo dell’ideologia e delle cerimonie naziste. Con grande sincerità, Moltmann riconosce di non essere stato un bravo scolaro e inoltre di aver avuto una formazione religiosa lacunosa, tanto che mai avrebbe pensato o sognato di scoprire la sua vocazione all’interno della chiesa riformata. Drammatica fu per il giovane Moltmann l’esperienza della guerra: arruolato nel 1943 e destinato alla difesa contraerea della città, dovette subire lo spaventoso bombardamento di Amburgo e scampò miracolosamente alla morte quando la sua batteria fu colpita da un potente esplosivo che dilaniò orribilmente il suo amico Gerhard Schopper. Fu in quel momento che per la prima volta il nostro futuro teologo gridò a Dio: dove sei? «Sapevo che il senso di quel mio essere ancora in vita doveva esistere. In quella notte mi misi alla ricerca di Dio» (p. 25).
Dopo questa prova terribile, dal 1944 al febbraio 1945 Moltmann dovette continuare a combattere nell’esercito tedesco: confessa di aver subito sempre gli spari altrui, ma di non essere mai arrivato a sparare; e fu un bene. Fatto prigioniero dagli inglesi, per quasi tre anni rimase in Inghilterra, facendo i più disparati lavori, e fu qui che avvenne il suo incontro con la Bibbia e con Cristo, visto come «fratello nella sofferenza e compagno di viaggio nella terra della libertà» (p. 40): questa comunione con Gesù, iniziata in un campo di prigionia, non «mi ha più lasciato, è diventata sempre più forte in me» (ivi). Come si vede, in queste esperienze giovanili c’è in nuce tutta una serie di temi che più tardi formeranno la trama delle sue grandi opere. «Sono sicuro che Gesù, allora nel 1945, là in quel campo di prigionia scozzese mi abbia cercato e trovato nel buco nero della mia anima. “Veniva a cercare quel che è perduto”, così venne da me quand’ero perso» (p. 40). La prigionia inglese fu in un certo senso la salvezza per Moltmann: poté riprendere gli studi al Norton Camp, superare l’esame di maturità e frequentare i primi corsi di teologia, dato che voleva diventare pastore: «Ci veniva dato quel che non avevamo meritato, e vivevamo di una pienezza interiore che non ci saremmo mai aspettati» (p. 43).
Mi sono dilungato su questa prima parte della «storia di una vita», perché meno nota e perché la gioventù di un uomo ha sempre qualcosa di profetico e di speciale. Ovviamente non si vuol togliere nulla all’importanza degli anni di tirocinio e di studio accademico a Göttingen (1948-1952), nonché all’esperienza pastorale a Wasserhorst, nei pressi di Brema (1953-1958). Per quanto riguarda invece gli inizi dell’attività accademica, dapprima a Wuppertal (1958-1964), a Bonn (1964-1967) e infine a Tubinga (1967-1994), sono fondamentali le parti terza, quarta e quinta, che mostrano la genesi della «teologia della speranza», l’influsso e i rapporti con la «teologia politica» e il dialogo cristiano-marxista. Straordinaria appare la capacità di Moltmann nel tessere rapporti con teologi di ogni parte del mondo, fino all’Australia e alla Corea, senza trascurare l’America Latina, il Sud Africa e gli Stati Uniti.
Nella parte sesta, Moltmann ripercorre lo sviluppo della sua riflessione attorno al «Dio crocifisso» e alla «chiesa nella forza dello Spirito», nonché il dialogo profondo con l’ebraismo, non disgiunto da crisi e accuse, di cui dà ragione, respingendo interpretazioni errate del proprio pensiero (pp. 323-343).
Le ultime due parti, settima e ottava, mostrano ancora l’entusiasmo giovanile e l’attenzione vigile di chi ha già superato la frontiera dei 60 anni, ma continua a interrogarsi sulla vita e sul mondo, andando in Cina e in India, rileggendo Agostino e frequentando il risveglio pentecostale. Simpatiche infine sono le memorie della cerchia dei teologi «buongustai» a Tubinga, tra cui Küng e Jüngel, che ci rivelano l’umanità di personaggi altrimenti immaginati come intellettuali lontani dalla vita quotidiana e dalle necessità dei comuni mortali. Nella postfazione, troviamo nuovamente ripetuta l’affermazione circa il punto di partenza della sua ricerca teologica: «Sono certo», egli dice che «tutto quello che ho iniziato nella mia vita è stato il tentativo di rispondere a questa domanda esistenziale: perché sono rimasto in vita e non sono morto come gli altri?» (p. 459). La conclusione che Moltmann trae da tutto il corso della sua vita, può essere anche per noi lettori un augurio e una speranza: «Dopo quelle prime esperienze di morte, la vita per me è sempre stata un’alternativa meravigliosa e ogni mattina è stata una benvenuta sorpresa».
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 169 (1/2009)
(http://www.credereoggi.it)
Pur discretamente impegnativo lungo le quasi cinquecento pagine, quest’ultimo volume del teologo riformato tedesco lo si legge d’un fiato, come un romanzo autobiografico coinvolgente: anche la vita di un teologo può concretizzarsi in un’avventura, ricamata da contatti stimolanti a 360 gradi, realizzata in una miriade di viaggi, lezioni e conferenze, preziose occasioni per accostare interlocutori in tutto il mondo: appunto il ‘vasto spazio’ di cui parla il titolo del volume. L’a. stesso riconosce la sua «vita multiforme e di tanto in tanto anche caotica» (p. 247): di essa deve aver conservato documentazione ampia e precisa nelle agende, riprese come base per una narrazione a tratti briosa e sempre arricchente per il lettore. La stessa produzione teologica dei vari volumi scritti da Moltmann si inserisce sinteticamente nella trama dell’avventura, al punto che al lettore risulta facile intuire un ulteriore ‘vasto spazio’, spirituale, coincidente con il progressivo maturare dell’itinerario teologico del pensatore di Tubinga. Quasi invito del nonno a proseguire l’avventura, significativamente l’autobiografia di Moltmann è dedicata ai cinque nipoti.
Otto capitoli scandiscono i passaggi principali della vita e dell’opera di Moltmann. Con humor le prime pagine narrano i ricordi dell’infanzia nel Nord della Germania (Amburgo è la città natale), in cui l’a. si scopre un sognatore, estraneo alla vita della chiesa, ma improvvisamente risvegliato e segnato in profondità dalla guerra, dai bombardamenti e poi, giovanissimo, per più di cinque anni dalla vita militare in caserme, campi, trincee e bunker: tre di quegli anni li passa in Scozia come prigioniero. Ma l’a. confessa: «Quel che all’inizio sembrava un destino atroce diventò una benedizione immeritata» (p. 45), per la riscoperta spirituale del volto nascosto di Dio dentro la tragedia della guerra, per la preziosa amicizia con famiglie scozzesi contro la depressione di un’anima giovane terribilmente ferita e per l’apprendimento linguistico dell’inglese, che diventerà tramite indispensabile per comunicare ovunque la propria successiva riflessione su Dio.
Dopo il ritorno dalla prigionia, Moltmann nel 1948 diventa studente di teologia a Göttingen: decide della sua vita l’incontro con un primo padre intellettuale e poi con altri bravi docenti, ascoltati assieme a Elisabeth Wendel, che dopo il dottorato di ambedue diventerà sua moglie (sempre nominata con affettuoso rispetto e profonda stima). Per cinque anni la comunità di Wasserhorst (Brema) lo accoglierà come pastore, insegnandogli la teologia del popolo, ma insieme permettendogli di proseguire gli studi accademici e di ricevere nel febbraio del 1957 l’abilitazione a Göttingen dal decano J. Jeremias.
Gli inizi dell’insegnamento accademico a Wuppertal e successivamente a Bonn sono segnati da incisive amicizie con colleghi, da incontri (particolarmente significativo quello con Ernst Bloch) e dalle prime pubblicazioni, senza dimenticare l’impegno extrateologico per la riconciliazione della Germania con la Polonia, per il movimento ecumenico (Moltman lavorerà per vent’anni nella Commissione ‘Fede e Costituzione’ di Ginevra), persino nel dialogo della teologia con la medicina.
Nella prima metà degli anni Sessanta la Teologia della speranza esplode letteralmente (cf. p. 124) come tema e come libro, in sintonia con il Vaticano II cattolico e con il sogno americano di Martin Luther King: l’a. ne richiama in sintesi i tre concetti chiave e ne ricorda la fortuna anche in Italia dove ricevette il premio ‘Isola d’Elba’. In tale contesto il dialogo cristiano-marxista trova in Moltmann un teorico della convergenza, mentre in America il libro è risposta ad una vibrante attesa e trova terreno adatto per inviti, conferenze e aperture affascinanti.
Gli anni irrequieti ’68-’72 trovano Moltmann docente a Tubinga, impegnato nella teologia politica, in un nuovo esordio di insegnamento per cui sarà salutato come un «padre svevo» (p.193) tra molti colleghi docenti. Cominciano i viaggi a raggio mondiale, con un ritorno in America, in Polonia e a Roma, ma con puntate impegnative verso l’Estremo Oriente: a Bangkok per la conferenza mondiale delle missioni, in Australia, nelle Filippine, a Singapore e in Corea (terra di speranza e di lacrime, dove il teologo ormai stabilmente tubinghese ritornerà sette volte).
Il Dio crocifisso punta ad un nuovo pensiero trinitario nel segno della croce: Auschwitz rimane tragedia sempre aperta che tocca non solo il popolo tedesco ma raggiunge le profondità del mistero di Dio Trinità santa; la ‘apatia’ di aristotelica memoria non può coniugarsi con il Dio d’amore, che proprio per amore può soffrire (cf. p. 237). L’ampliamento di orizzonti teologici porta Moltmann a scrivere La Chiesa nella forza dello Spirito, per sottolineare con simpatia la chiesa di popolo (óchlos), di poveri, di disabili e orientando da subito le confessioni cristiane a un’unica eucaristia: vi si apprezza anche un orientamento all’ecologia fino a sfociare nella mistica. Il sentirsi ‘cittadino del mondo’ (p. 268) invita il teologo a sobbarcarsi tre faticosi viaggi in Nordamerica, in America Latina e in Sudafrica, viaggi che stimolano riflessioni nuove.
Il lungo racconto di viaggi può far pensare a un docente turista. Moltmann a questo punto sente di dover difendere il suo posto e descrivere puntualmente il suo lavoro a Tubinga, valorizzato in pieno nel proprio ‘quotidiano’ universitario fatto di lezioni, seminari, incontri accademici, rallegrato da una vita familiare con quattro figlie. Gli impegni accademici riusciti aggiungono responsabilità direzionali in riviste evangeliche, nella rivista cattolica «Concilium» particolarmente apprezzata da Moltmann (cf. pp. 304-308), nel dialogo non ufficiale ebraico-cristiano.
Dopo il 1985 Moltmann avverte che le molteplici sfide della vita provocano a riconoscere che molti sono i ‘compimenti incompiuti’ della sua proposta teologica, particolarmente sulla fisionomia del Dio trinitario. Girando il mondo fino alla Cina scopre una nuova spiritualità dei sensi e del corpo, specie quando uomo e donna insieme parlano di Dio; l’ammirazione per l’India più volte visitata sfiora l’incanto artistico e spirituale; il movimento pentecostale invita a una nuova teologia della vita coniugando insieme Spirito santo e cristologia. La gioia della vita si prolunga dentro e oltre le feste del pensionamento nel 1994, ravvivando temi fondamentali tuttora interessanti e talora suggeriti dal confronto con il mondo asiatico più volto rivisitato.
Nelle 471 pagine Moltmann si rivela un teologo simpaticamente ecumenico: si confessa cattolico nel senso etimologico, anche se non romano. Ammira la chiesa di Roma, ma non se ne sente attratto. Ha coltivato profonde amicizie cattoliche, ha tenuto corsi all’Università Gregoriana, ma non apprezza certe rigidezze romane: anche la breve udienza con papa Paolo VI e il ricordo del prof. Ratzinger a Tubinga (cf. l’episodio di pp. 200-201) non hanno lasciato impronte luminose nella sua sensibilità. Tuttavia anche il lettore cattolico trova intenso arricchimento nel percorrere l’avventura teologica di Moltmann: chi ha l’età di chi scrive questa scheda, ripercorre in qualche modo nelle pagine del volume il proprio sentiero dal concilio Vaticano II in poi, facendo memoria di tanti nomi, di tante prospettive e di alcune speranze che hanno incoraggiato e motivato un buon tratto di esistenza in lumine fidei. La Postfazione del volume dà infine il sigillo alla serietà della riflessione teologica di Moltmann: oltre ai cordiali ringraziamenti e ai ricordi l’a. ripropone la domanda giovanile che dalla tragedia della guerra ha attraversato tutta la sua esistenza e provocato la sua teologia: «perché sono rimasto in vita e non sono morto come gli altri?»; conclude con un atto di fede rileggendo nella luce della Pasqua il Salmo 31,9 «Hai guidato i miei passi nel vasto spazio».
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)