Certezza e realtà
-Uno studio sul pensiero filosofico di John Henry Newman
(Strumenti/Filosofia)EAN 9788834329634
Il saggio che presentiamo si colloca sullo sfondo della questione della certezza come orizzonte entro cui studiare e ripercorrere la speculazione di J.H. Newman in vista di una più completa comprensione del Saggio a sostegno di una grammatica dell’assenso (d’ora in poi Grammatica), inserendolo nel contesto del percorso intellettuale del pensatore inglese a sua volta segnato dal dialogo con la moderna tradizione filosofica britannica. Proprio a questa tradizione britannica di riflessione sulla certezza è dedicato il cap. I per evidenziare gli elementi di riferimento per Newman. La nozione di certezza riveste un ruolo centrale in tale tradizione culturale e il volume presenta le posizioni di autori come W. Chillingworth e J. Tillotson, J. Wilkins e J. Glanvill, J. Locke, D. Hume, T. Reid e D. Stewart. Il dialogo con i moderni è presente in Newman il quale, però, mentre riconosce la probabilità come modo caratterizzante la conoscenza reale, è preoccupato di dare spessore e valore conoscitivo alla probabilità intesa come testimonianza di verità (cf.58).
Il secondo capitolo esamina la prima formazione di Newman fino ai Sermoni universitari. Si riconosce l’influenza di R. Whately ma soprattutto il ruolo centrale di J. Butler e del suo The analogy of religion, natural and revealed, to the constitution and course of nature (1736), che Newman legge nel 1825. Egli rimane profondamente colpito dal metodo di intelligenza della realtà naturale e rivelata e dalla valenza del principio dell’analogia così formulabile: “da ciò che si conosce è possibile inferire il simile”. In Butler troviamo il riconoscimento del valore della probabilità quale evidenza non dimostrativa che vige nelle realtà di fatto (evidenza probabile) ma allo stesso tempo Newman vuole oltrepassare l’idea che la fede sia solo l’assenso ad una probabilità e non una certezza assoluta (su cui si basa l’assenso). È in questo periodo che Newman applica la sua idea e il metodo di “accumulo di probabilità come prova non dimostrativa” al saggio, pubblicato nel 1826, The miracles of Scripture, concludendo circa l’assoluta ragionevolezza dell’aderire alla testimonianza per il complesso delle ragioni ottenute. Questo è anche il periodo in cui Newman si getta a capofitto nello studio dei Padri della Chiesa, da cui proviene la pubblicazione nel 1832 de Gli ariani del IV secolo e, tra le altre cose, delle due serie degli Oxford university sermons che l’autore presenta alle pp. 85-95 e 113-132. La seconda serie (i sermoni predicati dal 1839 al 1842) contiene la formulazione più articolata del rapporto tra fede e ragione (in questo periodo della sua vita), il cui concetto centrale è quello di “probabilità antecedente”, attorno al quale si sviluppa l’intera opera di Newman, perché «espressione di quel realismo che permette una conoscenza autentica e un giudizio prudenziale» (113).
Il capitolo 3 affronta il periodo segnato da quel radicale cambiamento nella vita di Newman rappresentato dalla conversione al cattolicesimo. In questa nuova fase della formazione di Newman incontriamo la teoria dello sviluppo della dottrina cristiana che va di pari passo con la conversione. Il testo ripercorre anche l’esperienza romana al Collegio di Propaganda Fide (1846-1847), il legame con Giovanni Perrone, e i tentativi di Newman in questo tempo di chiarire le sue idee mostrandone il sostanziale accordo con la dottrina cattolica. A questo periodo risalgono le Theses de fide, in cui Newman riflette sulla “certezza non evidente” dell’atto di fede, ovvero sul fatto che la credibilità della fede per essere tale deve fondarsi su un tipo di evidenza accessibile a tutti, che non costringe l’intelletto all’assenso (sarebbe in questo caso vanificata l’opera della grazia), ma che possa offrire alla volontà le ragioni perché questa appelli l’intelletto ad assentire. In tal modo le probabilità generatrici di certezza, ma chiaramente non di evidenza dimostrativa, salvaguardano e valorizzano la libertà dell’atto di assenso. Sul tema centrale della certezza della fede incontriamo lo scritto del 1853 On the certainty of faith nel quale «molte delle idee di Newman acquistano una più ordinata presentazione e appare chiaramente che suo intento è sostenere la ragionevolezza di una certezza non meramente pratica, ma speculativa, cioè realmente determinata dalla conoscenza della verità» (161). Distinguendo tra “verità vedute” (verità dimostrabili afferrate in forza della loro evidenza) e “verità sentite” (verità il cui statuto di verità non essendoci l’evidenza è garantita dalle ragioni morali della loro sostenibilità, ovvero l’accumulo di probabilità convergenti), Newman riconduce le verità di fede alle verità sentite e perciò credibili in quanto dotate di un’“evidenza di credibilità”, ovvero dell’evidenza delle basi per credere a tali verità. Il giudizio su cui si basa l’evidenza della credibilità è chiamato da Newman prudenza, phronesis, parola che avrà un ruolo importante nella Grammatica. Infine è questo il periodo degli scritti sull’università raccolti in The idea of university, testi in cui Newman difende l’apertura «ad ogni ambito del sapere nella consapevolezza della complessità dell’oggetto che è la verità, cioè dell’eccedenza della verità oggettiva» (176).
Il capitolo IV ci conduce alla Grammatica. Dapprima l’autore si sofferma sul Philosophical notebook dove compaiono tematiche importanti per Newman (come ad esempio l’astrazione e l’egotismo), quindi su Assent and intuition e sugli scritti del 1865-1869 composti in preparazione della Grammatica. Soprattutto, e opportunamente, l’autore si sofferma sulla corrispondenza con i Froude, dal rapporto con i quali emerge in Newman il compito inderogabile di dedicarsi alla riflessione e definizione teoretica dell’esperienza e della natura della certezza. Si giunge così al IV capitolo dedicato alla Grammatica, la cui idea chiave, secondo l’autore, «si declina a partire dalla differenza tra assenso e inferenza in quanto atti della mente umana, e si articola, dapprima, nell’approfondimento di una caratteristica essenziale all’assenso, cioè il suo implicare una qualche presa del significato dei termini di una proposizione (I parte: Assenso e Apprensione), e, in secondo luogo, nel paragone tra i due atti (II parte: Assenso e Inferenza)» (220). Intento ad analizzare l’atto della certezza per chiarificare la dinamica cristiana dell’assentire e del guadagno della certezza, l’autore non considera i due capitoli conclusivi delle rispettive parti della Grammatica che si occupano proprio della dimensione cristiana dell’assenso (e questo conformemente all’oggetto della ricerca). Il capitolo si sviluppa ripercorrendo le tematiche della Grammatica: apprensione, certezza, assenso, inferenza, senso illativo.
Il volume si distingue per ampiezza e per la capacità di entrare nel pensiero oggettivamente complesso e poco sistematico di Newman, rintracciando il tema della certezza e ripercorrendolo dalla sua genesi con precisione e padronanza sia dei testi del teologo inglese che della letteratura di riferimento (ampiamente documentata dalla bibliografia).
Tratto dalla rivista Lateranum n.3/2017
(http://www.pul.it)