Teologia dell'amore
(Biblioteca di teologia contemporanea)EAN 9788839904591
Indice generale
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Capitolo 1
Orizzonti dell'amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
All you need is love! 9
Che cos'è l'amore' 10
Amore e differenza 12
Una teologia dell'amore 15
L'amore ha una storia 18
L'amore ha una collocazione sociale 19
L'amore e l'io incarnato 19
L'amore umano è sessuato 22
L'amore è erotico 23
Le reti dell'amore 28
L'amore come atteggiamento, emozione e relazione 30
La complessità dell'amore 32
Capitolo 2
Sfide bibliche alla teologia dell'amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
L'amore al centro 35
Ermeneutica dell'amore 36
L'amore di Dio e l'amore del prossimo 41
L'orizzonte mutevole dell'amore 46
Sfide bibliche alla teologia dell'amore 50
Capitolo 3
La teologia agostiniana dell'amore di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
Affrontare la teologia dell'amore di Agostino 57
L'approccio di Agostino alla sessualità e al matrimonio 59
La logica della teologia agostiniana dell'amore 64
316 Indice generale
Soggettività, azione e comunità 70
Intuizioni dalla teologia dell'amore di Agostino 75
Capitolo 4
Riscoprire il soggetto che ama . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
Contestualizzare l'amore e la soggettività 81
Il misticismo amoroso di Bernardo di Chiaravalle 85
La teologia sistematica dell'amore in Tommaso d'Aquino 92
L'amore cortese e i conflitti del desiderio 98
Le mistiche 106
L'approccio di Martin Lutero all'amore 113
L'amore e l'amore cristiano 119
Capitolo 5
L'amore come agape . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Separare l'amore divino e l'amore umano 121
La teologia dell'amore universale per il prossimo
di Søren Kierkegaard 122
La teologia dell'amore cristiano di Anders Nygren 129
La dottrina dell'amore in Karl Barth 137
La cristologia dell'amore in Eberhard Jüngel 145
Le dottrine cristiane dell'amore 150
Capitolo 6
L'unità di amore e desiderio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
Riscoprire l'amore umano 153
L'ontologia dell'amore di Paul Tillich 153
Le difese di Karl Rahner dell'unità dell'amore 161
Problematizzazioni e chiarificazioni filosofiche 171
La lettera enciclica di Benedetto XVI sull'amore cristiano 180
Affrontare l'amore come prassi 189
Capitolo 7
Le istituzioni dell'amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191
Amore e apprendimento 191
Le visioni cristiane della famiglia 193
Il potenziale del matrimonio cristiano 198
Amore e castità 218
Indice generale 317
Capitolo 8
La politica dell'amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225
Amicizia: amore personale e orizzonte eterno 225
La chiesa come istituzione dell'amore 236
Visioni cristiane della comunità globale 238
La dialettica di escatologia ed ecclesiologia 250
L'amore e la carità globale 254
Capitolo 9
L'amore di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261
Dio è amore 261
Amore divino e amore umano 264
Amore e salvezza 269
Amore e sessualità 272
Amore e perdono 274
L'amore nella creazione 277
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 302
Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 306
Pregio della nostra editoria cristiana è di tradurre molte opere da lingue straniere. Così, la celebre “Biblioteca di teologia contemporanea” della Queriniana ha deciso di proporre una versione del lavoro del professor Jeanrond,attualmente docente a Glasgow e Oxford. «Trattare l’amore come prassi […] nella direzione di una comprensione sfaccettata di questo fenomeno misterioso e dinamico nella nostra vita – della sua natura, storia, sviluppo e potenzialità» (14), pur senza pretendere all’esaustività, è di per sé una grossa sfida, che immancabilmente suscita ammirazione, ma anche talune perplessità.
Il volume è meritorio per vari motivi: innanzitutto è apprezzabile il tentativo di proporre una riflessione di tipo storico-ermeneutico sul cuore stesso della nostra fede: l’amore. Esso ha pure il pregio di offrire un notevole spaccato di teologia dell’amore nella storia cristiana. Apprezzabile ugualmente l’intenzione di fondo che soggiace a tutto il testo: ricomporre l’unità tra eros e agape, tra amore divino e amore umano, proponendo così un approccio «olistico all’amore» (265). Dopo un capitolo introduttorio e programmatico, l’opera si struttura sostanzialmente in due parti: ad un peculiare percorso biblico e storico (capp. II-VI), segue una proposta di riflessione personale (capp. VII-IX). Il cap. I rintraccia i principali “orizzonti dell’amore”.
È necessario riconoscere il peso specifico del carattere storico, sociale, incarnato, sessuato, erotico e inter-relato dell’amore. Insomma, l’amore va considerato come una realtà del tutto complessa, insieme emozionale, affettiva, relazionale e volitiva. Lo scopo dichiarato del volume è allora quello di «riflettere sul potenziale dell’amore dall’interno di un orizzonte teologico» (33). Dedicato ai fondamenti biblici, il cap. II sottolinea la centralità (cf. lo Shemà Israel) e la poliedricità dell’amore (cf. l’erotismo del Cantico dei cantici). L’Autore distingue (fino alla contrapposizione) la visione giovannea e quella lucano-paolina: la prima più ecclesiocentrica ed esclusivista, la seconda più aperta ed universale. Tra le sfide reperite da J. menzioniamo la critica alla tendenza alla “spiritualizzazione radicale dell’amore” e la questione della “adeguatezza” della risposta umana al dono divino dell’amore che è di per sé «creativo, incarnato, erotico, fedele, rispettoso ed eterno» (55).
I capitoli centrali del libro percorrono una storia della teologia dell’amore in cui si verifica un progressivo estraniarsi tra amore cristiano e amore umano, tra agape e eros. S. Agostino – riletto alla luce della tesi di H. Arendt – è il capofila di questa concezione (cap. III) e sarà seguito dai protestanti Kierkegaard, Nygren, Barth e Jüngel (cap. V L’amore come agape). È invece con autori quali Bernardo e Tommaso, ma anche con l’amore cortese del XII e XIII sec., le mistiche beghine e Hadewjich che la dimensione umana soggettuale/sponsale ed “erotica” tende a riaffermarsi con la riscoperta del “soggetto che ama” (cap. IV). La figura di Lutero è ambivalente: egli ha il merito di “de-monasticizzare” l’amore, ma determinandolo solo cristologicamente egli ne fa «una prerogativa cristiana» (116). Al Riformatore, come ai suoi epigoni succitati, Jeanrond rimprovera di pensare che «l’amore umano non è nulla se non gode dell’azione redentrice di Dio» (151).
Gli autori moderni che più trovano grazia agli occhi del nostro Autore sono: P. Tillich, K. Rahner, V. Brümmer, J.-L. Marion e il Benedetto XVI della Deus caritas est. Ben diversi tra loro, questi pensatori hanno in comune di aver cercato di integrare “amore e desiderio”, amore di Dio e del prossimo, dimensione spirituale e corporea in un orizzonte personalistico (cap. VI). I capp. VII e VIII, Le istituzioni dell’amore e La politica dell’amore, vanno letti in continuità; essi mirano a dilatare l’orizzonte oltre il sentimento e la relazione individuale dell’amore per coglierne la dimensione istituzionale e sociale. Si può “apprendere” ad amare, specie nella primordiale istituzione che è la famiglia e il matrimonio cristiano (191ss). Da parte sua la castità, senza essere sovraesaltata come lo fu talora nella storia cristiana, né tantomeno letta in senso spiritualistico e sessuofobo, ma come “virtù dell’amore”, giova grandemente alla conoscenza di sé e alla verifica della profondità del proprio amore (218ss).
Il cap. VIII tratta dell’amicizia (cf. Aelredo) – «forma di amore che si trova nel punto di incontro tra la sfera personale e quella più ampia» (235) – e della Chiesa come strumento di «rinnovamento di questo mondo nell’amore» (236) per poi incentrarsi sulla sfida attuale della globalizzazione. Quest’ultima è l’orizzonte di vari movimenti (ecumenismo, dialogo interreligioso, femminismo, pacifismo, ecologismo, cooperazione politica e didattica) che di fatto invocano un ethos globale (Küng-Kuschel) che orienti il pianeta verso una “comunità di amore”. Tale prospettiva va interpretata cristianamente nella “dialettica di escatologia ed ecclesiologia”, ossia tenendo presente che trasformazione del mondo vi sarà solo in forza di una salda spiritualità veicolata da concrete comunità cristiane capaci di promuovere l’amore come prassi «transitiva, trascendente e trasformativa» (253) nella consapevolezza della perenne ulteriorità del Regno rispetto alla chiesa. Anima di siffatta comunità sarà l’amore come “carità globale”, ossia la solidarietà che sa coordinare amore e giustizia (cf. 256ss). Il cap. IX propone alcune riflessioni conclusive. Tutto muove dall’asserto biblico del “Dio è amore” dal quale si desume un invito a congedarsi da prospettive “amartiocentriche”. Secondo il nostro Autore, tra amore divino e amore umano va segnalata una certa irriducibilità. L’amore è prassi creativa e riconciliante che richiede pure «riflessione critica e auto-critica, saggezza e discernimento» (268). La sequela di Cristo non deve puntare tanto ad una improbabile replica del suo modello quanto ad un lasciarsi coinvolgere nella dinamica da lui proposta: «che l’ego umano si arrenda all’amore. Così che l’io possa emergere e crescere nella prassi relazionale e creativa dell’amore» (269). In questo consiste la “salvezza”: partecipare «al progetto divino della creazione e della nuova creazione» (270).
Il libro si chiude con alcune riflessioni sulla sessualità che non va né demonizzata né idolatrata, sul perdono, incluso nella dimensione trasformativa e riabilitante dell’amore, sulla «sfide contemporanee alla prassi dell’amore» (278) legate all’emergere di una società mediatica, frammentata e “liquida”, in cui il singolo (spesso privo di “comunità di sostegno”) deve fare i conti con l’implosione delle strutture che ordinavano l’amore e un ambiente che favorisce le passioni amorose tanto sentimentalmente idolatrate quanto alienanti ed illusorie. A fronte di tutte queste sfide resta l’affermazione dell’amore come prassi e potere trasformante che esige una sincera, coraggiosa e sempre crescente apertura all’altro. Come accennato, il libro ci pare meritorio, ma anche per alcuni versi lacunoso. Tanto il progetto è ambizioso, altrettanto esso si presta a (legittime) critiche.
Le carenze le scorgiamo soprattutto dal punto di vista euristico. La ricerca biblica è senz’altro troppo rapida: l’ermeneutica (“del sospetto”) messa in campo fa del tutto l’economia della croce e del mistero pasquale; non ci si riferisce ai classici lavori di Ceslas Spicq sull’agape; una presentazione più ampia e completa dei dati neotestamentari avrebbe fatto emergere le tre dimensioni dell’agape come grazia (gratuità, iniziativa, universalità), passione (kenosi, pazienza, perdono) e comunione (gioia della reciprocità). Notiamo che in ognuno di questi ambiti dimensione oblativa e unitiva, agapica ed erotica, si compenetrano.
Pure l’approfondimento storico è lungi dall’essere equilibrato tra Oriente e Occidente, dando quasi ogni monopolio a quest’ultima area geografica (cf. il ricorso a B. Brady). Deploriamo la quasi totale assenza di riferimenti ai Padri greci. Non si richiama né l’Origene dell’In Canticum né il Massimo il Confessore delle Centurie. Ma è soprattutto Dionigi lo pseudo areopagita (cui si accenna sfuggevolmente a pp. 27 e 108), che avrebbe dovuto essere convocato in merito all’integrazione tra eros e agape (cf Div. Nomin. IV, 12). Anche molta importante letteratura moderna non compare nella pur ovviamente ampia bibliografia (283-301). Fa specie, per esempio, che non sia neppure menzionato il capolavoro filosofico-teologico di D. von Hildebrand (L’essenza dell’amore, 1971) o l’autentico gioiello-testamento di sintesi spirituale di Ch. Lubich (L’arte di amare, 2005).
Per quanto riguarda corpo, sessualità e famiglia non capiamo come uno scrittore cattolico possa omettere di riferirsi al magistero proposto da Giovanni Paolo II. Sempre nel merito, autori cristiani come O. Florant (Ne gâchez pas votre plaisir, il est sacré, 2006) e F. Hadjadj (La profondeurs des sexes, 2008) sarebbero ben più proficui rispetto ai discutibili Th. Laqueur e M. Mc Cord Adams cui si rifà il nostro autore (con notevoli e inopportune aperture alle teorie del gender e all’auto-erotismo, cf. pp. 22, 29, 242, 273ss). Circa il cap. IX meriterebbe di essere valutata pure la pluriennale ricerca condotta sul tema del perdono di Lytta Basset (cf. p.e. Au delà du pardon, 2006). Va altresì sottolineato che il libro, dato alle stampe nel settembre 2009, non ha potuto integrare nella sezione dedicata alla sfida etico-politica della globalizzazione l’apporto della Caritas in veritate; eppure riferimenti all’ideale cattolico di una “civiltà dell’amore” andava per lo meno ricordato (cf. Paolo VI e la conclusione del Compendio della dottrina sociale della chiesa, 2004).
A queste mancanze bibliografiche si aggiunge a nostro parere un certo rischio di confusione dei piani che può indurre a talune ambiguità. È vero che l’amore è in primis un «dono universale di Dio all’umanità» (cf. p.e. p. 117). È anche vero che l’amore è un inalienabile costitutivo dell’umano e quindi apprezzabile come tale e che eros e agape vanno assolutamente riconciliati (si veda in proposito il libretto di R. Cantalamessa, Eros e agape, 2011). Sorge nondimeno spontanea la domanda: è lecito contestare la distinzione classica tra amore umano e amore cristiano? Non si rischia in questo affanno olistico di giungere ad uno scompiglio degli ordini che non fa giustizia né del virus di cui eros è malato (cf. Deus caritas est, 4), né della novità portata dall’effusione nei nostri cuori dallo Spirito santo (cf. Rm 5,5)? Insomma, ci pare che il testo difetti in senso antropologico e pneumatologico: manca una profonda disanima delle conseguenze del peccato così come della rilevanza psicologica ed etica dell’opera della grazia.
In una teologia dell’amore davvero fedele all’insieme del depositum fidei gli apporti di Agostino, Lutero e degli autori indicati nel cap. V rimangono, a parer nostro, preziosi e irrinunciabili. In definitiva, in questo utile libro ci pare mancare una solida riflessione circa il nesso tra fede e amore. A questo riguardo sarà utile rileggere l’ultimo “Messaggio di Quaresima” di Benedetto XVI, Credere nella carità suscita carità.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2013
(http://www.pul.it)
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