Con l'altro e per l'altro
-Per una filosofia del dono e della condivisione
(Cultura)EAN 9788838244056
Il problema dell’empatia ridisegna gli scenari dell’interrogazione filosofica e del dibattitto sul senso e sul valore dell’esperienza umana. Si tratta di un’analisi che può essere svolta da molteplici punti di vista interconnessi. Possiamo partire da alcuni rilievi epistemologici che conducono a una più vasta problematizzazione che coinvolge le scienze umane e l’antropologia filosofica. L’analisi delle complesse strutture neuronali porta non solo l’indagine scientifica, ma anche quella filosofica a riflettere sulla complessa strutturazione della psiche umana e dei processi di soggettivazione, di riconoscimento e di incontro dell’altro. Si può, ad esempio, ricordare gli studi sui cosiddetti neuroni specchio (mirror). Anche il sistema mirror comporta, nell’uomo, una complessa interazione di una molteplicità di fattori e di capacità. Questi ultimi possono essere considerati anche dal punto di vista ineludibile delle reti neurali, e l’analisi risulterà tanto più efficace e rilevante a) quando si pensi che i circuiti neurali sono soggetti a sviluppi in senso progressivo e regressivo e b) quando si tenga presente che il tema dell’intersoggettività parte dalla dimensione corporea e implicita che già congiunge tutti gli esseri umani. L’analisi neuro-fisiologica, nota l’autore, permette di comprendere il legame che sussiste tra il comportamento umano e quello animale, ma porta a considerare anche la grande complessità del comportamento e del pensiero dell’uomo. Quest’ultimo non sembra poter essere differenziato solo a livello di un’analisi prevalentemente quantitativa che ignori il profondo salto non solo psicologico, ma ontologico che caratterizza l’esistere umano come esistere basato sulla relazione linguistica e sulla connessione sociale, culturale, politica, etica e spirituale. Si può anche sostenere che lo sviluppo del linguaggio sia da valutare in funzione della spinta evolutiva di processi empatici e di spinte alla costituzione di legami intersoggettivi più profondi. In tal senso e senza nessuna dipendenza unidirezionale, anche l’evoluzione cognitiva umana può e deve essere riferita più decisamente all’empatia, alla spinta sociale che rompe l’esteriorità delle esistenze e all’esigenza di costituire la relazione umana fin nelle strutture profonde del nostro essere. In tal modo, si avvia un confronto sulla condizione radicalmente plurale dell’esistere umano e della nostra apertura agli altri e al mondo.
Un altro approccio può essere quello di una definizione del campo semantico dei termini empatia e compassione. Senza dubbio, i termini non sono né uguali né equivalenti. Essi non designano un ambito di tematiche fondabili solo in un ambito volontaristico o fideistico, quasi che l’uomo, proprio come individuo concreto irriducibile, non sia anche irrinunciabilmente orientato verso l’altro fin nella sua struttura biologica (intesa come base di un’analisi interdisciplinare e multifattoriale). Quando si parla di empatia o di compassione, non si tratta di rimettere in auge termini solo generici o usurati, ma si tratta di far emergere una molteplicità di altre questioni che giungono sino all’esperienza drammatica del male e a quella della testimonianza, del perdono e della gioia condivisa. Il pericolo di usura e banalizzazione dei termini è sempre possibile, ma quello che preme soprattutto è rilevare l’allargamento di un campo semantico di due termini che si rivelano sempre più ricchi di molteplici significati e come questioni irrinunciabili in una società potente tecnicamente, ma non sempre capace di ritrovare un senso umano e spirituale della nostra vita.
Inoltre, lo studio dell’empatia risulta centrale anche per una ridefinizione delle tematiche maggiori del discorso fenomenologico ed esistenziale. Theodor Lipps si avvide della necessità di una tematizzazione dell’empatia. Husserl pose in evidenza l’importanza della questione. Anche i suoi dubbi e le sue incertezze segnano l’apertura di una direzione di studio e d’indagine che riconduce a Max Scheler e soprattutto al rinnovamento della fenomenologia della persona e della relazione umana, che è alla base delle indagini antropologiche, etiche e pedagogiche di Edith Stein. Lo sviluppo del dibattito sull’empatia in ambito fenomenologico pone di per sé la necessità di un ricongiungimento di queste ricerche con quelle svolte dalle neuroscienze attuali e porta a riflettere su importanti sviluppi filosofici attuali, quali le filosofie di Lévinas e di Derrida. In effetti, termini come empatia e compassione non solo non sono in contrasto, ma possono essere visti come aspetti di un processo di intensificazione e di qualificazione dell’esperienza umana integrale. Si pensi qui al collegamento delle due tematiche a quella del perdono, inteso (come ben si avvide Paul Ricoeur) come dono gratuito che costituisce non solo un superamento di una logica dell’equivalenza, ma che apre nuove dimensioni di creatività etica e antropologica.
La questione conduce a un discorso ancor più complesso che porta a riflettere su esperienze umane tra le più profonde e radicali. L’empatia non può essere scambiata con la compassione. Possono esservi processi empatici che non ascendono al grado della compassione. Quest’ultima indica una dimensione ulteriore dello sviluppo umano che coinvolge sé in quanto tocca i vertici della relazione con gli altri. La compassione non è affatto colpevolizzazione e vano tormento che si radica in un terreno umano reso arido e privo di energia o di coraggio. La compassione indica una capacità umana tra le più elevate e le meno scontate e ripetitive. Bisogna chiarire che la compassione è un riconoscersi «parte di una stessa umanità, ferita e umiliata, che si ritrova e riscopre la gioia, e anche la sofferenza, di un destino comune, all’origine della responsabilità, cui nessuno può sottrarsi» (p. 65). In questo modo, siamo portati a vedere nella compassione lo sviluppo di profonde spinte empatiche che sono presenti nell’uomo e che ci dimostrano la condizione complessa dell’essere umano. L’uomo può essere portato a perdere contatto con la sua dimensione empatica prettamente umana e orientare tutta la sua vita a una riconferma di sé e delle sole proprie esigenze. In effetti, l’uomo deve fare i conti non solo con la sua costitutiva apertura agli altri uomini, ma anche con la sua fragilità e con la sua difficoltà a costruire la sua umanità. Inoltre, va aggiunto che la dimensione empatica permette una congiunzione della conoscenza effettiva dell’altro da sé e quella dell’azione. Rocco Pititto insiste spesso sulla necessità di considerare il legame concreto che collega l’uomo all’altro essere umano e sottolinea come termini quali io e tu vadano presi anche nel processo di costruzione del noi e della vita comune intersoggettiva. Questo è tanto più vero quando si consideri che una delle tensioni profonde della spinta a essere che ci costituisce è orientata alla costituzione di una comunità umana riconciliata e amorevole. Si tratta di un collegamento essenziale anche per l’indagine filosofica e per l’interrogazione etica. Il discorso si intensifica ancora. L’Europa, patria di cultura e di filosofia, si è spesso autorappresentata come la terra del compimento dell’uomo rispetto a dimensioni culturali meno evolute. Eppure, nel cuore stesso dell’Europa del Novecento, si è ancora elevato il grido dell’uomo innocente fatto oggetto di persecuzioni e di violenze insensate o motivate dal razzismo, dalla paura e dall’odio per la diversità. L’interrogativo di Giobbe, che deve estendersi a tutta l’umanità sofferente e colpita dal male e dall’ingiustizia, si ripropone nei secoli e si presenta nell’esperienza dei nostri giorni. Come dice Jean-Luc Nancy, è terminato drammaticamente il tempo delle teodicee e delle logodicee. Mentre le nostre parole sembrano sempre più povere, la presenza del male dà un rilievo ulteriore al tema dell’empatia e della compassione come volontà o capacità di lotta contro il male e di aiuto a colui che soffre. Il discorso si eleva alla dimensione religiosa della domanda a Dio sul perché della sofferenza del giusto. Tale domanda si svela anche come una domanda che si pone nel cuore stesso dell’esperienza religiosa attuale, poiché non è più possibile scindere il destino dell’uomo umiliato e offeso e il destino di Dio. Pititto dà un’importante spinta a riflettere sul senso dell’alleanza dell’umano e del divino nell’amore e nel dolore. Solo nella compassione e nel perdono possiamo pensare la risurrezione. Perciò, la torsione del discorso rivela ancora un’apertura radicale all’altro che non è più solo dinanzi a noi, ma è colui con il quale e per il quale viviamo. Attraverso un’analisi attenta, paziente, partecipe, amorevole emerge il significato di una filosofia che non fa dell’altro solo un altro uguale a me, ma comincia a pensare davvero nella dimensione del noi come luogo di una comune apertura dell’io e del tu. In tale prospettiva l’altro è come me e come Dio stesso nella sofferta ricerca di una terra senza violenza e sopraffazione.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-4/2016
(http://www.pftim.it)
-
-
-
-
20,00 €→ 19,00 € -
-
-
22,00 €→ 20,90 €
-
18,00 €→ 17,10 €
-
-
18,00 €→ 11,70 € -
-
24,00 €→ 12,00 € -
-
12,00 €→ 6,00 € -