Le religioni e la ragione
-Il dibattito sul discorso del Papa a Ratisbona
(Giornale di teologia)EAN 9788839908346
Indice
Premessa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Uwe Justus Wenzel
Fede e ragione, superbia e astuzia.
Uno sguardo retrospettivo
al discorso di Ratisbona di papa Benedetto XVI 9
Aref Ali Nayed
Un commento islamico alla lezione
di papa Benedetto XVI a Ratisbona 15
Kurt Flasch
Sui padri della chiesa e su altri fondamentalisti.
Quanto è stato tollerante il cristianesimo,
quanto è pronto al dialogo il papa'
La chiave sta nella lezione di Ratisbona 47
157
Jürgen Habermas
La coscienza di ciò che manca.
Su fede e ragione
e il disfattismo della ragione moderna 57
Wolfgang Huber
Fede e ragione.
Una difesa del loro collegamento
in prospettiva evangelica 71
Cardinal Walter Kasper
Fede e ragione.
La discussione protestante sulla lezione
di papa Benedetto XVI a Ratisbona 87
Magnus Striet
Benedetto XVI, la modernità e la fede.
Note sulla lezione
di papa Benedetto XVI a Ratisbona 107
Knut Wenzel
Fede razionale.
Osservazioni sulla lezione
di papa Benedetto XVI a Ratisbona 127
Gli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
Le fonti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
158 | Indice
Il discorso tenuto dal Papa nell'Aula Magna dell'Università di Ratisbona il 12 settembre 2006 non è certamente stato un puro discorso di circostanza, né ha avuto un semplice carattere di rievocazione nostalgica di un felice periodo della sua vita passata.
Si è trattato piuttosto di una vera e propria lezione, nella quale, come spesso gli accade, egli ha rivestito ancora una volta i panni del professore di teologia, dell'intellettuale che propone delle tesi nettamente caratterizzate e che, su questa base, accetta di confrontarsi alla pari con i colleghi, in un atteggiamento di apertura e disponibilità al dialogo, secondo quello spirito, sottolineato dallo stesso Pontefice, che dovrebbe caratterizzare in maniera specifica l'Università, in quanto universitas scientiarum.
Tuttavia, anche quando parla da intellettuale e da teologo, Ratzinger non cessa evidentemente di essere Papa Benedetto XVI e le sue parole non possono non avere un considerevole peso «politico». Alla luce di tale considerazione diventa comprensibile la dura reazione di buona parte del mondo mussulmano di fronte alla citazione di una frase dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo, tratta da un dialogo, svoltosi verso la fine del XIV secolo tra lo stesso imperatore e un persiano colto sul rapporto tra cristianesimo e islam e sulla loro pretesa di verità. Tale citazione, in qualche modo avvallata dallo stesso Papa nel proseguo del suo discorso, sottolineava il carattere intrinsecamente violento dell'islam, dal momento che la sua concezione di Dio ne sottolinea a tal punto la trascendenza da sganciare la volontà divina da qualsiasi limite, anche da quei limiti che ap-paiono essere intrinseci alla ragione in quanto tale.
In realtà, il Papa-teologo, non intendeva tanto soffermarsi sul rapporto cristianesimo-islam, quanto piuttosto porre una questione più ampia: la questione del rapporto tra fede e ragione, tra religione e violenza e la possibilità, sulla base di questo rapporto, di pensare pure il rapporto delle religioni tra di loro. Tale questione poi trova una sua traduzione concreta e specifica nella questione del rapporto tra cristianesimo e modernità. Le stesse differenze tra le varie confessioni cristiane hanno un loro significativo (anche se non unico) fondamento nel diverso modo di valutare e di considerare la stessa modernità.
La grande eco che la lezione di Ratisbona ha avuto in tutto il mondo, le accese discussioni che essa ha provocato e l'importanza delle questioni affrontate, giustifica il volume che qui presentiamo, curato da Knut Wenzel, docente di teologia sistematica all'università di Francoforte. Esso raccoglie alcune delle principali prese di posizione nei confronti di tale lezione apparse in giornali e riveste, soprattutto nell'area linguistica tedesca, ad opera di significativi esponenti del mondo della cultura e della religione. Vi troviamo, ad esempio, il commento del mussulmano Aref Ali Nayed, consigliere del Cambridge Inter-faith Programme della facoltà di teologia dell'università di Cambridge, il quale, se da una parte sottolinea come la stessa storia del cristianesimo non sia stata esente dalla violenza e come anche all'interno dell'islam siano presenti correnti che esaltano il ruolo della ragione, dall'altra, mette in guardia lo stesso cristianesimo di fronte al pericolo di assolutizzare il rapporto con quella particolare configurazione storica della razionalità che ha trovato la sua espressione nella filosofia greca, assolutizzazione che rende il cristianesimo decisamente eurocentrico e che stabilisce la perfetta identità tra cultura europea e cristianesimo.
Un altro intervento di rilievo è quello di Wolfang Huber, vescovo evangelico di Berlino e presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca. Egli sottolinea come il rapporto tra fede e ragione non venga eluso all'interno della tradizione evangelica, anche se all'interno di una prospettiva che cerca di andare oltre la sintesi medievale, seguendo la strada «di un confronto tra la teologia e la scienza moderna nel suo carattere critico» (p. 72). Kant, Schleiermacher, von Harnack e Barth rappresentano altrettanti momenti fondamentali di questo confronto.
L'intervento di Jurgen Habermas rappresenta, nel volume, la prospettiva laica. Egli, da una parte, riconosce «che le esternazioni religiose possono dare un contributo significativo al chiarimento di questioni fondamentali controverse» (p. 67), ma, dall'altra, ritiene che la fede cristiana non possa più richiamarsi alla sintesi prodotta da Agostino fino a Tommaso con la metafisica greca, ma «debba venire a capo delle sfide poste dalla ragione moderna e quindi postmetafisica» (p. 68).
Il cardinale Walter Kasper, da parte cattolica, tenta di rispondere alle critiche venute da parte protestante. Egli, presentandosi, in un certo senso, come esegeta qualificato del discorso del Papa, mette in luce come egli abbia voluto evidenziare il pericolo che un certo modo, caratteristico della modernità, di concepire la fede, conduca ad una presa di congedo dalla ragione, andando così incontro a due rischi opposti e complementari: quello di una fede arbitraria, violenta, o comunque soggettiva ed individualista, e quello di una ragione «ridotta nell'ambito dell'empiricamente accertabile e dove sono trascurate le autentiche domande umane» (p. 98). Ciò non significa tuttavia che egli non avverta la necessità di un confronto e di un dialogo con la ragione moderna e post-moderna, senza nessuna nostalgia nei confronti di un passato ormai decisamente superato.
Come si vede, al di là del suo immediato clamore «politico», la lezione di Benedetto XVI a Ratisbona ha costituito una provocazione salutare, se non altro perchè ha suscitato un dibattito pubblico di notevole spessore attorno ad un tema di grande importanza: il rapporto della fede cri-stiana con le altre religioni e con la stessa cultura dell'Occidente secolarizzato. Il fatto che tale di-battito si sia svolto non sulla base di reciproci insulti e offese, ma utilizzando ragioni e argomenta-zioni, rivela che l'invito del Papa a ritrovare le fila di un rapporto autentico e corretto tra la fede e la ragione trova già in questo volume una sua pratica attuazione.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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