Esaurito
Descrizione
La storia dell'Occidente, per la sua matrice ebraico-cristiana, può esser vista come una variazione dei significati assunti da due categorie, apocalisse ed escatologia. Partendo dalla loro rigorosa definizione - escatologia come attesa della fine del mondo e apocalisse come rivelazione del Regno - l'autore si sofferma su due autori emblematici delle origini del cristianesimo, Paolo, e della fine della cristianità, Sergio Quinzio. Se nelle Lettere di Paolo possiamo sorprendere i vari significati assunti nel cristianesimo antico dal termine escatologia - attesa di un ritorno imminente del Signore, spiritualizzazione di quest'attesa, fino all'«escatologia aoristica» della Lettera ai Colossesi, dove si parla di una salvezza compiuta -, in Quinzio abbiamo il consumarsi, nella sua paradossalità, della tensione apocalittica: il ritardo del ritorno del Signore diviene in lui appello alla promessa di redenzione, non rassegnandosi alla sua smentita storica. Attraverso Paolo e Quinzio, si può leggere in filigrana la storia di un'eredità religiosa che, nata per giudicare il mondo, ne è divenuta parte tra fedeltà, inevitabili tradimenti, e nostalgia delle origini. Un'eredità che ha nella carità (nell'agápe) un modello quanto mai prezioso per vivere con e per gli altri in un mondo dove le catastrofi non annunciano una rivelazione prossima, ma il persistere di una sofferenza ingiustificata.
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Nel corso del tempo «apocalisse» è diventato sinonimo di «catastrofe naturale», mentre nel suo significato originario significava rivelazione del Regno. Muovendo da questa considerazione, il breve ma denso saggio si sofferma sul binomio apocalisse – escatologia. L’analisi dell’a. prende come strumenti per svilupparsi l’Apostolo delle genti, san Paolo, e uno degli ultimi profeti di un’età che per molto ha indugiato sulla «morte di Dio», Sergio Quinzio. Con essi si delinea la storia di un’eredità religiosa che divenuta parte anziché giudice trova nell’agape la sola resistenza nei confronti di una sofferenza ingiustificata.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 4/2010
(http://www.ilregno.it)
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