L'uomo semplificato è l'ultima frontiera della concezione tecnico-scientifica del mondo. Oggi l'ideale di una vita senza complicazioni viene posto nella linearità dei processi e nell'economia delle operazioni tipiche della macchina. L'efficienza è la porta della felicità. Questo non è lo scenario di una fantasia letteraria o la profezia apocalittica di qualche visionario nemico del progresso. È il contesto della nostra vita, la banalità del nostro quotidiano. Pensiamo infatti a come la televisione, il computer, i tablet e gli smartphone costituiscano il paesaggio d'oggi, regolando le relazioni con gli altri e il rapporto con il mondo. Ma pensiamo anche alle procedure standardizzate e automatizzate in cui ci imbattiamo ogni volta che cerchiamo di interpellare un gestore telefonico, un ufficio amministrativo, o anche solo un bancomat o il self-service di un distributore di benzina. Il libro del filosofo francese Jean-Michel Besnier nasce proprio dall'intento di aprirci gli occhi per vedere con chiarezza a cosa rinunciamo quando accettiamo che uno standard tecnologico diventi ciò che ci caratterizza come umani. Le macchine, egli dice, rendono sì semplice la vita (e a volte la salvano, questo non va dimenticato), ma al prezzo di livellarla a colpi di algoritmi e calcoli matematici. E non si tratta di un discorso nostalgico o conservatore. L'allarme di Besnier racconta piuttosto qualcosa che la velocità della tecnologizzazione delle società contemporanee ha solo reso più evidente e drammatico, ma che minaccia l'Occidente da molto tempo, almeno dall'inizio dell'età moderna: la resa a esigenze, spesso economiche o politiche, che riducono l'uomo a un'utile elementarità e che, così facendo, finiscono per renderlo omologato, sostituibile, superfluo. È in questo senso che Besnier può mettere accanto, l'uno all'altro, l'uomo ?moderno' di Pascal che nel divertimento, nel rumore e nell'agitazione cerca di eliminare il dolore dell'interiorità, l'uomo ?carne da cannone' sacrificabile della Grande Guerra e l'uomo scannerizzato dal neuromarketing che usa la sofisticazione della tecnologia diagnostica per carpire preferenze di gusto e indirizzare i consumi. Si capisce come la posta in gioco sia l'essenza stessa dell'umano, che è varietà, immaginazione, complessità, interiorità, ironia, simboli ed emozioni. Tutte caratteristiche che non possono essere contenute nell'uniformità semplificata delle macchine. Nella liquida pervasività di oggi, occorre lo sforzo di una presa di coscienza che, anche attraverso il recupero dello spazio perduto della cultura umanistica, porti a quella che Besnier chiama una «rivoluzione»: la rivoluzione della nostalgia di una profondità, di una irriducibilità alla semplificazione, di un ritorno a una «incontrollabile gioia di vivere».