Edith Stein o dell'armonia
-Esistenza, Pensiero, Fede
(Interpretazioni)EAN 9788838240621
L’ultimo saggio di Angela Ales Bello pone al centro delle sue analisi la vita e il pensiero di Edith Stein esaminate attraverso la categoria dell’armonia. Nella prima parte, il testo si apre delineando, anzitutto, il rapporto della Stein con l’ebraismo e il cristianesimo. Da questo rapporto, infatti, ha inizio la conversione della pensatrice ebrea. Il saggio, in proposito, individua subito due dati fondamentali: il contesto familiare, in cui ella viveva, di non stretta osservanza della religione ebraica (cf. p.17) e lo studio della filosofia. Proprio quest’ultimo dato costituisce un elemento determinante rispetto a quella fondamentale libertà di approccio ai problemi della filosofia e alle domande della fede che caratterizza l’atteggiamento della Stein. La conversione alla fede cristiano-cattolica e l’impegno nella ricerca filosofica – ricerca segnata da una costante attenzione a lasciar emergere “ciò che è evidente” affinché il datum si mostri “così come esso è ” – trovano, così, una convergenza unitaria nella pensatrice ebrea. L’autrice interpreta e rilegge il cammino esistenziale e intellettuale che la Stein ha compiuto internamente a questa ricerca, che è allo stesso tempo ricerca di unità, di armonia. La complessità della figura della pensatrice ebrea, che sintetizza in sé aspetti apparentemente diversissimi tra loro, come ebraismo e cristianesimo, filosofia e mistica, passa attraverso l’esperienza della frequentazione assidua e del contatto con il fondatore del metodo fenomenologico, Edmund Husserl. In questa prima parte, il nostro saggio si sofferma perciò ad esaminare il senso della centralità del Leib per l’indagine fenomenologica. Tale digressione ha l’intento di mostrare il significato dell’avvicinamento di molti fenomenologi al cristianesimo. Si pensi a Husserl, a Max Scheler, alla stessa Edith Stein. Scrive Angela Ales Bello: «Il cristianesimo ha connesso, come si è visto, nella figura di Cristo il momento hyletico e quello noetico. Ciò non è detto esplicitamente dalla Stein, ma penso che possa costituire la ragione profonda dell’accettazione del cristianesimo da parte dei fenomenologi. Questo rientra in un’armonizzazione fra trascendenza e immanenza operata dal cristianesimo, che la Stein sa cogliere non come momento di contrasto, ma piuttosto come sintesi» (pp. 38-39). Alla descrizione del cammino di conversione al cristianesimo, presupposto da una forma mentis fenomenologica che approccia le “cose stesse” con la libertà da ogni pregiudizio, il saggio accosta, dunque, l’incontro decisivo di Edith Stein con l’autobiografia di Santa Teresa d’Avila. L’adesione alla fede cristiano-cattolica va allora di pari passo con la maturazione e lo sviluppo dell’impegno intellettuale. Nella seconda parte del saggio, dal titolo Unità e complessità dell’essere umano, l’attenzione è maggiormente concentrata su quella dimensione filosofica che interessa più da vicino le indagini della Stein: la questione antropologica. L’io nella sua struttura di corpo, anima e spirito, il rapporto maschile-femminile, l’empatia, costituiscono i temi attraverso i quali la Ales Bello analizza l’ideale, ad un tempo metafisico e morale, della Stein che è l’armonia. La trattazione di tali temi, tuttavia, non può non esigere il riferimento alla matrice da cui essi sono stati generati. Con la fenomenologia husserliana, che fa da sfondo alla sua riflessione filosofica, il saggio mostra come, ancora una volta, il percorso umano e intellettuale di Edith Stein non solo risente dell’opera del maestro, ma ne rielabora i problemi fondamentali alla luce di una prospettiva nuova e originale. In particolar modo, intendiamo sottolineare due delle tematiche che la Ales Bello esamina qui ponendo al centro la visione fenomenologica: da un lato, quella che nell’analisi della persona umana è definito il nucleo e, dall’altro, la questione dell’empatia. La prima questione, affrontata all’interno della visione antropologica della Stein, seguendo principalmente il testo La struttura della persona umana, tocca un punto di particolare interesse per la ricerca filosofica, poiché apre la possibilità di pensare il mistero della trascendenza a partire dalla stratificazione dell’io, così come ben evidenzia l’autrice. La disamina dell’essere umano che ha il suo centro nel nucleo, inteso come dimensione che sfugge all’identificazione dell’individualità e del sé, permette a Edith Stein di descrivere l’essere cosciente dell’io come una luce interiore che illumina il flusso del vivere, la corrente dei vissuti (cf. p. 54). Lo scopo della messa in evidenza di questo percorso, teso come abbiamo visto ad analizzare la struttura dell’essere umano, è rappresentato dall’ideale di una filosofia cristiana capace di armonizzare le diverse istanze poste in gioco. Ales Bello chiarisce questo intento della pensatrice ebrea proprio rilevando la complessità con cui l’io, tra “superficie” e “profondità” (cf. p. 64), è descritto e delineato. Una “mappa dell’interiorità” che abbraccia, sotto la denominazione di filosofia cristiana, la psicologia, la filosofia e la mistica. Il tema dell’empatia, invece, chiude questa seconda parte del saggio ed è anzitutto inquadrato nel suo significato originario, significato che si riferisce direttamente alla fenomenologia classica e a Husserl. L’autrice considera le due linee fondamentali con cui l’indagine fenomenologica esamina il vissuto dell’empatia, la questione dell’alterità, il riconoscimento dell’alter ego, e il rapporto tra individuo e comunità. Il problema dell’empatia – cui la Stein aveva dedicato la sua Dissertazione di Laurea – costituisce allora una chiave di lettura che si colloca tra il discorso sull’amore etico e la sua conditio fenomenologica. Seguendo, in prospettiva fenomenologica, l’analisi steineina del rapporto tra individuo e comunità la Ales Bello coglie il punto di unità delle scienze dello spirito. Queste, in quanto formazioni culturali, sono riconducibili ad una più profonda unità di senso (cf. p. 92), unità che rappresenta il terreno comune in cui e da cui esse prendono vita. In ultima istanza, il saggio si propone un’analisi del discorso tra filosofia e religione, evidenziando la via mistica come via “ulteriore” ma non alternativa a quella filosofica. La scoperta, da parte della Stein, del pensiero medioevale e lo studio di Tommaso d’Aquino, il concetto di filosofia cristiana, il confronto con l’opera Il castello interiore di Santa Teresa d’Avila, sono questioni qui trattate in modo tale da rendere evidente il ruolo che la stessa Stein attribuiva alla filosofia, quello cioè di “mettere armonia”. La vita, il pensiero e la fede della pensatrice ebrea trovano, in questo discorso, una sintesi che non annulla le differenze, non le supera in una più ampia prospettiva di senso, non cancella l’autonomia di ciascun ambito di indagine. L’armonia è considerata come categoria che va al di là di un discorso meramente etico, divenendo anzi il problema che riconduce le diverse realtà e i diversi campi di indagine alla domanda ultima, la domanda metafisica per eccellenza. Il “mettere armonia” dunque rappresenta una chiave di volta, una chiave interpretativa della realtà (cf. p. 233) che, se costituisce la questione ultima e fondamentale della filosofia occidentale, si pone anche come ideale umano, morale ed esistenziale da realizzare. L’autrice individua questo ideale incarnato in Edith Stein: «I due aspetti fondamentali della unità e molteplicità, dell’immanenza e della trascendenza, sono sintetizzati in una ricerca che è esemplificata dal percorso esistenziale e filosofico di Edith Stein. E poiché tali aspetti non sono in lei separati, ma trovano una straordinaria sintesi, è possibile rintracciare contemporaneamente il vivere l’armonia e il pensare l’armonia» (p. 236). D’altra parte, nell’opera della maturità della pensatrice ebrea, Essere finito e essere eterno, l’ideale esistenziale e morale si traduce in maniera quasi emblematica nel modo stesso di comprendere la riflessione filosofica. La filosofia, tesa ad abbracciare in uno sguardo olistico i saperi, non può esimersi dal dialogare con la teologia. Nel suo rapporto con istanze “altre da sé”, se essa accetta di dialogare con la teologia accogliendo l’idea della Rivelazione, allora diventa filosofia cristiana: «Se è compito della teologia stabilire i fatti della Rivelazione come tali ed elaborare il loro significato proprio e il loro nesso, compito della filosofia è di mettere armonia tra ciò che essa ha elaborato con i suoi propri mezzi e ciò che le viene offerto dalla fede e dalla teologia, nel senso di una intellezione dell’essere basata sui suoi ultimi fondamenti» (Edith Stein, Essere finito e essere eterno. Per una elevazione al senso dell’essere, tr. it. di L. Vigone, presentazione di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1988, p. 60, corsivo nostro). Il saggio di Angela Ales Bello ha il merito di evidenziare questo dato e di condurre l’interrogazione filosofica – seguendo la riflessione della Stein – ad aprirsi alla questione metafisica e a riproporre in campo un problema che né la cultura del nichilismo, né quella del relativismo potranno mai definitivamente accantonare. Esso infatti risorge continuamente dalle macerie dallo scetticismo di ogni tempo come domanda radicale, domanda ineludibilmente inscritta nel cuore dell’uomo.
Tratto dalla rivista Aquinas n. 3/2009
(http://www.pul.it)
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