Per Carl Gustav Jung l'arte fu l'amorosa compagna segreta di tutta la vita. Disegnò, dipinse, scolpì, intagliò il legno, progettò architetture con la maestria e la versatilità di un artista rinascimentale. Pochissimi, tuttavia, ne conoscevano il talento fuori del comune, perché egli decise di non rendere pubbliche le sue opere. Il mondo rimase quindi stupefatto quando nel 2009, a quasi cinquant'anni dalla morte, venne dato alle stampe il Libro rosso, l'inedito forse più strabiliante dell'intero Novecento, dove Jung calligrafò la sua potente visione dell'inconscio, illustrandola con tavole degne della migliore tradizione miniaturistica del Medioevo. Da allora, l'artista che non volle mai chiamarsi tale occupa il posto che gli spetta anche nella storia dell'arte, oltre che nel pensiero contemporaneo. Ma molto rimaneva da scoprire. Al desiderio di ammirare finalmente i tesori mai usciti dagli archivi risponde questo libro, curato dall'istituzione che custodisce il lascito junghiano. La sontuosa iconografia, in larga parte inedita, e i saggi che ne commentano ogni aspetto - dalle raffinate tecniche pittoriche all'uso dei colori, dalle figurazioni simboliche alle valenze meditative, fino alle scelte collezionistiche, che fecero della biblioteca di Jung una «stanza delle meraviglie» - integrano in modo sostanziale quanto si sapeva della psicologia analitica, della sua genealogia e dei suoi sviluppi. Spesso prologhi visivi degli scritti, gli abbozzi, gli acquerelli, i guazzi e le sculture esprimono quel pensare per immagini che rende riconoscibili i processi psichici: un esercizio in vivo, con esiti artistici alti, del metodo dell'immaginazione attiva. E di fronte al cromatismo che accende qualsiasi soggetto Jung raffiguri, paesaggio, demone o mandala, non sarà eccessivo parlare di capolavoro.