"La Bibbia commentata dai Padri" rilegge la Bibbia attraverso le interpretazioni e i commentari dei Padri della Chiesa e raccoglie la ricchezza disseminata in tante opere, spesso non facilmente accessibili, sia in lingua greca sia latina, che in altre lingue della cristianità, come il copto, il siriaco e l'armeno. L'opera è diretta da Thomas C. Oden, curata dell'istituto di Studi Cristiani Classici (ICCS) della Drew University, New Jersey (U.S.A.) in collaborazione con un team internazionale di studiosi ed esperti di varie Chiese.
INTRODUZIONE A ISAIA 1-39
Fin da principio i cristiani accettarono la Bibbia ebraica come Scrittura provvista di autorità e composta dalla Legge, dai Profeti e dagli Scritti. Il libro di Isaia fu presente nel canone biblico cristiano fin dall'inizio. Di conseguenza le prime opere degli autori cristiani citano Isaia e inquadrano il messaggio di Gesù come Messia nei termini del messaggio dell'Antico Testamento. I cristiani credono che l'annuncio profetico di Isaia riguardo al Messia che deve venire sia stato portato a compimento nella vita e nel ministero di Gesù di Nazaret. Per i Padri della Chiesa i capitoli 1-39 di Isaia erano importanti soprattutto perché contenevano la promessa della venuta del Redentore.
Gli scrittori patristici si preoccuparono poco dei problemi della critica moderna, come, ad esempio, la reale paternità degli scritti biblici. Mentre consideravano il profeta Isaia come l'unico autore della profezia, per loro era di gran lunga più importante l'autore divino che stava dietro a quello umano. Ritenevano che Dio fosse l'autore ultimo di tutta la Scrittura e che il cristiano che la interpretava avesse il dovere di scoprire nel testo il significato divino. Per la maggioranza dei Padri, pertanto, avevano poca o nessuna rilevanza l'ambientazione originale della profezia o le questioni circa le molteplici paternità del testo, le fonti usate dall'autore umano o l'opera di redazione compiuta da uno scrittore successivo. Alcuni lettori quindi potrebbero restare sorpresi del contenuto di alcuni dei brani che seguono. Le usanze del Vicino Oriente antico hanno scarso rilievo e scarso è lo sforzo di ricostruire il contesto storico originale della profezia. Per gli scrittori di questo volume la Scrittura non era un compendio di storia ebraica o addirittura un trattato di teologia ebraica, era invece un annunciò del Messia che doveva venire. Tale comprensione della Bibbia significava che gli esegeti cristiani cercavano e credevano di trovare il messaggio di Gesù in ogni parte dell'Antico Testamento.
IL TESTO DI ISAIA
Il Libro di Isaia, come quasi tutti i libri dell'Antico Testamento, fu scritto in ebraico. La maggior parte degli scrittori patristici, tuttavia, lesse Isaia in greco o in latino, sebbene molti di essi dimostrassero di conoscere e interagire bene con il testo ebraico. Solitamente il testo usato era una traduzione della Bibbia ebraica realizzata tre il III e il II secolo a.C. da traduttori ebrei sconosciuti. Essa è nota come Bibbia dei Settanta, poiché secondo la tradizione fu tradotta contemporaneamente e in modo indipendente da settanta traduttori, che diedero alla luce settanta versioni identiche. In verità, parti diverse del testo ebraico furono tradotte in momenti diversi e queste sezioni si differenziano notevolmente nello stile e nell'accuratezza.
Nel II secolo d. C. gli studiosi ebrei Aquila, Simmaco e Teodozione produssero altre tre traduzioni in greco dell'Antico Testamento, allo scopo di migliorare la fedeltà della versione greca all'Originale ebraico e di venire incontro alle esigenze delle proprie comunità in continua evoluzione; questo fenomeno fu in seguito interpretato anche come reazione contro i cristiani, che consideravano la Settanta come un libro cristiano'. Gli scrittori patristici fecero riferimento a queste versioni in modo per lo più occasionale: il testo greco di Isaia maggiormente diffuso, usato e commentato era quello della Settanta. Origene di Alessandria riunì queste quattro traduzioni in greco, insieme a un testo ebraico e una translitterazione greca dell'ebraico, in un'opera conosciuta come Hexapla, il cui nome deriva dalle sei colonne nelle quali era suddiviso il volume. Nella Chiesa che parlava greco la Settanta era considerata quasi universalmente come testo ispirato ed era la versione più utilizzata dell'Antico Testamento.
In Occidente, poiché molte chiese cominciarono a utilizzare il latino come lingua ufficiale, ci fu bisogno di tradurre in latino anche i testi sacri. Nella Chiesa d'Occidente cominciarono così a diffondersi molti brani o interi libri della Settanta tradotti in latino, che furono largamente utilizzati dalle comunità. Verso la fine del II secolo questi diversi brani furono raggruppati in un testo unico, comunemente noto come Vetus Latina, ossia versione latina antica, per distinguerla da un'altra versione latina, realizzata da san Girolamo a cavallo tra IV e V secolo e denominata Vulgata. L'opera di Girolamo fu assai complessa e non è possibile riferirne qui se non per accenni molto sommari.
La sua conoscenza dell'ebraico gli permise di affrontare direttamente gli originali del testo biblico e di cercare di renderne una traduzione più accurata e fedele rispetto alla Vetus Latina. Tuttavia il suo lavoro non fu del tutto uniforme e fu compiuto in modi e momenti diversi. Egli tradusse la maggioranza dei libri dell'Antico Testamento direttamente dall'ebraico (o dall'aramaico), fra i quali anche Isaia — cui dedicò l'ampio commentario utilizzato anche in questo volume —; di alcuni, invece, utilizzò il testo della Vetus Latina, correggendolo sulla base dell'ebraico, o in alcuni casi su quello della Settanta o di Teodozione. Il Nuovo Testamento fu preso dalla Vetus e corretto sulla base del greco originale. Il risultato del lavoro di Girolamo, pur essendo nel complesso straordinario, presenta differenti qualità di traduzione e non è esente da difficoltà nella resa del senso dell'Originale, specialmente nei libri profetici.
In Occidente la Vulgatà geronimiana si diffuse inizialmente con difficoltà, poiché la sostituzione del testo biblico coinvolgeva a fondo la vita delle chiese, soprattutto per l'uso che se ne faceva nella liturgia, e non era mai un'operazione indolore. Solo molto tardi arrivò a sostituire la Vetus come testo ufficiale dell'Antico Testamento. Perciò i Padri della Chiesa che parlavano latino lessero Isaia sia nella versione della Vetus sia in quella della Vulgata.