Lettera ai Filippesi
-Nuova versione, introduzione e commento
(I libri biblici) [Con sovraccoperta stampata]EAN 9788831538848
Dopo la Lettera ai Romani (2001), l’a., docente di Esegesi del NT presso la Pontificia università lateranense e specializzato nello studio del corpus paolino, propone una nuova traduzione commentata della Lettera ai Filippesi per la collana «Libri biblici» delle Paoline. La sezione di commento, composta in accordo con l’istanza storico-critica e con quella più recente dell’analisi retorica, è preceduta da una panoramica sulle questioni storiche e retorico-letterarie della Lettera e seguita da una sintetica esposizione dei temi teologici fondamentali. Il vol. è corredato da una nutrita bibliografia e di un’accurata sezione di indici.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 8
(http://www.ilregno.it)
Il prof. A. Pitta, uno dei maggiori esperti delle lettere autoriali di Paolo, ai commentari già pubblicati in passato (Galati, Corinzi, Romani) aggiunge ora la Lettera ai Filippesi, accolta nella prestigiosa collana “I libri biblici” delle Paoline. La competenza dell’A. è confermata da questa pubblicazione, frutto di anni di ricerca. Filippesi è definita «lettera della gioia», «il suo testamento, in cui il bene inestimabile del vangelo che è Cristo è consegnato alla comunità che ha più amato: la prima che abbia fondato in Europa» (7).
I filippesi sono chiamati agapetoi «amati», epipothetoi «desiderati», «amati intensamente» (270). Il clima positivo di questa Lettera è testimoniato anche dal fatto che essa riporta solo un elenco di virtù e non di vizi (4,8). Il lavoro esegetico, di alto profilo, si avvale del metodo storico-critico e dell’analisi retorico-letteraria, considerati particolarmente adatti all’interpretazione dell’epistolario paolino. L’analisi puntuale del testo si accompagna a una vasta conoscenza della letteratura classica greca e latina, che ben lasciano comprendere il contesto culturale in cui la Lettera è stata scritta. Il libro è suddiviso in tre parti: Sezione introduttiva (13-49); Traduzione e commento (51-313); Messaggio teologico (315-330). In appendice sono riportati: Filippesi e il canone; storia dell’interpretazione e degli effetti; lessico contenutistico e retorico; ampia bibliografia ragionata e generale; indici degli Autori, lessicale, delle citazioni bibliche ed extrabibliche. Accurato è l’apparato delle note. Simpatica è l’espressione usata per dissentire da altri Autori: «per buona pace di...». I temi teologici evidenziati sono l’annuncio di Cristo: il titolo di kyrios è attribuito solo a Cristo, riconosciuto nella sua signoria più che nella sua messianicità o figliolanza (63, 156, 318).
Anche il termine soter compare qui per la prima volta nell’epistolario paolino (26), mentre il Vangelo è identificato con la stessa persona di Gesù Signore. Grande attenzione è riservata all’elogium di Cristo (2,6-11), definito una confessione di fede (168) e «principale nucleo su cui Filippesi è stata intessuta» (169). Quest’inno non può essere riconducibile a un esclusivo modello ermeneutico (167). La superiorità della conoscenza di Cristo consente di considerare tutto il resto come una perdita o spazzatura (skybala). Guadagnare Cristo consiste per Paolo nell’essere trovato in lui, al di là di ogni sforzo volontaristico (235s), mentre la sua croce diventa lo spartiacque e il criterio di valutazione tra amici e nemici (261). Il tema della mimesi e antimimesi (3,17-4,1) sta molto a cuore all’A., al punto da sostenere che esso «attraversa la lettera, sino a rappresentarne l’intelaiatura e il genere epistolare [...] riferendosi alla riproduzione del modo di valutare di Cristo Gesù e di Paolo» (288). Non è l’etica né l’estetica a fondare la mimesi, bensì l’inverso (289). L’etica paolina «è etica della mimesi o dell’esemplarità che scaturisce in modo naturale dall’essere in Cristo per essere con lui. Se il conoscere lui non diventa l’unica ragione del proprio vivere, non è possibile alcuna etica cristiana e ci si insabbia nel moralismo o, al contrario, in un’etica della situazione» (276).
Altri temi teologici riconosciuti nella Lettera ai Filippesi sono: la paternità di Dio (2,11) riconosciuta in contrapposizione a quella del ventre (3,19). La paternità di Dio passa attraverso il percorso umiliante e drammatico della kenosis di Cristo Gesù con il suo incredibile silenzio. Il paradosso della croce di Cristo è, nello stesso tempo, paradosso di Dio che si rivela nell’assurda signoria conferita al Crocifisso (321). La Chiesa e la cittadinanza politica: la Chiesa di Filippi vive nell’attesa del Signore che viene, consapevole di una cittadinanza celeste che non si oppone a quella terrena, di cui accoglie i migliori valori (324). Essa è il luogo del discernimento (phronein), che esige la via dell’umiltà e dell’obbedienza allo Spirito Santo per purificare le relazioni personali, liberandole da forme egocentriche e faziose (325). Altro grande tema è la gioia che attraversa la Lettera dall’inizio alla fine; si parla della gioia nella sofferenza e nella prova, nell’indigenza e nell’approssimarsi della morte (329). Essa non è un sentimento, bensì la condizione dell’essere in Cristo, una condizione non di partenza, bensì di arrivo (7).
In conclusione possiamo ringraziare l’A. per la parreshia con cui si dedica allo studio e all’insegnamento. L’immagine della discesa agli inferi, brillantemente descritta da Seneca nell’Apokokolyntosis (144), satira menippea sulla morte del divo Claudio che negli inferi è sottoposto al cursus pudorum o dell’ignominia perché ridotto a schiavo, è affine al discorso kenotico dell’inno pre-paolino di Fil 2. Sarebbe interessante verificare eventuali parallelismi o dipendenze tra questi due testi. Al di là di pochissimi dettagli, quest’opera di Pitta risulta curata nei minimi particolari.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 3/2012
(www.rassegnaditeologia.it)
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