Vivere la terza età
-I ricordi, le emozioni, il compimento
(Qualità della vita)EAN 9788838241338
Della vecchiaia si parla in genere male: se ne conoscono gli aspetti negativi e si ignorano quelli positivi. È l’opinione dell’autore di questo saggio sulla terza età, docente di antropologia medica all’Istituto internazionale di teologia pastorale Camillianum di Roma, il quale per altro, a conferma di ciò, cita il suggestivo scritto sulla vecchiaia di Jéan Améry, che annota: «Invecchiando diveniamo estranei al nostro corpo […], dobbiamo vivere con il morire: una pretesa scandalosa, un’umiliazione senza pari, che incassiamo con umiltà, ma da umiliati» (p. 11).
Il saggio è una risposta articolata e a mio parere ben argomentata a questa amara annotazione di Améry e di quanti come lui vivono di pura ragione senza accorgersi che cosí facendo, o meglio cosí vivendo, sottraggono forze alla vita. Mentre invece anche la vecchiaia è un dono che merita di essere valorizzato: «Essa completa la vita, la comprende fino in fondo, scoprendola alla radice nella sua intima connessione con la morte. Chi se ne rende conto troverà giusto quanto ha detto Buber: piú si diventa vecchi piú si sente il bisogno di ringraziare» (p. 170). Non è certo facile condividere una visione cosí positiva e alta della vecchiaia, soprattutto se si pensa alla condizione di emarginazione materiale e spesso anche spirituale di chi invecchia nella nostra società. Una cosa è certa: la vecchiaia non è mai un destino, dipende da noi come viverla. Ma, appunto, viverla, non subirla.
Con stile accattivante e leggero nonostante la gravità dei temi toccati, l’autore delinea le condizioni per «vivere» la terza età e affronta molto concretamente i problemi che spesso purtroppo l’accompagnano e non sono pochi. Alcuni, di carattere personale, chiamano in causa le risorse dell’anziano, le sue perdite e compensazioni, il contesto culturale, l’attività mentale, la visione della vecchiaia come compimento e non disfacimento dell’umano (pp. 21-37). Altri, di carattere piú sociale, riguardano il rapporto tra l’anziano e la società, i legami sociali e il rischio di emarginazione, le risposte sbagliate all’emarginazione, i rimedi contro l’emarginazione, il volontariato (pp. 39-56). Altri ancora emergono nel momento in cui arriva, se arriva, la necessità o l’urgenza di passare dall’ambito familiare al ricovero: e quindi i problemi della casa, del distacco dall’abitazione familiare, del nuovo contesto in cui l’anziano si trova a vivere, del ricovero (pp. 57- 73). Già, il ricovero e l’attività assistenziale: anche qui quanti problemi da affrontare da parte di chi assiste e di chi è assistito.
È sufficiente elencarli: il servizio, la cura e la prestazione lavorativa, la cura come rimedio alla solitudine, la cura diretta al singolo, la cura e la gratuità, la cura e il genio femminile (pp. 75-96). Problemi molto complessi che rimandano ad altri problemi ancora, a dimensioni ben piú profonde della terza età, come l’anziano e il tempo, la memoria, il ricordare, sia come ripensamento del passato, sia come operazione emotiva o inclinazione a passare dalla memoria al racconto autobiografico, dal ricordare allo scrivere, al raccontarsi senza venir meno al rigore morale della sincerità (pp. 97-114). Rigore che impone da una parte di non eludere il problema piú radicale della terza età, la vecchiaia e la morte, dall’altra di affrontare temi non facili, quali la conoscenza nell’anziano, la vecchiaia come caduta e ascesa, la morte responsabile dell’anziano, le risposte dell’anziano alla morte (pp. 115-135).
Si arriva cosí, dopo aver scandagliato l’abisso, a parlare anche di vecchiaia riuscita che porta a vedere l’anziano al di sopra delle passioni, ad affrontare la grande lezione della modestia, magari a portare l’esempio di Catone e perfino a proporre l’umorismo come ricetta congeniale all’anziano, senza per altro dimenticare il richiamo ai valori e apprendere ed eventualmente insegnare l’arte di invecchiare (pp. 136-152). Ma per arrivare alla vetta e proporre la vecchiaia come opportunità da valorizzare il cammino è ancora lungo e le tappe sono: partire da una nuova conoscenza di sé, mostrare come dal passato non ci si stacca mai, ma soprattutto non idealizzarlo, accettarlo per quello che è, un intreccio di bene e di male, per cui la storia non si chiude, si riapre: di qui il compito di rinascere, perché si nasce anche nella vecchiaia. A due condizioni: una, già ricordata, è che non venga subìta; l’altra è che non si eluda il confronto con la morte (pp. 153-170).
Che dire di questo breve saggio, un vero e proprio trattatelo sulla terza età? Ciò che lo distingue da altri che hanno affrontato temi simili sono sicuramente la singolare semplicità e chiarezza espositiva, ma soprattutto la singolare capacità dell’autore di rendere facile la lettura di temi difficili, la sua modestia, quel misto di sapienza e buon senso che oltre a chiamare le cose con il loro nome, non rifugge dalla concretezza delle indicazioni pratiche. Per il lettore piú esperto che desiderasse approfondimenti il saggio è dotato di una bibliografia essenziale, utile in particolare a chi fosse interessato ai risvolti filosofici, oltre che sociali, dei problemi trattati.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2012
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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