Paolo missionario
-Da Oriente a Occidente
(Paolo di Tarso) [Con risvolti di copertina]EAN 9788831535304
L’Anno paolino, appena conclusosi, ha dato i suoi frutti non solo in termini di una conoscenza maggiore dell’apostolo Paolo, ma anche a proposito della crescita d’interesse nei confronti del suo epistolario e della sua «strategia missionaria». L’interesse, suscitato dalla celebrazione bimillenaria della nascita di questo «gigante» del Cristianesimo, ha favorito non solo in Italia, ma soprattutto nel nostro Paese, una produzione di testi (scientifici e divulgativi) a servizio delle comunità cristiane che hanno avuto, così, la possibilità di scrutare all’interno dell’opera paolina la bellezza e la grandezza di questo apostolo, pronto a tutto e disposto a sopportare ogni cosa «purché il Cristo sia annunziato» (Fil 1, 18). All’interno di quest’anno «fecondo» da un punto di vista di pubblicazioni, s’inserisce l’opera di Giancarlo Biguzzi, ordinario di Teologia per la Cattedra di Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Urbaniana e docente presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma.
Il testo che l’autore ci consegna è la seconda edizione, rielaborata e ampliata di un’opera, edita nel 1999, dal titolo: Paolo comunicatore. Tra interculturalità e globalizzazione (Fede e comunicazione 5). Chi si accosta immediatamente a quest’opera, può subito avvertire la sensazione di trovarsi di fronte a una biografa «appassionata», piacevole da leggersi, precisa nei suoi dati, che sa mescolare al meglio scientificità e capacità comunicativa per mezzo di un linguaggio semplice e comprensibile. La sensazione, che si ha alla fine dell’opera, è quella di chi ha percorso insieme all’autore un viaggio sulle orme dell’apostolo Paolo e ne ha condivise la fatica e la passione. Il punto di partenza è Damasco. Si fa riferimento all’evento che ha segnato in modo decisivo l’apostolo e che il nostro Autore, facendo dialogare tra loro gli Atti degli Apostoli e i riferimenti paolini, descrive nei termini di una vera e propria rivelazione, di una chiamata e non di una conversione (I: pp. 11-24). Tutto ciò che segue, trova il suo motivo di forza in questa rivelazione ricevuta: i suoi viaggi, la fondazione delle comunità cristiane e la cura delle stesse attraverso il sostegno dei suoi collaboratori e l’adozione della comunicazione epistolare, rappresentano la «naturale» conseguenza di una missione da assolvere. A Damasco, però, Paolo non riceve da Dio solo la rivelazione del Figlio (cf Gal 1, 16), ma anche quella del suo vangelo (cf II: p. 27). La missione ricevuta è del tutto particolare: l’evangelizzazione, che Paolo condivide con gli altri apostoli, si rivolge alle genti (o gentili). Tutto ciò lo pone di fronte alle difficoltà da superare nei lunghi viaggi che lo portano «lungo le vie del mare e della terraferma, verso molte delle regioni del vasto impero romano» (II: p. 35). Il nostro Autore, tuttavia, coglie con originalità che, prima ancora di essere un viaggio a tutti gli effetti, è stato un percorso interiore che ha portato l’apostolo a uscire da se stesso e a liberarsi dei «privilegi di cui ne andava fiero, e che poi gli sono apparsi come vicoli angusti, e da quelli che gli appartenevano come apostolo» (II: p. 35).
A questo viaggio interiore l’Autore dedica un intero capitolo per evidenziare quelli che sono gli aspetti più interessanti della personalità e del carattere di quest’apostolo: ritratto fisico e storico; la sua apostolicità e il ruolo della grazia; la debolezza e la legge della croce; confessione di battaglie e di dolori; la gioia e la consolazione (III: pp. 45-67). L’opera comprende, poi, una sezione dedicata alla «logistica apostolica» (IV: pp. 71-94). Qui l’Autore espone con chiarezza l’attività missiona-ria dell’apostolo che contempla da una parte un lungo itinerario di viaggi e dall’altra la descrizione di quelli che possiamo considerare come presupposti ne-cessari perché i primi si realizzassero pienamente. Ci riferiamo alla conoscenza, secondo l’Autore, delle lingue (ebraico, aramaico, greco) che permettono a Paolo di comunicare con gli uomini e le donne che incontrava durante i suoi spostamenti e ai quali annunziava il vangelo. Il nostro Autore sembra condividere la possibilità che l’apostolo conoscesse anche la lingua latina che avrebbe appreso durante quattro anni vissuti in due di-verse carceri dove si parlava la lingua latina (IV: pp. 76-79). Il tutto è presentato perché emerga con vigore la capacità comunicativa di Paolo, soprattutto quando è descritto nella sua attività di evangelizzatore nelle sinagoghe e nelle piazze e, quando da queste veniva espulso, nelle domus, dove le prime comunità cristiane erano solite riunirsi per l’ascolto delle Scritture e la fractio panis. In questa mis-sione apostolica, un ruolo non secondario era costituito dall’invio di collaboratori che, dopo la partenza dell’apostolo, avrebbero avuto la responsabilità di continuare a seguire le vicende delle comunità domestiche e far «sentire» la presenza dell’apostolo. Ma Paolo ha avuto la possibilità di accompagnare il cammino delle sue comunità, e non solo, attraverso l’impiego della lettera cui il nostro Autore consacra un’altra sezione (V: pp. 97-119).
Questo genere letterario, preferito a quello del vangelo, era molto diffuso ai tempi dell’apostolo e «era particolarmente utile nell’epoca ellenistica per superare le grandi distanze nell’esercizio del commercio, della guerra, della cultura, della propaganda» (V: pp. 100-101). Per Paolo significava assumere, non acriticamente, uno strumento comunica-tivo ma che richiedeva essere adattato al tipo di missione: nasceva così un genere di lettera cristiana, apostolica, ecclesiale (V: p. 112). Il nostro Autore si sofferma con dovizia di particolari sulle fasi preparatorie e sull’esercizio di questa pratica che anche per Paolo non dovette essere del tutto semplice. C’è una strategia, secondo il nostro Autore, dietro questa personalità così forte nel Cristianesimo, una strategia missionaria che lo distingueva dagli altri predicatori «che frequentavano i grandi centri di incontro o che percorrevano le piccole città e i villaggi di provincia in cerca di adepti o di fortuna e di avventura» (VI: p. 125). L’Autore indugia nel ricostruire e nel presentarci il «piano di viaggio» dell’apostolo da Damasco, passando attraverso l’Arabia, per far ritorno nuovamente nella città che l’aveva cambiato. Di lì l’intento «di dirigersi, via Palmira, a nord-est, verso la diaspora orientale» (VI; p. 129).
I suoi piani, però, devono scontrarsi con quelli di Areta in Damasco e pertanto deve abbandonare il suo proposito di andare verso l’Oriente. Molte altre le tappe che il nostro Autore riporta nella sua opera e lo fa nell’intento di rilevare l’infaticabile iniziativa di quest’apostolo che va incontro a popoli e culture diverse ma tutte destinatarie dell’annuncio del vangelo del quale Paolo ne è un banditore e un testimone. Pur conservando sempre la sua premura e la sua attenzione in favore dei gentili, per Paolo Gerusalemme costituiva il «centro del mondo», «perché le Chiese da lui fondate non potevano non essere in comunione con i Dodici e con le loro Chiese» (VI: p. 148). Non vi è solo la convinzione che a Gerusalemme si siano compiuti gli eventi della Pasqua di Cristo, ma vi è dunque anche un motivo ecclesiologico. Il lungo tragitto, fin qui percorso, ci ha dato l’opportunità di introdurci alla lettura dell’opera di Biguzzi apprezzando la «leggerezza» dello stile e la puntualità delle informazioni per mezzo di una ricca e aggiornata bibliografia. L’opera merita maggiormente un plauso per averci consegnato un’immagine dell’apostolo Paolo in piena sintonia con l’attenzione contemporanea nei riguardi del valore e della «missione» specifica affidata alle tecniche comunicative per un ser-vizio più proficuo alla causa del vangelo.
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 2/2009
(http://www.scienzereligiose-br.it)
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