INTRODUZIONE A ESODO, LEVITICO, NUMERI E DEUTERONOMIO
Fin dal primo giorno della sua esistenza, nella prima mattina di Pasqua, la Chiesa cristiana ebbe la sua Bibbia — cioè le Scritture ebraiche. Ma i cristiani non leggevano queste Scritture allo stesso modo degli ebrei; le leggevano alla luce di ciò che Dio aveva compiuto in Gesù Cristo. Di conseguenza la Scrittura non avrebbe mai avuto per i Cristiani l'autorità assoluta che la Torah aveva per gli ebrei. Cristo doveva essere per loro l'autorità definitiva.
I primi cristiani; che erano ebrei convertiti; trovarono conferma della loro nuova fede in queste Scritture. I primi capitoli del vangelo di Matteo, per esempio, o la narrazione della passione e morte di Gesù nel vangelo di Giovanni, citano l'Antico Testamento frequentemente con parole come «così che le Scritture potessero compiersi».
Tuttavia questa Bibbia non era priva di problemi per i cristiani. Essi vi trovarono diversi passi che interpretarono come profezie di Cristo, anche di singoli eventi della sua vita. Ma questi passi erano solo una piccola parte di quella Bibbia. Una buona porzione di essa fu considerata irrilevante per la loro fede, specialmente l'esteso corpus di regole rituali nel Pentateuco. Altre parti le trovarono di grande valore: i Salmi divennero presto un libro cristiano di preghiere; le narrazioni storiche offrirono modelli di virtù e della sua ricompensa, o di malvagità e della sua punizione; la letteratura sapienzale si rivelò utile per insegnare i princìpi morali ai pagani che volevano convertirsi al cristianesimo; e i profeti spesso condannavano il formalismo giudaico, così come aveva fatto Gesù.
Ma il problema posto dalla Bibbia non era ancora risolto. Fino a che punto essa era la parola di Dio per la nuova Chiesa? Paolo aveva messo in guardia i cristiani dal non ricadere nella mentalità giudaica, per cui almeno una parte di questa Bibbia non dovesse essere presa alla lettera.
Tre approcci fondamentali alle Scritture ebraiche erano aperti ai primi cristiani: o le Scritture erano da considerare legge, o erano profezie, o ancora erano irrilevanti: Paolo stesso affrontò il problema delle Scritture in modo estremamente radicale: le Scritture erano realmente legge, la legge di Dio, e come tali erano buone. Ma la legge era temporanea ed era stata sostituita da Cristo e dall'ordine della grazia. L'Epistola agli Ebrei rappresenta questa linea di pensiero: ciò che era ripetuto e quindi perfetto nell'Antica Alleanza viene compiuto e portato a perfezione in modo definitivo in Cristo. I Vangeli di Matteo e di Giovanni, al contrario, e altri scritti del cristianesimo antico come la prima Apologia di Giustino, interpretano l'Antico Testamento corre profezia. La terza possibilità, cioè che le Scritture giudaiche fossero virtualmente irrilevanti per il cristianesimo, viene velatamente suggerita in molti libri del Nuovo Testamento in cui la Scrittura non viene mai citata, come è evidente in scrittori come Ignazio di Antiochia.
Fra la fine del I e l'inizio del II secolo si ebbe un radicale cambiamento nell'atteggiamento dei cristiani verso le Scritture. I primi cristiani avevano già accettato le Scritture, e quindi trovavano in esse la conferma della loro fede in Cristo. I cristiani, convertiti in seguito dal paganesimo, in primo luogo accettarono la fede in Cristo, poi si confrontarono con le Scritture, che spesso apparivano misteriose e creavano perplessità. Questo incontro alla fine portò ad una crisi, e precisamente ad una crisi di interpretazione.
Le due soluzioni più radicali a questa crisi di interpretazione si trovano negli scritti di Marcione e nella Lettera di Barnaba, che risalgono all'incirca all'anno 140.
Marcione interpreta le Scritture esclusivamente alla lettera. Ciascuna parola in esse, come egli ritiene, è letteralmente vera e solo letteralmente vera. Il Dio che le Scritture descrivono è tanto ignorante da dover chiedere ad Adamo: «Dove sei?». Questo Dio è così incostante che prima proibisce a Mosè di costruire immagini e poi gli dice di creare l'immagine di un serpente. Egli è indeciso: un semplice essere umano come Mosè può convincerlo a cambiare idea. Le Scritture attestano perfino che Dio può pentirsi. Ma questo Dio può essere anche crudele, e ordina spaventosi massacri di donne e bambini. Marcione trae l'unica conclusione a lui possibile: queste Scritture devono essere eliminate dalla comunità dei cristiani perché sono indegne del Padre di Gesù Cristo, il Dio dell'amore.
L'autore della Lettera dí Barnaba compie l'operazione opposta: egli legge le Scritture ebraiche solo in senso figurato e giunge alla conclusione che gli ebrei non le hanno comprese. L'alleanza — egli ipotizza — era stata valida soltanto dal momento in cui Mosè aveva ricevuto i comandamenti sul Sinai fino a quando aveva raggiunto il fondo della montagna e aveva infranto le Tavole. Poi un angelo malvagio era andato dagli ebrei e li aveva persuasi a prendere le Scritture alla lettera.
In effetti Marcione legge la Bibbia solo letteralmente e la elimina dalla Chiesa; Barnaba legge la Bibbia solo in senso figurato e la porta via dalla Sinagoga.