Introduzione alla filosofia della religione
(Giornale di teologia)EAN 9788839908506
Indice
Introduzione: Religione e senso della vita . . . . . . . 5
1. Religione e scienza moderna . . . . . . . . . . . . . . . 11
1. Il nominalismo del mondo contemporaneo 14
2. a religione è stata superata
L
dalla scienza moderna' 19
2. Il vasto campo della filosofia della religione . . . 25
3. L'essenza della religione: un culto credente . . . . 33
1. Approcci essenzialisti e funzionalisti 35
2. Il carattere immemoriale del religioso 38
3. I due poli della religione 41
4. Un senso della vita tradotto da simboli 45
5. L'universalità della religione 47
4. Il mondo greco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
1. La 'religione' greca 51
163
2. I filosofi presocratici e la religione 55
3. Platone:
una religione diventata metafisica 58
4. La fondazione platonica della metafisica 60
5. a critica della tradizione mitica:
L
l'agathonizzazione del divino 66
6. Platone e la religione della città 69
7. ristotele: la razionalizzazione del divino
A
e della tradizione mitica 74
8. La metafisica dello spirito 76
9. La demitizzazione di Aristotele 79
9. o sviluppo della filosofia
L
della religione nell'ellenismo 80
5. Il mondo latino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
1. La religione, una parola latina 85
2. a religione secondo Cicerone:
L
da rileggere attentamente 87
3. Il legame religioso secondo Lattanzio 94
4. a sintesi del platonismo
L
e del cristianesimo in Agostino 96
6. Il mondo medievale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
1. Due fonti del sapere 103
2. a filosofia della religione
L
di Averroè e di Maimonide 106
3. a virtù di religione
L
secondo Tommaso d'Aquino 112
164 | Indice
7. Il mondo moderno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
1. Spinoza e la critica della Bibbia 121
2. La religione morale di Kant 125
3. 'intuizione dell'infinito
L
in Schleiermacher 132
4. a sistemazione filosofica della religione
L
in Schelling ed Hegel 135
5. Le critiche della religione dopo Hegel 138
6. Heidegger e la possibilità del sacro 144
Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
165
Ha un senso questa vita? Vi è in essa un’origine, una direzione, uno scopo? La religione è, nell’esperienza umana, una risposta alla questione del senso tra le «più forti, più antiche e più credute». Compito di una filosofia della religione è «meditare sul senso di questa risposta e sul posto che essa si assume nell’esistenza umana sia individuale sia collettiva ». Il vol., agile introduzione alla filosofia della religione, esibisce un impianto insolitamente «rovesciato»: dalle questioni più attuali e sistematiche, come la sfida della scienza moderna al religioso, all’analisi storica, che ripercorre le questioni fondamentali della disciplina dal mondo greco ad Heidegger.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 14
(http://www.ilregno.it)
L’A., professore di filosofia all'Università di Montréal in Canada, non è forse un nome particolarmente noto in Italia, soprattutto nell'ambito degli studi teologici, pur avendo al suo attivo un numero rilevante di opere, tradotte in molteplici lingue, dedicate prevalentemente al pensiero di Kant, di Gadamer e di Heidegger, alla fenomenologia e all’ermeneutica. Si deve segnalare in particolare la biografia intellettuale del suo maestro: Gadamer, tradotta pure in italiano (Gadamer. Una biografia, Bompiani, Milano 2004). Il volume che qui presentiamo, apparso in Canada nel 2009, si presenta come un'agile ed essenziale ma, nello stesso tempo, rigorosa e precisa ricostruzione del percorso storico della filosofia della religione e, più in generale del rapporto tra religione e filosofia, partendo dal mondo greco fino ai nostri giorni.
Gli autori che vengono presi in considerazione sono i grandi nomi della filosofia occidentale: Platone, Aristotele, Agostino, Tommaso d'Aquino, Spinoza, Kant, Schleiermacher, Hegel, Heidegger. Delle pagine interessanti sono pure dedicate ad una analisi della parola «religio» così come viene utilizzata nel mondo latino e ad una considerazione dei rapporti tra filosofia e religione nell'ambito del pensiero islamico (Averroè) e ebraico (Maimonide). Il prevalente taglio storico del volume non impedisce all'A. di presentare la sua posizione personale e le sue tesi. Il confronto che lo impegna maggiormente è quello con la scienza, dal momento che «se la religione si dice che ha perduto un po’ della sua evidenza, è perché la si misura con il metro di un sapere sperimentale e scientifico, quello che nei tempi moderni si è imposto come la via privilegiata, se non esclusiva, della verità, sapere al quale la religione non può davvero soddisfare , avendo origini molto più antiche della scienza» (pp. 11-12). L'imporsi di tale sapere viene ricondotto all'affermarsi, nell'ambito della filosofia occidentale, di un orizzonte di pensiero ben preciso: il nominalismo, «che attribuisce la priorità esclusiva dell'essere all'esistenza individuale e contingente» (p. 15).
Tale orientamento filosofico, nato originariamente per soddisfare un’esigenza di carattere teologico: la sottolineatura dell'assoluta onnipotenza di Dio, giunge ben presto ad affermare come esistenti unicamente gli enti individuali, materiali, percepibili nello spazio e nel tempo, mettendo in crisi l'antica concezione platonica che intendeva l'essere individuale come manifestazione dell'essenza. Dal momento che l’esistenza di Dio, pensata in un quadro nominalistico sullo stesso piano dell'esistenza di una formica o di una mela, appare come problematica, la conclusione non potrà che essere l’affermazione della sua non esistenza. Dio non esiste esattamente come non esiste Babbo Natale o il liocorno.
In questa rilettura storica viene ad assumere una notevole importanza la filosofia heideggeriana. Per Heidegger infatti l’«oblio dell’essere» e la perdita della dimensione del sacro sono la conseguenza inevitabile del nominalismo. Se tale diagnostica appare lungimirante, essa non riesce tuttavia a cogliere come la concezione platonica rappresenti «un potente contrappeso alla concezione nominalistica dell’essere» (p. 149). L’idea platonica infatti si lascia sì «vedere»; non tuttavia così come essa è «in sé», ma solo nelle sue manifestazioni sensibili. Per l’A. è solo nel contesto filosofico platonico, colto nella sua ispirazione di fondo, che la manifestazione del divino appare ancora pensabile. La religione infatti «sgorga essa stessa da un’esperienza dell'essere che nel mondo della vita riconosce delle manifestazioni dell'essenza divina» (p. 150).
La sua esperienza fondamentale è quella di un mondo che, nella manifestazione della sua bontà, della sua bellezza, della sua armonia, è di per sé sensato. Alla luce di questo percorso storico l'A. individua i tratti fondamentali che caratterizzano il rapporto tra la religione e la filosofia. Da una parte, la filosofia deve riconoscere il debito che essa ha nei suoi confronti, dal momento che la religione, con la sua sapienza, sempre la precede. Nello stesso tempo, il riconoscimento di tale debito non esclude il sorgere di un atteggiamento critico verso la religione, di cui la demitizzazione è l'espressione, che può essere così radicale da spingersi fino alla sua negazione. E tuttavia la religione continua «a ricordare alla filosofia il suo presupposto, quello del senso del mondo» (p.157). L’evidenza prima, precedente ogni critica, è infatti che il mondo che ci circonda e che suscita la nostra ammirazione, che ci attrae e ci affascina, è un mondo di per sé sensato. È tale evidenza del senso che la religione continua, ancora oggi, a testimoniare.
Questa saggezza antica della religione non può in alcun modo essere disdegnata dalla filosofia, anche perché il filosofo, grazie a quell'attitudine critica che lo caratterizza e che non può non esercitare pure nei confronti della stessa filosofia, è costretto inevitabilmente a porsi la domanda: «e se per caso ci fosse più saggezza nella religione che nella filosofia stessa?» (p. 9). Pur dedicato prevalentemente alla questione del rapporto tra religione e filosofia da un punto di vista storico, nel capitolo terzo viene pure affrontata la questione dell'essenza della religione, reagendo «all’atmosfera del tempo, nominalistica», alla quale «ripugna qualsiasi discorso riguardante l’essenza delle cose come se si trattasse di una sconcezza» (p. 33). Anche in questo caso la sua proposta appare interessante. Criticando ogni approccio puramente funzionalista, egli riconosce la presenza nella religione di due dimensioni che appaiono fondamentali e specifiche: il culto e la credenza. A partire da questa constatazione egli definisce la religione come «un culto credente che si traduce in simboli che riconoscono un senso al cosmo» (p. 48).
Il volume, pur presentandosi come una semplice introduzione alla filosofia della religione, si rivela interessante anche per chi ha una certa conoscenza di questa disciplina e suscita il desiderio che le posizioni dell'A. possano essere riprese, approfondite e sistematizzate all'interno di un lavoro dotato di un respiro più ampio.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2011
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
L’autore è professore di filosofia all’università di Montréal (Canada) e affronta in questo agile volume la questione fondamentale per ogni essere umano: «Perché si vive?». Ogni uomo è un filosofo senza saperlo, quando si pone tale domanda, e dal tentativo di rispondere a questo enigma nascono sia la filosofia, sia la religione. Ognuna delle due visioni, quella filosofica e quella religiosa, offrono prospettive e stimoli, ma in un certo senso la filosofia è una riflessione critica anche sulla religione. Sembra quasi che la ragione umana pretenda di dare una patente di autenticità alle affermazioni delle varie religioni circa il senso della vita umana, anche se, com’è noto, la religione nasce per prima e precede la filosofia.
Sotto questo profilo il volume di Grondin, dopo alcune premesse di metodo (cc. 1-3) in cui si afferma l’universalità del fatto religioso nelle varie culture, descrive il cammino compiuto dalla filosofia della religione nel mondo greco, in cui è nata, poi nel mondo latino e in quello medievale, fino a giungere al mondo moderno (cc. 4-7). Di quest’ultimo l’autore prende in considerazione quasi soltanto l’idealismo tedesco e le reazioni ad esso, fermandosi all’opera di Heidegger, che giudica la più importante analisi in vista di una rinnovata possibilità del sacro anche nella società contemporanea. Cerco qui di riassumere il succo delle argomentazioni del nostro autore, perché rispondono in modo egregio alle difficoltà che il credente incontra oggi nel mostrare la ragionevolezza della sua fede. Se filosofia nel suo significato etimologico è ricerca della saggezza, ne deriva che essa non può rifiutarsi di riconoscere che anche all’essenza della religione appartiene questa medesima tensione: la religione si propone appunto come via verso la felicità autentica, come risposta definitiva all’enigma della vita umana, che trova in Dio la sua origine e la sua meta. Bella la domanda: «E se per caso ci fosse più saggezza nella religione che nella filosofia stessa?» (p. 9).
Giustamente si deve tener conto che nel mondo attuale, le risposte della religione vengono a scontrarsi con una visione nominalistica dell’esistenza che attribuisce una priorità esclusiva all’essere contingente e nega la possibilità stessa di una ontologia. Per il mondo moderno e la sua visione «scientifica» non esistono più gli «universali», sono pure finzioni verbali. Qui è la radice anche del nuovo ateismo che si manifesta in forme aggressive e sprezzanti nei confronti di chi si ostina a credere in un Dio che sta prima e oltre questo mondo sensibile e sperimentabile. «Per una certa modernità, Dio non esiste o esiste solo a titolo di superstizione inventata dal cervello umano» (p. 17). Ma così facendo la scienza va oltre il suo ambito specifico, pretende di essere l’unica visione che interpreta la vita e il mondo.
D’altra parte la sopravvivenza della religione anche nel mondo attuale, nonostante sia stata dichiarata morta e superata più volte, almeno dal 1789 in poi, fa dubitare sul fatto che la scienza moderna abbia il carisma di predire il futuro. Al contrario l’universalità della religione (se ne contano 10 mila nel mondo) è un argomento che non può essere facilmente eluso: per lo meno attesta che da sempre e in ogni luogo gli uomini si interrogano sul senso ultimo della loro esistenza. Si è di fronte a un dilemma: o l’esistenza di «Dio rappresenta una delle migliori risposte alla questione filosofica sul perché c’è l’essere e non il nulla», oppure l’altra risposta consiste «nel dire che l’essere è nato dal caso» (p. 5). D’altra parte anche la critica più dirimente (Nietzsche, Freud, Dawkins), che si propone di salvare l’uomo liberandolo dalla religione, utilizza senza volerlo delle idee (salvezza, liberazione) che fanno parte essenziale del linguaggio religioso. Queste soluzioni che pretendono di essere del tutto razionali, sono in fondo «atti di fede» al rovescio. Decretare che il mondo così come si presenta è privo di senso, non è per nulla evidente di per sé; ritenere invece che il mondo attorno a noi sia di per sé sensato e che noi possiamo comprenderne le ragioni e ammirarne l’ordine misterioso che lo governa, è un atto del tutto razionale, che apre la strada alla fede religiosa nella sua molteplice espressione.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 6 del 2011
(http://www.credereoggi.it)
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