Tommaso, l'altro vangelo
(Books)EAN 9788839928658
Indice
Prefazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Introduzione: La ricerca del Vangelo di Tommaso storico . . 9
parte prima
QUELLO CHE SI DICE SUL VANGELO DI TOMMASO
1. La comunità di Tommaso in movimento:
Stephen J. Patterson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2. La comunità di Tommaso in fuga:
Elaine Pagels . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
3. La comunità di Tommaso in viaggio:
April D. DeConick . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
parte seconda
QUELLO CHE SI DOVREBBE DIRE
SUL VANGELO DI TOMMASO
4. Il Vangelo di Tommaso siriaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
5. La s'da alla linea apostolica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
6. Il Gesù del Vangelo di Tommaso:
un cambiamento estremo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
Bibliogra'a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197
Abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215
Indice delle fonti antiche e bibliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218
Indice degli argomenti e degli autori moderni . . . . . . . . . . . . 224
Si sa che il cosiddetto «Vangelo di Tommaso», documento trovato nella Biblioteca di Nag Hammadi scoperta in un giorno dell'inverno del 1945 da contadini egiziani per caso, scritto in copto (ma originariamente in greco o addirittura in siriaco come sostiene questo a.) e pubblicato nel 1959, contiene 114 detti di Gesú, tutti introdotti dalla frase «Gesú disse». Tale apocrifo è divenuto famoso recentemente per l'importanza esagerata che gli è stata assegnata dal gruppo americano del Jesus Seminar (Funk, Crossan, Petterson e altri) come fonte primaria per la ricerca del Gesú storico. Secondo loro, mentre la redazione è del II secolo, la tradizione originaria risalirebbe al I secolo e sarebbe contemporanea ai vangeli sinottici. A parte, secondo me, il titolo non pertinente di «Vangelo» perché si pensa al genere letterario dei «Vangeli canonici» che raccontano la storia di Gesú, mentre qui abbiano solo la tradizione di un suo ipotetico insegnamento, la pretesa di questi studiosi è assolutamente inconsistente e inconsistente è anche l'immagine di un Gesú sapiente privato dell'orizzonte escatologico del Regno di Dio, essenziale per comprendere la sua figura e la sua vicenda storica.
E tuttavia è interessante per altro verso lo studio appassionato di questo documento, perché permette di documentare un tratto della storia del cristianesimo del II secolo di importanza straordinaria per il conflitto fra eresie e fede ortodossa, ben documentato da Ireneo di Lione verso la fine del II secolo. È su questo secondo versante che interessa la monografia di Perrin che propone una tesi tutta sua, rivoluzionaria rispetto all'opinione comune e, a mio avviso, ben argomentata. Perciò mi permetto di esporla con un po' di ampiezza, soprattutto nelle sue conclusioni. L'opera è divisa in due parti, precedute da una introduzione sulla ricerca del Vangelo di Tommaso storico, cioè collocato all'interno della storia ossia dell'ambiente storico culturale in cui è nato. La prima parte fa una presentazione critica delle tre recenti monografie scientifiche più importanti sull'argomento rispettivamente di Stephen J. Patterson (La comunità di Tommaso in movimento), di Elaine Pagels (La comunità di Tommaso in fuga) e di April D. DeConick, la più elogiata (La comunità di Tommaso in viaggio). Passa quindi alla sua proposta nella seconda parte dal titolo «Quello che si dovrebbe dire sul Vangelo di Tommaso».
Riassumo la sua tesi e la sua argomentazione che mi sembra seria e ben fondata. La sua tesi è che il Vangelo di Tommaso sia stato scritto originariamente in siriaco ad Edessa di Siria dopo il Diatessaron di Taziano quindi nella seconda metà del II secolo; e solo dopo sia stato tradotto in greco (si hanno infatti dei frammenti) e quindi in copto. I quattro argomenti addotti rimandano tutti all'autore del Diatessaron e del Discorso ai Greci, cioè a Taziano come a fonte di ispirazione di Tommaso. E le migliori prove per la lingua originale siriaca e per le pratiche ascetiche (capo 4), per le riflessioni ermeneutiche opposte ai cristiani matteani e petrini (cap. 5) e per l'ermetismo (capo 6)- tutte le strade portano ad Edessa verso la fine del II secolo. Solo questo paradigma corrisponderebbe al contenuto e alla intenzionalità di Tommaso.
Ed ecco i sette punti sostenuti nel corso dell'opera: 1/ La differenza di sequenza di Tommaso con quella dei vangeli sinottici si spiega meglio con la dipendenza in primo luogo dal Diatessaron. È l'armonia di Taziano che sta alla base di questo vangelo, non i singoli vangeli greci che costituiscono l'armonia (si veda il convincente confronto di Tom 86 con Mt 8,20/Lc 9,50 e il parallelo nel Diatessaron, a p. 119). Ma il fattore più importante per la sequenza dei detti emerge dalla predisposizione del redattore per le parole gancio. I detti vengono risistemati per sviluppare i loro legami verbali. «Il carattere siriaco di Tommaso è confermato dall'attività redazionale, dalle differenze fra le recensioni copta e greca, e, cosa più importante di tutte, dalla ripetizione di coppie di gancio che valgono solo in siriano» (corsivo mio). Per respingere la tesi siriaca bisognerebbe spiegare questo dato, evidente se si ammette l'originale siriaco (anche se non lo possediamo che nei frammenti del commento di Efrem). 2/ Perché la collezione copta dei detti mette tanto in evidenza l'ascetismo? Gli autori del Diatessaron e del Vangelo di Tommaso condividono e raccomandano identiche pratiche ascetiche: evitare l'intimità sessuale (fuori e dentro il matrimonio), la rinuncia alle proprietà personali e un rigoroso vegetarianismo. La difficoltà di collegare Tommaso a Gesú e al suo movimento consiste nel fatto che i discepoli di Gesú erano normalmente sposati (1Cor 7,10s; 9,5; At 18,26 ecc.), avevano proprietà (Lc 8,3; 10,38; Gv 21,1-3 ecc. ) e mangiavano un vitello grasso (Lc 15,23.27; At 10, 9-15; Rm 14,6) Gesú stesso approvava il matrimonio e la proprietà. Era regolarmente ospite a pranzo. Le pratiche della comunità di Tommaso che si possono dedurre dal testo «coincidono a puntino con Taziano». Non è possibile d'altronde pensare che Taziano abbia ereditato le sue idee dal Vangelo di Tommaso, perché si convertì fuori della sua nativa Siria, a Roma come discepolo di Gisutinmo, e non vi ritornò se non alcuni mesi prima di iniziare il Diatessaron, pieno di teologia tazianica. La migliore soluzione è che Taziano abbia preceduto Tommaso. 3/ L'uso di immagini legate alla creazione in Tommaso segnalato dalla Pagels, si spiega meglio con un'escatologia ripresa da Taziano. Per gli ebrei e anche per gli antichi cristiani la protologia era in un certo senso anche escatologia perché tutti (da Isaia a Taziano stesso) cercavano di tornare all'Eden, cioè alla nuova creazione. Ma, mentre per Isaia la nuova creazione era la realizzazione della promessa del Signore e per Paolo la risurrezione di Gesú, che rivelava la sua potenza mediante la chiesa, i cristiani di Tommaso vedevano le cose in modo diverso. Per loro la nuova creazione non era qualcosa di obiettivamente ottenuto mediante Cristo, ma qualcosa che si realizzava soggettivamente mediante l'imitazione individuale di Gesú. Solo dopo essere diventati come Gesú, ci si poteva attendere che lo Spirito venisse e abitasse nel tempio del suo corpo, e così iniziava la nuova creazione. Tra i cristiani ortodossi e i cristiani di Tommaso la salvezza era concepita in modo diverso. Mentre i credenti ortodossi concepivano la nuova creazione come una realtà oggettiva e corporea, manifesta nel presente ma in attesa di un suo compimento nel futuro, i cristiani di Tommaso invece comprendevano la nuova creazione come pienamente disponibile al presente. Essi potevano credere in un paradiso qui ed ora, di fronte a un mondo imperfetto, perché intendevano la salvezza come un'esperienza strettamente soggettiva. 4/ Questa esperienza della nuova creazione derivava solo dall'imitazione di Gesú coronato da successo, cioè dal divenire gemello di Gesú come Tommaso (che significa «gemello»). La comunità cristiana tommasiana accoglieva così il collegamento tradizionale fra Tommaso ed Edessa (Tommaso era infatti forse il primo apostolo giunto ad Edessa). Questa loro dottrina esperienziale e soggettiva era in contrasto con i cristiani ortodossi di Edessa. Emarginati, interpretarono tale emarginazione causata dall'essere dotati di una conoscenza speciale. 5/ La diversità del materiale di Tommaso può essere spiegato in analogia con gli Oracoli sibillini e specificamente con la letteratura ermetica. Proprio come la confluenza di idee differenti proveniente da ambienti diversi nella bocca del veggente attesta l'ampiezza di vedute e l'autorità della figura del rivelatore, così anche Tommaso fu assai attento a rendere Gesú portavoce di ogni sorta di sapienza. Se Gesú era il nuovo Ermete, le sue affermazioni avrebbero dovuto riflettere la stessa varietà filosofica che caratterizzava l'ermetismo. 6/ Questo sesto punto mi sembra uno dei più importanti insieme al primo. Perciò lo riporto alla lettera: «Dato che la collezione ermetica dei detti era effettuata con pochissima preoccupazione quanto all'autenticità della fonte di quei detti, abbiamo anche una spiegazione del perché detti che manifestamente non sono del Signore sono attribuiti al maestro Gesú (corsivo mio). Certo, la comunità di Tommaso mette le parole sulla bocca del suo Gesú. Ma il suo Gesú non è in alcun modo il Gesú storico (corsivo mio): il suo Gesú è insieme l'Adamo giudaico e il Thoth egiziano (Ermete Dio della rivelazione salvifica). Proprio la circostanza che Taziano desiderasse dare ai siriani un vangelo nella loro lingua - il che implica...un certo orientamento missionario - rende del tutto plausibile la sua approssimazione all'idea di Giustino di Cristo come Ermete - di fatto la migliore spiegazione». 7/ La tesi è dimostrata infine con il principio della economicità di ipotesi. Infatti questa spiegazione non richiede una complessa periodizzazione né molteplici strati di composizione né stratificazioni di comunità. «Il Vangelo di Tommaso era un testo siriaco, scritto nell'ultimo quarto del II secolo da un redattore attento, che sistemò il suo materiale largamente sulla base di connessione mediante parole gancio (in siriaco). Per quanto riguarda le sue fonti, attinse in primo luogo al Diatessaron di Taziano, ma attinse indubbiamente anche al suo ricordo di un certo numero di tradizioni orali o scritte. Non si può escludere che il Vangelo di Tommaso conservi detti autentici di Gesú; il fatto è che, dato l'arco di tempo di 140 anni dalla morte di Gesú, sarebbe estremamente difficile da provare».
Il Vangelo di Tommaso fu usato in comunità encratite ed ermetiche, staccate dalla chiesa ortodossa e continuò ad essere usato tra i manichei stanziati nella Siria, che condividevano la sua eliminazione degli elementi ebraici dal cristianesimo. In conclusione questo cosiddetto «Vangelo» fu rigettato dalla grande Chiesa e sopravvisse in gruppi particolari non perché fosse «diverso» ma perché era troppo poco diverso, cioè controculturale come lo era invece il Gesú di Matteo e di Simon Pietro che questo vangelo encratita rifiuta.
Spero che questa tesi di Perrin venga accolta dalla comunità scientifica e che faccia piazza pulita di tante elaborate e fantasiose teorie che vorrebbero considerare il Vangelo di Tommaso fonte altrettanto valida, se non di più, dei Vangeli sinottici per una storia di Gesú.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Recuperato fortunosamente a Nag Hammadi alcuni decenni fa, il Vangelo di Tommaso è considerato fra i più antichi e autorevoli apocrifi. L’a. affronta in forma piana l’insieme dei complessi problemi d’attribuzione del testo collocandolo storicamente nell’ultima parte del II sec. in un contesto siriano e con una teologia di tipo encratico proveniente da Taziano. Espressione di una comunità cristiana attiva fin dall’origine che si riferiva a Cristo non come a un salvatore, ma come a colui che può mostrare come essere salvati. Senza per questo escludere che nel testo siano sopravvissuti detti autentici di Gesù, direttamente riferibili alle tradizioni orali della primitiva comunità. Testo divulgativo e rigoroso che si raccomanda in un clima di abbacinamenti filo-aprocrifi.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 8
(http://www.ilregno.it)
Tra gli apocrifi del Nuovo Testamento, il cosiddetto Vangelo di Tommaso è forse uno dei più conosciuti anche fuori dell’ambito scientifico. Molto diffuso nel III secolo d.C. e poi scomparso dalla circolazione, ritrovato nel 1945 a Nag Hammadi in Egitto, oggi è l’emblema, il simbolo di quanti sostengono che i quattro Vangeli siano solo l’espressione di una parte della chiesa delle origini, quella più forte, che si è imposta e ha annullato tutte le altre espressioni della fede in Gesù. Nel 1999 era uscito perfino un film, Stigmata (in italiano Stigmate), tutto incentrato su questo scritto. La morale di tanta eco mediatica attorno agli apocrifi riscoperti di recente (come non ricordare gli scritti legati a Maria Maddalena ne Il codice da Vinci o il rinato Vangelo di Giuda?) è sempre la stessa: la chiesa dovrebbe fare mea culpa per aver estromesso tali scritti dal suo credo.
La fama di cui gode indiscutibilmente il Vangelo di Tommaso ha spinto N. Perrin a scrivere il libro che qui presentiamo; anche se poi egli non perde tempo a confrontarsi con le banalizzazioni cinematografiche o con le discussioni da talk-show televisivo. Perrin si pone piuttosto in dialogo con gli autori che hanno affrontato scientificamente la questione (la bibliografia finale è ben fornita); nella prima parte del suo lavoro, dopo aver presentato i dati storici principali, fa una recensione dettagliata dei lavori di S.J. Patterson, E. Pagels, A.D. DeConick, mettendone in luce aspetti positivi e limiti.
Nella seconda parte del volume, invece, propone la sua ipotesi; partendo dal punto in comune ai vari autori (e cioè l’origine siriaca dello scritto, precisamente da collocare nella città di Edessa), giunge attraverso un’analisi dettagliata e ben documentata alla seguente conclusione: «Il Vangelo di Tommaso era un testo siriano, scritto nell’ultimo quarto del II secolo da un redattore attento che sistemò il suo materiale largamente sulla base di connessioni mediante parole gancio. Per quanto riguarda le fonti, Tommaso attinse in primo luogo al Diatesssaron di Taziano, ma attinse anche indiscutibilmente al suo ricordo di un certo numero di tradizioni orali e scritte. Non si può escludere che Tommaso conservi detti autentici di Gesù; il fatto è che, dato un arco di tempo di oltre 140 anni, questo sarebbe estremamente difficile da provare. Il nostro autore Tommaso fu ispirato non solo dall’armonia dei Vangeli di Taziano, ma anche dalla teologia encratita di Taziano, che considerava Gesù non come il salvatore, ma come colui che può mostrarci come essere salvati. Mediante l’astinenza e il vegetarianesimo, l’anima morale poteva aspirare a essere riunita allo Spirito divino» (pp. 192-193). Se a questo aggiungiamo che Tommaso sradica Gesù dal contesto ebraico (verso cui è molto critico) e lo avvicina all’ermetismo, capiamo perché non appena si diffuse (nel III secolo d.C. fu tradotto in greco, come dimostrano i frammenti di Ossirinco) le comunità cristiane non lo considerarono espressione della propria fede e lo emarginarono fino a farlo scomparire. L’autore è consapevole che la sua è solo una teoria: del resto i dati storici in nostro possesso non ci permettono di esprimere certezze (a tutt’oggi le scoperte di Nag Hammadi ci hanno restituito solo un’edizione in copto del IV secolo); però è una teoria che, a differenza di molte altre, riesce a tenere insieme un grande numero di dati evitando contraddizioni interne.
Ritorniamo, per concludere, alla provocazione iniziale: perché piace tanto, oggi, uno scritto come il cosiddetto Vangelo di Tommaso? Troviamo una risposta nelle ultime righe del volume di Perrin: «Forse la comunità originaria di Tommaso era contenta di avere un Gesù che poteva essere spogliato della sua storia ebraica e addomesticato al loro modo di vedere le cose (…). Forse la grande chiesa rigettò il Vangelo di Tommaso non perché fosse “altro”, ma perché non era abbastanza “altro”. Retrospettivamente, il Gesù di Matteo e di Simon Pietro (…) era molto più contro-culturale di quello le cui parole Giuda Didimo Tommaso afferma di conservare» (p. 196). In poche parole, piace perché dice quello che si vuol sentirsi dire, e non mette in discussione le proprie tesi.
Tratto dalla rivista "CredereOggi" n. 1 del 2010
(http://www.credereoggi.it)
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Padre Gabriele Blois, g.blois@yahoo.it il 15 aprile 2011 alle 02:47 ha scritto:
Senza dubbio è 1 libro di ottima qualità e con spunti interessanti,contiene informazioni molto importanti.
Salve.