PREFAZIONE ALLA TERZA EDIZIONE
Anche questa terza edizione (i 1935, pp. 99; 21949, pp. 128) è stata completamente rivista pagina per pagina, essendosi dovuto tener conto sia degli studi più recenti sia, soprattutto, dei testi di Qumran e delle nuove conoscenze circa la celebrazione pasquale dei quartodecimani. Una radicale rielaborazione ha subìto il paragrafo relativo al contributo dell'astronomia. Nuovo è il cap.III sull'influenza del culto sulla tradizione del testo della cena. Per quanto riguarda l'accertamento della più antica tradizione (cap. IV : Il testo più antico delle parole dell'ultima cena) è stato ampliato il paragrafo sui semitismi.
Quantunque il numero di questi nella relazione di Marco sia diventato ancora maggiore, non sono più propenso a scorgere in essa la tradizione più antica, ma penso che nei primi tempi siano avvenute molte variazioni, che ci nascondono oggi la forma originaria. Non si può decidere se questa fosse redatta in aramaico o in ebraico; ci dobbiamo limitare ad ammettere che probabilmente il testo venne tramandato in entrambe le lingue. Le osservazioni linguistiche sembrano indicare una narrazione storica preliturgica quale stadiopiù antico della tradizione. Profonde modifiche abbiamo apportato al capitolo finale (cap. V : Il significato delle parole di Gesù nella cena) : qui, con l'ausilio dei testi quartodecimani, diamo una nuova interpretazione della rinuncia di Gesù, presentiamo il materiale relativo al problema dell' dtvdtp.vring e cerchiamo di mostrare, tenendo presente che i contemporanei riferivano Ps.118,25 ss. al coro alterno della parusia, che l'ultima cena è fin dal principio un'anticipazione o, più esattamente, un dono prolettico dell'adempimento finale.
Il mio intento è di presentare un materiale che valga ad un'esegesi quanto mai pertinente delle parole di Gesù nell'ultima cena. Proprio nelle ricerche sull'ultima cena si ha talvolta l'impressione che inconsciamente si legga nel testo ciò che si desidera trovarvi. Non dobbiamo tutti noi imparare forse ad ascoltare sempre più soltanto il testo? A questo proposito un aiuto indispensabile è fornito dal materiale storico contemporaneo. Lo sforzo per restituire alla vita il mondo in cui visse Gesù e nel cui linguaggio egli si espresse, apre prospettive nuove, ma presenta pure problemi a tutta prima insoliti e sorprendenti che tuttavia, quando non si cerchi di eluderli, accrescono la nostra conoscenza. L'esegesi è fatta di obbedienza!
Possa questa mia indagine essere utile non soltanto alla ricerca specialistica, ma anche alla predicazione.
Gittingen, ottobre 1959
JOACHIM JEREMIA
Nota alla quarta edizione: il testo di questa nuova edizione è stato migliorato ed ampliato in molti passi ed in particolare è stata aggiuntala n. 114 a p. 196. p
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
L'ULTIMA CENA DI GESÙ FU UN PASTO PASQUALE?
Tutti e quattro i vangeli affermano concordemente che Gesù morì di venerdì (Mc. 15,42; Mt. 27,62; Lc. 23,54; Io. i 9,3 I.42). Poiché al tempo di Gesù si computava il giorno da un tramonto del sole all'altro', questo venerdì (dalle ore 18 del giovedì santo alle 18 del venerdì santo) comprende tutti gli avvenimenti della passione in senso stretto: ultima cena di Gesù, Getsemani, arresto e condanna, crocifissione e sepoltura (Mc. 14,1 7-15 ,47, Mt. 26, 2o-27,61; Lc. 22,14-23,56a; Io. 13,2-19,42). Anche in questo tutti e quattro i vangeli concordano.
Di fronte a tale concordanza è tanto più strano che gli evangelisti sembrino divergere su un'altra questione, cioè se questo venerdì, oppure solo il sabato seguente, fosse il primo giorno della festa di pasqua; in altre parole, se l'ultima cena di Gesù fosse o no il pasto del passa, fosse o no una cena pasquale. La soluzione di questo problema non ha importanza solo per la cronologia della vita di Gesù, ma soprattutto (e ciò spiega l'interesse che hanno alla soluzione di tale problema la teologia e la chiesa) per l'intelligenza delle parole di Gesù nell'ultima cena e dei nessi storico-salvifici ad essa collegati.