Martin Lutero. Introduzione storica e teologica (BTC 135)
(Biblioteca di teologia contemporanea)EAN 9788839904355
INDICE GENERALE
Avvertimento preliminare ai lettori 5
Prefazione alla nuova edizione 11
Premessa all'edizione italiana 15
Capitolo primo
Una nuova introduzione'
Interpretazione di Lutero
al di là della Riforma e della Controriforma 23
1. «È ancora possibile dire qualcosa di nuovo su Lutero'» 23
2. Lutero pone delle questioni,
che non erano ancora mai state poste 30
3. Al di là della Riforma e della Controriforma 37
Capitolo secondo
Rivolta della chiesa contro la chiesa'
Una tesi provvisoria su Lutero e sulla Riforma 43
1. Una rivolta politica' 45
2. Una rivolta religioso-spirituale' 47
3. Una rivolta teologica' 52
4. Una tesi provvisoria 57
5. Sulla dimostrazione della tesi 60
Capitolo terzo
La Riforma comincia nell'aula universitaria.
La professione di Lutero 61
1. Professore di sacra Scrittura 62
2. Wittenberg 64
3. Riforma degli studi 67
484 Indice generale
4. Il quadruplice senso della Scrittura 72
5. Il senso letterale della Scrittura 77
6. Le conseguenze 80
Capitolo quarto
«' ricorrendo a tutti gli scrittori disponibili».
La libreria di Lutero 88
1. Vie verso Agostino 89
2. La scoperta della 'mistica tedesca' 92
3. 'Contro la teologia scolastica' 93
Capitolo quinto
«Allora mi sentii rinato».
La 'svolta riformatrice' 99
1. Chiarificazioni concettuali 100
2. La 'grande autotestimonianza' del 1545 101
3. Problemi della Prefazione 103
4. Problemi delle prime opere 105
5. Croce e umiltà 109
6. Sguardo retrospettivo dall'altra sponda 111
7. Una tesi sulla tesi 120
Capitolo sesto
«Non voglio diventare un eretico ritrattando l'opinione,
mediante la quale sono diventato un cristiano».
Lutero davanti al Gaetano ad Augusta
1. La disputa di Augusta 127
2. Il papa e la Scrittura 130
3. La grazia incondizionata e la certezza assoluta 132
4. Ancora una volta: il 'passaggio alla riforma' 134
Capitolo settimo
«Se dubitiamo, neghiamo tutti i suoi benefici».
La certezza della salvezza 140
1. Pro e contro 140
2. Chiarificazioni 142
3. Fede e certezza 147
4. Certezza nell'agire 149
Indice generale 485
5. La questione della certezza
della salvezza sollevata da Lutero ' oggi 150
6. Certezza dell'esistenza di Dio e esperienza di Dio 154
Capitolo ottavo
«Soltanto gli orecchi sono gli organi di un cristiano».
Parola, fede, sacramento 161
1. Sacramenti: verità e caricatura nel XVI secolo 162
2. La parola come mezzo salvifico 167
3. Motivi e connessioni 171
4. Legge e vangelo 173
5. Parola e sacramento 178
6. Lutero ha trovato il suo concilio 180
Capitolo nono
«Una cosa viva, operosa, attiva, potente».
Fede e amore 185
1. Fides caritate formata 186
2. Fides forma caritatis 190
3. La più superflua di tutte le questioni controverse 195
4. Un avvertimento non superfluo 201
5. La sommessa parola dell'amore 204
Capitolo decimo
«Libero signore sopra tutte le cose ' e soggetto ad ognuno».
Sulla 'libertà del cristiano' 210
1. Libertà e servizio 212
2. Libertà e schiavitù 215
3. Libertà e responsabilità 221
Capitolo undicesimo
«Se guardiamo a noi stessi».
«Giusto e nello stesso tempo peccatore» 225
1. Una formula prediletta da Lutero 226
2. Chiarificazioni 228
3. 'Immagine pessimistica dell'uomo'' 233
4. «Credente e nello stesso tempo non credente» 236
486 Indice generale
Capitolo dodicesimo
«Creatura della parola».
La chiesa e il suo ministero 241
1. Dimenticare tutto 242
2. La chiesa ' allora 244
3. Il popolo santo di Dio 247
4. Il ministero e i ministeri 252
5. 'Lutero cattolico'' 259
6. La «chiesa una, santa, cattolica e apostolica» 270
Capitolo tredicesimo
La mano destra e la mano sinistra di Dio.
Sulla dottrina dei 'due regni' 272
1. Nella rete di distinzioni farraginose 273
2. Il Discorso della montagna e la politica 281
3. Chiesa e democrazia 287
Capitolo quattordicesimo
«Il nostro bene è nascosto».
Il Dio nascosto e manifesto 289
1. Vecchio e nuovo 289
2. Nascosto sotto il contrario 293
3. Cristo, lo «specchio del cuore paterno» 300
4. «Solamente grazia e amore» 308
Capitolo quindicesimo
«Su questo articolo non si può cedere o fare concessioni».
La 'dottrina della giustificazione' 313
1. Centro e confine 315
2. La 'teoria' 317
3. Il 'consenso differenziato' 321
4. Importanza permanente 325
Capitolo sedicesimo
«Il nostro comune dottore»'
Presente e futuro di Martin Lutero 327
1. «La nostra comune dottrina» 328
2. «Egli deve essere il nostro comune dottore» 333
Indice generale 487
Questioni tecniche specialistiche 336
[1] Su p. 29: Osservazioni marginali a proposito
di alcuni libri recenti su Lutero
pubblicati prima e dopo il quinto centenario luterano 336
[2] Su p. 31: Rinascimento, Umanesimo e Lutero '
una interlocuzione 362
[3] Su p. 34: Un necessario accenno allo 'schema del progresso' 365
[4] Su p. 45: Riforma protestante e rivoluzione '
anche solo una interlocuzione 369
[5] Su p. 50: Sul dibattito circa l''affissione delle tesi' 373
[6] Su p. 64: Sulla 'rottura del giuramento' di Lutero
secondo Richard Baumann 376
[7] Su p. 77: Sull'origine della dottrina dell'imputatio 382
[8] Su p. 138: Osservazioni salomoniche sulla 'sistematicità'
di una 'teologia di Lutero' 384
[9] Su p. 183: Sulla riforma della messa attuata da Lutero '
in prospettiva ecumenica 394
[10] Su p. 286: Sul 'carattere normativo'
del Discorso della montagna 401
[11] Su p. 322: Sulla storia della nascita e sui problemi
della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione 402
Abbreviazioni 409
Bibliografia 413
Indice delle opere citate di Lutero 457
Indice dei nomi 469
Indice analitico 480
Infatti queste quasi 500 pagine su Lutero hanno già una loro storia: il libro edito una prima volta ad Amburgo nel 1982, riedito a Monaco di Baviera nella Pentecoste 2004 in una riconoscente memoria di Heinrich Fries approda ora ad una accurata traduzione italiana arricchito di una indovinata e simpatica premessa, degna di segnalazione. Le pp. 15-22, che riportano tale premessa, iniziano con l’antico lusinghiero giudizio del censore veneziano per la stampa anonima in italiano nel sedicesimo secolo della «Spiegazione nella lingua volgare del Padre nostro» di Lutero, e concludono con il sogno e il desiderio di una nuova comunione tra la chiesa cattolica e le chiese della Riforma, perché per grazia di Dio il Vaticano II è realtà radicata nella storia della cattolicità.
Questa «guida a Lutero» offerta da Pesch anche in lingua italiana ha perciò la garanzia di più di quarantacinque anni di lavoro sulle fonti e sulla bibliografia specialistica, di cui il volume dà testimonianza nel poderoso indice bibliografico finale (pp. 413-468) e subito prima nelle undici «Questioni tecniche specialistiche» portate alla fine del volume per non appesantirne la lettura lineare già impegnativa (pp. 336-408). Il testo infatti si articola in sei capitoli introduttivi in cui lo studioso tedesco disegna la cornice e il quadro complessivo della figura e del pensiero di Lutero con la tesi di fondo della propria rilettura. Dal capitolo settimo al quindicesimo si puntualizzano uno ad uno i temi riformatori di Lutero su cui un confronto attento nel dialogo cattolico-luterano, qualora dimostrasse la loro «possibilità cattolica» (come Pesch tende a mostrare: cf. spec. p. 139), potrebbe riaprire il futuro trans Alpes. Il conclusivo capitolo sedicesimo fin dal titolo «Il nostro comune maestro» (affermazione del card. Willebrands del 1970) permette di trasformare il tentativo di rilettura di Pesch in un consiglio finale: leggere le opere di Lutero in modo preconfessionale e sovraconfessionale nella convinzione che «Lutero ha ancora molte cose da chiedere anche alla chiesa cattolica di oggi e ha ancora molto di utile da dirle» (pp. 18; cf. p. 334).
Avviciniamo un po’ di più il volume che si apre con una panoramica delle pubblicazioni apparse attorno al 1983, quinto centenario della nascita di Lutero. La tendenza a superare gli schemi interpretativi confessionali per Pesch mette in rilievo il fatto che Lutero si trovò ad affrontare questioni prima mai apparse: il riformatore si pose «in maniera esemplare il compito di pensare e di dire in maniera nuova il tutto del vangelo in seno a nuove condizioni di comprensione» (p. 39). Di fronte alle tesi di studiosi che attribuiscono al riformatore una volontà di rivolta politica o spirituale religiosa e teologica contro la chiesa, Pesch legge in Lutero una personalità religiosa integra e preoccupata per la chiesa, una personalità divenuta polemica solo dopo essere stata polemicamente attaccata. La «tesi provvisoria» del testo, ribadita poi più volte, afferma che «la teologia di Lutero rappresenta una fase nuova ed epocale nella storia della comprensione della fede» (p. 155): teologia che oggi darebbe luogo a un serrato confronto critico ma non provocherebbe più la scomunica (p. 58). Il punto di partenza della Riforma comunque per Lutero sta nell’aula universitaria, in una riforma degli studi che pone al centro la Scrittura riletta nel senso letterale con tutta la sua «chiarezza» e la sua carica esplosiva, partendo dalla Lettera ai Romani. Vi si tralascia il testo base delle Sententiae di Pier Lombardo e la tradizione scolastica anche tomista male interpretata da Gabriel Biel. Semmai la libreria di Lutero gli permette di «divorare» i testi di Agostino e di scoprire la mistica tedesca del domenicano Giovanni Taulero. Proprio in questi influssi trova le radici la svolta riformatrice riassunta da Lutero nella grande testimonianza del 1545 (riportata a p. 102): la svolta (Wende) non coincide con un evento puntuale ma matura in una successione di passi decisivi nei quattro anni dal 1519 al 1522 e trova il momento dirompente quando Lutero viene chiamato a rendere conto della «scoperta» biblica che Dio è incondizionatamente benigno verso l’uomo. Chiesa, sacramenti (specie la penitenza), indulgenze e poteri ministeriali non possono porre delle condizioni all’incondizionata misericordia di Dio e indurre il riformatore a far marcia indietro. Lutero da teologo ripropone l’eterno problema del «rapporto fra la teologia scientifica e la sua funzione critica, da un lato, e il ministero, la prassi e la vita ecclesiale dall’altro» (p. 124). Qui la svolta diventa passaggio dirompente alla riforma (reformatorischer Durchbruch): davanti all’intelligente e ben preparato cardinale Gaetano ad Augusta già nell’ottobre del 1518 Lutero è costretto a precisare le convinzioni riformatrici fondate sulla precedenza della parola di Dio udibile dalla Scrittura rispetto alla competenza interpretativa del Magistero ecclesiastico. Ma il cardinale non ha spazio di manovra: già tutto è deciso a Roma: a Lutero si chiede semplicemente una ritrattazione incondizionata e Lutero risponde: «Non voglio diventare un eretico ritrattando l’opinione mediante la quale sono diventato un cristiano» (cf. p. 125: il titolo del sesto capitolo). Il confronto si fa radicale e il «passaggio alla Riforma» si va delineando in maniera drammatica ben oltre le intenzioni.
Il settimo capitolo dà praticamente inizio a una seconda parte del volume: si passano in rassegna i vari temi luterani su cui un riesame dialogico attento e chiarificatore tra confessioni potrebbe almeno oggi riaprire il futuro; meritano un richiamo in brevi capoversi asciutti come un indice, senza ovviamente pretese di esplicazione esaustiva. Per Lutero la certezza della salvezza teologicamente s’identifica con la fede nella promessa di un Dio benigno e nell’azione salvifica di Cristo, fede che trova conferma nelle successive buone opere in grado di diventare quasi «sacramenti» confermativi della fede del cristiano. Oggi tra cattolici e luterani il problema nuovo che si incunea sposta l’accento sull’ateismo che chiede un confronto con il credente oltre le barriere confessionali: Dio è il problema, non il Dio benigno (p. 158).
Decisivo nel passaggio alla riforma fu per Lutero il rapporto Parola, fede, sacramento: nel 1500 il sacramento (specie la penitenza con le indulgenze) si prospetta facilmente come via di salvezza senza fede personale, in una caricatura semi-magica facile perché il popolo non capisce la lingua. Il Vaticano II (e prima i movimenti biblico e liturgico) avverte il deficit evangelico e cerca di superarlo perché anche e proprio il sacramento è Vangelo (p. 179).
La più superflua di tutte le controversie teologiche fu anche nel 1500 la contrapposizione tra la fede e le buone opere verso il prossimo, ma chiarire il grande equivoco non fu facile perché mancava la necessaria serenità. Nel rapporto fede e amore per Lutero la fides è tutto in quanto è forma caritatis: ma non ne era lontano neanche il medioevo ben capito perché la fides caritate formata è un tipo di conoscenza tutta speciale (p. 186): la fede è la forza di amare. Analogamente la precisazione sulla libertà del cristiano («libero signore sopra tutte le cose - e soggetto ad ognuno»: titolo del decimo capitolo) porta a vederla nella «libertà insuperabile di colui che si sa al sicuro nell’amore di Dio» (p. 213): il riconoscimento della nostra dipendenza da Dio fa parte dell’essenza della nostra fede, salvando la nostra responsabilità.
«Simul iustus et peccator» resta uno slogan particolarmente ostico fino all’assurdo per la sensibilità cattolica, mentre è formula prediletta da Lutero. Trento reagisce giustamente in base all’ontologia cattolica; ma il simul spiegato sulla linea delle relazioni personali rende pensabili simultanei peccato dell’uomo e grazia di Dio, il cui amore stabilisce di nuovo la relazione di amicizia nonostante e contro i peccati umani (cf. p. 231). Nello spazio e nell’esperienza della preghiera da sempre l’antropologia pessimistica viene accettata anche dai santi cattolici con la confessione di fede della propria peccaminosità.
La chiesa e il suo ministero è il tema dolente nel dialogo pratico ancor oggi. Nel 1500 chiesa indicava una realtà pervasiva in tutti i campi: Lutero la ripensa «creatura della Parola» (è il titolo del capitolo 12) e assemblea e popolo di Dio nella Confessio augustana del 1530, non primariamente istituzione. Eppure il ministero messo da Lutero al quinto posto tra i distintivi della chiesa, può trovare nel Vaticano II luminosi accostamenti nel contesto del popolo di Dio e nel ministero della parola, mentre noccioli duri restano i poteri dei vescovi e la casella vuota del papa per un ministero universale dell’unità. Eppure «dobbiamo aver il coraggio di leggere Lutero in maniera preconfessionale anche a proposito della questione ‘chiesa’… di inserire costruttivamente le sue idee nel dialogo ecclesiologico odierno» (p. 270).
Collegata con la chiesa è la dottrina dei due Regni indicante una rete di distinzioni farraginose: teologicamente si distinguono i due modi di governare di Dio verso il mondo (spirituale e secolare) e canonicamente segnalano una distinzione netta di campo: la Chiesa ha il compito della predicazione del Vangelo per l’assemblea dei credenti. Risulta chiaro che il discorso della montagna non appartiene alle cancellerie dei principi, come la legge non fa parte della predicazione del Van-gelo. Probabilmente quattro secoli fa, in veste di esegeta, Lutero peccò di ingenuità avendo fortunatamente come suo sovrano territoriale Federico il Saggio. Distinguere i due regni senza separarli diventa indicazione successiva: con l’avvento della democrazia «come dato di fatto oggi la chiesa e lo stato sono di fatto radicalmente separati anche negli ex paesi ‘cristiani’» e la dottrina luterana è da lungo tempo dottrina cattolica anche come compito per una necessaria competenza da acquisire (cf. p. 287).
Un richiamo salutare all’ordine del giorno per l’attuale teologia sta nel titolo del capitolo 14: «Il nostro bene è nascosto», il nostro Dio è invisibile nella sua azione nel mondo, anzi si propone sub contrario nella croce di Cristo. Su tale tema Lutero presagisce l’esperienza moderna dell’assenza di Dio e della croce di Cristo come stoltezza e scandalo. Eppure è proprio Cristo «lo specchio del cuore paterno» (p. 300) manifestante le vere intenzioni di Dio verso gli uomini, anche se nessuno di noi può mettere la mano sul fuoco nella propria predestinazione: ma Christum conoscere est beneficia eius conoscere e l’essenza propria di Dio come essa si è rivelata in Cristo è «solamente grazia e amore» (p. 310).
Ultimo tema, ricapitolativo, la dottrina della giustificazione: «l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge… su questo articolo non si può cedere o fare concessioni, neppure se dovessero cadere il cielo e la terra» (p. 315). In tale articolo tutto è legato: parola, fede, sacramento, opere, libertà e responsabilità verso il mondo; ma «il contenuto supremo è il discorso su Gesú Cristo come colui attraverso la cui vita, morte e risurrezione Dio ci redime e ci rende incondizionatamente giusti per pura grazia» (p. 316). Ripensando la realtà come relatio, oltre la metafisica di origine greca, si può scoprire «nel detto il non detto» e approdare al «consenso differenziato» sulla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione del 31 ottobre 1999: le differenze confessionali sono sopportabili, non possono di per sé sole impedire la comunione ecclesiale; e si va avanti nell’approfondire la concezione della chiesa, dei sacramenti, del ministero (p. 322).
Si può perciò concludere con il card. Willebrands dando a Lutero il titolo di «nostro comune dottore» incentrandoci sul fatto che Dio deve rimanere sempre il Signore. Il ripasso dei temi fondamentali permette di intuire un comune maestro anche per affrontare teologicamente la modernità: a patto di leggere Lutero in modo preconfessionale e sovraconfessionale cominciando dalle opere più semplici come il Piccolo Catechismo e La libertà del cristiano in modo da capire le condizioni ecclesiali del 1500 e apprezzare le espressioni luterane di profonda sofferenza per la chiesa.
Pur tralasciando le questioni tecniche specialistiche (pregevoli, comprese le pp. 402-408 sulla Dichiarazione congiunta), alcune telegrafiche righe di apprezzamento vanno aggiunte a questa lunga enumerazione. L’apprezzamento fondamentale va al tipo di teologia offerta da O.H. Pesch, per nulla irenica a tutti i costi, piuttosto rispettosa delle testimonianze scritte e profondamente radicata nella storia, i cui condizionamenti si rivelano spesso decisivi nel pilotare la riflessione e le prese di posizione anche degli uomini più dotati. Una seconda preziosa caratteristica della fatica di Pesch sta nell’aprire alla speranza e al futuro in tutto il tessuto della sua lettura, che permette di intuire anche in un «avversario» una ricchezza di proposta che scolla schemi interpretativi assodati e stimola il lettore ad allargare l’orizzonte. Alla fine non restano solo sogni e desideri, come la proposta di una lapide presso l’altare della chiesa romana degli agostiniani in Piazza del popolo dove nel 1510 Lutero celebrò ogni giorno la messa durante la sua permanenza nella città eterna. La storia della chiesa ci offre anche utili analogie per un «consenso differenziato»: è certamente indovinato il modello quasi fotocopia suggerito a p. 334, la vicenda dell’intelligente metropolita Cesario di Arles e del saggio comportamento del papa per «salvare» Agostino come dottore della Chiesa nel duro confronto con i vescovi antiagostiniani della Provenza nel 529. Per proseguire il cammino di comunione tra le chiese le sfumature del pensiero e le attenuazioni delle formule possono rivelarsi preziose in certi momenti per smorzare la polemica e far emergere tutta la verità asserita assieme alla carità fraterna desiderata. Il clima sereno europeo che mancò nelle vicende del 1500 potrebbe realizzarsi nei nostri decenni, anche se «il dialogo ecumenico non ha più attualmente il vento in poppa come nei primi tempi dopo il concilio Vaticano II» (p. 19). I corsi e ricorsi della storia non li racconta solo G.B. Vico: li segnala anche la speranza cristiana che invoca con fede la luce dello Spirito. Libri come le 500 pagine di O.H. Pesch aiutano tale speranza e anche per questo meritano un grazie.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Il testo del presente volume è la traduzione di un libro apparso in tedesco già nel 1982 e rivisto nel 2004 per la nuova edizione, che qui appunto viene offerta al pubblico italiano. Tra i motivi che hanno spinto l'A. ad approntare una nuova edizione, non sono soltanto le molte cose mutate negli oltre 20 anni trascorsi dalla prima edizione, ma soprattutto l'aperta denuncia che «il dialogo ecumenico non ha più attualmente il vento in poppa [...].
Da parte cattolica ciò è legato per lo più al tentativo massiccio di fare come se il concilio Vaticano II non fosse mai successo; da parte evangelica questo è unito alla critica al cosiddetto (e supposto) “ecumenismo della negoziazione~~, che rimprovera i compromessi a spese della verità e della professione di fede ecclesiale» (pp. 19-20). Contro gli opposti estremismi di chi teme la svendita del patrimonio della Riforma e di chi rimprovera la protestantizzazione della chiesa cattolica, il libro si pone quindi come una decisa reazione alla tendenza anti-Lutero e all'immagine stereotipata del Riformatore come rappresentante di una teologia «soggettivistica». Quella di Pesch è una lettura della storia e della teologia di Lutero che vuol essere «sovraconfessionale», cercando di sfatare tabù e pregiudizi, partendo dai legami storici della sua teologia e mostrandone la liceità. Simpaticamente l'A. dimostra la sua sorpresa per l’interesse che i cristiani in Italia manifestano per Lutero (p. 17) e riconosce il grande merito e la professionalità dell’editrice Queriniana per l’accuratezza della presente edizione (p. 22).
Il volume è strutturato in sedici capitoli, cui fanno seguito undici «Questioni tecniche specialistiche», le quali si estendono da p. 336 a 408. Completano l’opera diversi indici: le abbreviazioni, l’imponente bibliografia (p. 413- 456),l’elenco delle opere citate di Lutero, i nomi degli autori. Nell'impossibilità di riassumere la mole di informazioni contenute in quest’opera, segnalo i capitoli che appaiono più significativi, tenendo conto che oltre a precisare con chiarezza il pensiero di Lutero sui vari punti anche controversi della sua teologia, l'A. vuol far comprendere anche a lettori non esperti perché Lutero sia arrivato a elaborare la sua dottrina nel modo specifico e caratteristico che lo distingue da ogni altro teologo cristiano.
Il primo capitolo, con i primi tre excursus delle «questioni tecniche» compie una rigorosa disamina sulle varie interpretazioni di Lutero contenute nelle opere apparse in questi ultimi anni, mettendo in risalto che egli affrontò questioni fino ad allora mai poste da nessuno prima di lui. Egli cercò di dire in maniera nuova «il tutto del vangelo in seno a nuove condizioni di comprensione». Non era sua intenzione proclamare una rivolta, sia pure spirituale, contro la chiesa istituzionale, così come non si può ridurre la sua aspi? razione a un semplice ritorno al vangelo, sullo stile di un Francesco d’Assisi o dei movimenti pauperistici del Medioevo. Eppure egli diventò «il riformatore senza averne l’intenzione», come disse icasticamente Erwin Iserloh. Ciò che Lutero rifiuta è la teologia tardo scolastica di Occam e Biel, che vede come un tradimento del messaggio fondamentale della Scrittura: siamo salvi per grazia e misericordia di Dio.
La sua è dunque una rivolta anzitutto teologica, che mette a fondamento la Parola di Dio come buon annuncio di salvezza. Il vangelo della grazia incondizionata di Dio, comunicatoci in Gesù Cristo, è dunque il cuore e il fulcro del pensiero di Lutero, e su questo punto oggi concordano le chiese cristiane, come dimostra la dichiarazione congiunta sulla giustificazione, sottoscritta nel 1999 dalla chiesa luterana e dalla chiesa cattolica. Ma all’epoca di Lutero questa spiegazione della fede appariva così nuova da risultare inaccettabile ai credenti nella vecchia maniera, per cui la divisione della chiesa divenne inevitabile. Al tema della giustificazione Pesch dedica un esame critico sia nel capitolo 15 sia nell’ultima delle «questioni tecniche», dopo averne ampiamente illustrato le premesse storiche e teologiche nei capitoli 8 (ascolto della Parola), 9 (natura della fede come forma caritatis), 10 (la libertà del cristiano), 11 (il cristiano simul iustus et peccator) e 12 (la chiesa come creatura verbi). I capitoli dal 3 al 7 ricostruiscono invece la formazione accademica di Lutero e la questione della certezza della salvezza, che fu la molla di tutta la sua attività. L’ultimo capitolo del libro ha il titolo significativo di Lutero come «nostro comune dottore». La definizione è del card. Willebrands e risale al 1975 e qualche storico cattolico come Peter Manns (discepolo di Lortz) arriva perfino a chiamare Lutero «padre nella fede». Secondo Pesch, considerare Lutero come «dottore comune» aiuterebbe a compiere ulteriori passi in avanti nella riconciliazione tra le chiese e dovrebbe spingere i cattolici a leggere direttamente le opere più importanti del Riformatore, cominciando dalle più semplici, come il Piccolo Catechismo e La libertà del cristiano, in modo da capire le condizioni ecclesiali di allora e le sue espressioni di profonda sofferenza per la chiesa.
Come suo «sogno anzi desiderio», Pesch propone che nella chiesa degli Agostiniani, in piazza del Popolo a Roma, si ponga una lapide presso l’altare dove nel 1510 Lutero celebrò ogni giorno la messa durante la sua permanenza nella città eterna. Sarebbe senza dubbio un segnale di speranza per una maggiore comunione tra le chiese della Riforma e la chiesa cattolica.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n.4 del 2007
(www.credereoggi.it)