EAN 9788838241710
In una straordinaria opera di rivelazione letteraria, Lady Norrington getta nuova luce su un importante personaggio storico: la seconda moglie di Thomas More. Sebbene per più di quattro secoli sia rimasta sullo sfondo come una figura sconosciuta e molto oscura, durante i ventiquattro anni di matrimonio con Thomas More seguì con consumata abilità una delle più considerevoli famiglie in Europa. Riuscì a far ridere il marito dopo tutti questi anni di vita comune, e continuò a farlo ridere durante i giorni bui e pericolosi dei suoi mesi nella torre di Londra: un risultato indubbiamente raro e un trionfo di coraggio e di risolutezza. Questa originale ricerca rivela inoltre che Lady Alice non fu, come molti hanno suggerito, una persona di rango inferiore che More elevò al suo status sociale. Al contrario, troviamo una ricca signora di buona famiglia con il sangue dei re nelle sue vene, che mediante il matrimonio di suo cugino era diventata parente di Enrico VII e di Enrico VIII. La sua famiglia era grande amica dei Tudor molto tempo prima del matrimonio con Moro. Una scoperta ancora più considerevole è che mentre i discendenti di Moro furono per la gran parte proprietari terrieri, preti e monache, i discendenti di Alice, attraverso l'unico figlio sopravvissuto dal suo primo matrimonio si trovano inseriti in alcune delle più aristocratiche famiglie d'Inghilterra, quali Alington, Bray, Savage, Spencer, Stanhope e Strathmore. Si arriva, percorrendo questa strada genealogica, alla discendente più famosa, la Regina Madre, Elizabeth di Glamis e a sua figlia la Regina Elisabetta II.
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prof. pompeo giuseppe gangale il 13 dicembre 2012 alle 16:50 ha scritto:
Per un lettore che non conosce Thomas More l’importanza di questo studio, la cui traduzione italiana è stata curata da Giuseppe Gangale, può essere anche poco determinante, al contrario per chi lo studia e lo ama rappresenta una sorta di scatola nera che disvela aspetti impensati e non facilmente raggiungibili attraverso la ricerca storiografica.
Si tratta di una ricostruzione innanzitutto genealogica e poi biogra¬fica della seconda moglie di sir Thomas More, molto minuziosa, fatta da una studiosa legata ai discendenti dei coniugi in questione.
Lo scritto può essere collocato all’in¬terno di un’idea di santità laica difficilmente riscontrabile nel panorama letterario religioso nazionale ed internazionale. Questa idea si fonda su una considerazione del concetto di santità che non è avulsa dalla tradizione ecclesiale, ma che ha avuto grazie al Concilio Ecumenico Vaticano II la sua massima espressione.
Il santo non è colui che fa esperienza di Dio nel confitto o nel su¬peramento delle realtà terrestri, bensì nell’accoglienza e nella piena ac¬cettazione e condivisione del mondo. In questo contesto i santi sposati acquistano un valore del tutto eccezionale perché la famiglia è il primo spazio mondano che hanno saputo accogliere. Di conseguenza coniugi e figli anziché essere considerati degli ostacoli alla santità diventano un aiuto e la ragione stessa della sua ricerca di Dio.
In fondo Ruth Norrington nel suo libro arriva a queste stesse conclusioni. Lady Alice, sebbene immeritatamente sia stata dipinta da quelli che la conobbero e dagli storici successivi come una donna incapace di mostrarsi all’altezza del marito a causa della sua poca cultura e del suo senso fortemente pratico, ha consentito al marito di diventare santo.
ilfocohadaardere il 12 settembre 2014 alle 20:15 ha scritto:
In ordine al precedente commento, devo dire - sarò pure sospettoso- che c'è qualcosa che non mi convince. Da' la vaga impressione di voler tirar per la giacchetta un gigante della fede come San Tommaso Moro, il quale non lo permise al re d'Inghilterra Enrico VIII, figuriamoci a chi vuole oggi legarlo e immiserirlo in logiche di così ristretto respiro come quelle "conciliariste" di maniera così politicamente corrette, tendenti ad osannare un "abbraccio d'amorosi sensi tra la Chiesa Eterna ed immutabile Corpo Mistico di Cristo, ed il "mondo", in nome di uno sfacciato antropocentrismo che rende orizzontale ciò che deve rimanere sempre, ed ha, per sua essenza, dimensione e slancio Verticale, teso alla realtà Eterna, Immutabile, Sovrannaturale di Dio. Dunque, caro signore, lasci stare i banali concetti di "laicità" e di "umanesimo" e di "apertura al mondo", triti e ritriti, tipici della vulgata post conciliare e post sessantottina...S.Tommaso Moro, semmai, proprio per non cedere a quell'innaturale (per un cristiano)"abbraccio" col mondo (il cui principe è Satana, così dice il Vangelo, e così vede chi ha gli occhi aperti su di esso...), proprio per non barattare la sua fede nell'Assoluto e nelle Sue leggi eterne, coi dettami e con le convenienze di quel mondo (IN cui era, ma DI cui non era...anche questo dice la S. Scrittura), arrivò all'estrema testimonianza del martirio...Ecco, pertanto, che davvero sa di "operazione piccola piccola", ogni tentativo, reale o apparente, volontario o non voluto, di "etichettare" una figura così immensa di cristiano nelle attuali miserrime vicende tutte "antropologiche" della "Nuova Chiesa" molto spostata sulla centralità dell'uomo, dei suoi diritti, del "mondo", e delle sue esigenze e etiche, ed invece molto molto dimentica di Dio, e dei Suoi DIRITTI!! Pace e bene.