Sotto il nome di "Lettere cattoliche" sono tradizionalmente annoverate 7 epistole che si trovano tra il corpus delle Lettere di Paolo e l'Apocalisse: una dell'apostolo Giacomo, due di Pietro, tre di Giovanni, e una dell'apostolo Giuda. Vengono definite "cattoliche", ovvero encicliche o circolari, perché non sono inviate a una nazione o una città particolare - come quelle di Paolo -, ma a tutti i credenti nel mondo, ossia ai giudei della diaspora. Grazie ad esse possiamo ricostruire la vita delle prime comunità cristiane e l'atmosfera intellettuale e spirituale che ha plasmato le prime generazioni.
INTRODUZIONE A GIACOMO, 1-2 PIETRO, 1-3 GIOVANNI, GIUDA
Le Lettere cattoliche hanno una storia abbastanza complessa nell'evoluzione del canone scritturistico del Nuovo Testamento, e le brevi note che premettiamo a questo volume non hanno alcuna pretesa di completezza espositiva, non solo per quello che riguarda i fini ma anche i mezzi. Il nostro proposito è di guidare il lettore attraverso questo volume antologico, composto originariamente negli Stati Uniti da GeraldBray, che viene ora presentato al lettore italiano.
L'esegesi, nel senso che questa parola ha acquistato negli ultimi secoli, ha caci e risonanze abbastanza diversi dalle intenzioni dei Padri, e questa premessa va tenuta presente nella lettura di questo libro, nel quale dunque non si cercheranno spiegazioni strutturate nel senso dell'indagine moderna, e al tempo stesso non si proverà meraviglia quando ci si imbatterà in spiegazioni simboliche, allegoriche, parenetiche, forse non più dotate di appeal, o forse ancora più interessanti, perché capaci di parlare al cuore, oltre che alla mente.
In realtà bisogna tener presente quali erano le finalità dei Padri nel loro rapporto con la Scrittura: l'esegesi nacque in un contesto già in origine segnato dalla sua matrice ebraica; i primi cristiani, provenienti da mentalità e consuetudini ebraiche, accettarono in linea di massima il canone veterotestamentario, ma cominciarono subito a rileggerlo alla luce del. Cristo. La ricerca delle prefigurazioni del Cristo, e la conferma nel Nuovo Testamento, diede luogo a un'interpretazione tipologici) ampiamente diffusa.
Nacque così l'abitudine, confermata nei secoli successivi, e in maniera piuttosto generalizzata, di cercare il Cristo nell'Antico Testamento. «Cristo è il tesoro nascosto [. . .] nelle Scritture, perché era indicato mediante figure e parabole, che umanamente non potevano essere comprese prima che giungesse a compimento ciò che era profetizzato, cioè la venuta del Signore» ( Ireneo, Adv. haer. 4, 26, 1 [PG 7, 1052]). Con il cambiamento sostanziale all'interno della comunità ecclesiale, dato dall'afflusso dei nuovi credenti provenienti dal paganesimo, e quindi con lo spostamento linguistico verso il greco, cambiano i problemi e anche l'atteggiamento verso la Scrittura. Tanta attenzione sarà dedicata a combattere il fenomeno gnostico, che attribuiva la creazione dell'Antico Testamento per buona parte al demiurgo cattivo. Ma la domanda, comune anche ai marcioniti, era: è ancora necessario conservare l'Antico Testamento, ora che abbiamo una raccolta che ci dà tutto quello che vogliamo sapere su Cristo? La tentazione appartenuta ad alcuni gruppi di scartare l'Antico Testamento fu combattuta fortemente, comprendendo il danno che ne sarebbe derivato, non solo in termini ermeneutici, ma anche nel contesto dell'unità della stessa compagine ecclesiale.
A mano a mano che ci si allontanava dalla comunità delle origini, nascevano nuove esigenze, e la Scrittura veniva letta in maniera sempre più nuova e complessa: si trattava di una lettura maggiormente protesa all'incoraggiamento della comunità. Soprattutto, si cercavano nel sacro testo indicazioni pratiche, per cui uno studioso parla di esegesi patristica quale attualizzazione della Sacra Scrittura. È chiara l'evoluzione della lettura e dell'interpretazione: in un ambiente nuovo, completamente caratterizzato dalla presenza di comunità cristiane, cambiavano i percorsi ermeneutici con la presenza di preoccupazioni pastorali e spirituali, sicché necessità di tipo pratico condizionavano la stessa ricerca teologica. Indubbiamente, «la nuova situazione delle comunità cristiane, iniziata de iure con l'editto di tolleranza del 311 e segnata in modo particolare dalla celebrazione del primo concilio ecumenico sotto Costantino nel 325, non poteva rimanere senza conseguenze importanti per il lavoro teologico».
Date queste premesse, la stessa esegesi divenne più aperta, si arricchì di diversi apporti e, probabilmente, cominciò a percorrere una strada nuova: iniziò ad orientarsi in maniera più dogmatica, ad assumere atteggiamenti pedagogici, pastorali e spirituali, a non essere più letta in sé, ma tenendo presenti le finalità appena dette. In questa luce possiamo considerare lo sviluppo della riflessione esegetica sulle Lettere cattoliche.- non piccola parte è fortemente condizionata dalle situazioni e dalle esigenze del tempo, ma l'impegno e l'amore con cui si è studiata la Parola di Dio assicura a molte delle pagine che ci hanno lasciato un valore pienamente attuale. Uno studioso presenta un'interessante riflessione su Agostino, che possiamo applicare facilmente ai Padri in genere: «Non è possibile parlare dell'esegesi nel senso rigoroso che si dà oggi a tale termine.
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Frate Francisco Martín Casillas il 21 maggio 2020 alle 22:00 ha scritto:
Questa è veramente una buona collana di libri sui Padri della Chiesa. Raccomando completamente questi libri se vuoi approfondire nello studio e la spiritualità della Sacra Scrittura e della tradizione.