Negli apocrifi la storia del leggendario anello ricevuto da Dio che permise al Re di assoggettare i demoni e costruire il Tempio di Gerusalemme. Il Testamento di Salomone è un testo pseudoapocrifo in cui il re Salomone è autore e protagonista. È infatti scritto in prima persona, attribuendo a lui il racconto della vicenda che lo vede protagonista, che ha inizio con la richiesta di aiuto da parte di un servo vessato dai demoni. Salomone riceve da Dio un anello che gli permette di piegare i demoni alla sua volontà così da costringerli a lavorare alla costruzione del Tempio di Gerusalemme. La collocazione culturale e cronologica del testo è complessa. Non si conosce l'autore, nè la data di composizione. Probabilmente risalente al I-II secolo d.C., l'opera si è conservata nel greco della koinè, ma si ritiene che sia stata scritta originalmente in aramaico o ebraico.
INTRODUZIONE
1. IL PERSONAGGIO DI SALOMONE
Salomone nella tradizione ebraica
Salomone è un personaggio importante nell'Antico Testamento. Figlio del re Davide, fondatore della dinastia davidica (e messianica), e di Betsabea, vedova di Uria, ufficiale ittita ucciso da Davide proprio per rubarne la moglie, Salomone cresce tra gli intrighi di palazzo che lo porteranno, grazie ai buoni uffici della madre, al trono. Erede delle promesse messianiche di Davide, ne eredita anche il gravoso compito di costruttore del primo Tempio di JHWH, che Davide non ha potuto erigere a causa dei suoi molti peccati. Il regno unitario di Israele sotto la guida di Davide e Salomone viene considerato sostanzialmente storico dagli studiosi odierni, che lo pongono a cavallo tra XI e X secolo a.C., anche basandosi su dati archeologici. Ben nota, per Salomone, la sua sapienza, che egli chiede a Dio come dono. Questa fama di sapienza che lo accompagna fin dall'antichità (proverbiale è il suo giudizio nel caso del figlio conteso tra due prostitute) fa sì che vengano attribuiti a Salomone molti testi confluiti nell'Antico Testamento: si ascrivono a lui due salmi (il 72 e il 127) e quattro libri sapienziali: il Qoelet, il Cantico dei Coltici, i Proverbi e il Libro della Sapienza. Si tratta però di un personaggio che, malgrado la sapienza concessagli da Dio, si abbandona, nella parte finale della sua esistenza. alla dissolutezza con donne straniere. Alla dissolutezza si accompagna un peccato ancor più grande: l'idolatria verso gli dèi stranieri. La conseguenza di tutto ciò sarà la perdita dell'amicizia con Dio e, alla morte di Salomone, la fine del regno unitario ereditato da Davide. La dinastia davidica resterà a capo del regno di Giuda a sud, con capitale Gerusalemme, mentre un altro regno verrà fondato a nord (il regno d'Israele).
Salomone nel tardo giudaismo e nella prima età cristiana
Partendo dalla fama di sapiente cresciuta intorno al personaggio, nel corso dei secoli si moltiplicano i testi pseudepigrafi attribuiti a Salomone. In particolare gli vengono ascritte due raccolte di inni: i Salmi di Salomone e le Odi di Salomone, che hanno origine tra I secolo a. C. e I secolo d. C. Cresce inoltre intorno al personaggio un'aura di mistero che, ben presto, sconfinerà nel magico.
Siamo ben informati su una tradizione che fa di Salomone un mago ed esorcista. Giuseppe Flavio racconta di una pratica di tipo esorcistico che fa a lui riferimento. In tale pratica si usano le formule e il sigillo contenente una delle "radici" prescritte da Salomone. Lo stesso Vespasiano, futuro imperatore, probabilmente durante la sua permanenza a Gerusalemme, può assistere ad uno di tali esorcismi nel suo nome. Si tratta dell'episodio di Eleazaro:
«Dio gli concesse la conoscenza dell'arte da usare contro i demoni a sollievo e vantaggio degli uomini,. compose formule magiche per curare le infermità, e lasciò varie forme di esorcismi con i quali si scacciano i demoni da coloro che ne sono posseduti, e non ritornano più. E questo genere di terapia ha molto potere anche ai nostri giorni: io ho visto un certo Eleazaro, mio connazionale, il quale in presenza di Vespasiano, dei suoi figli, dei tribuni e di una quantità di soldati, liberava i posseduti dai demoni; e le modalità della terapia erano queste: avvicinava al naso dell'indemoniato un anello che aveva sotto il suo sigillo una delle radici prescritte da Salomone; e nell'atto che l'uomo fiutava, espelleva il demonio dalle sue narici, e subito, quando l'uomo cadeva, egli, parlando in nome di Salomone e recitando formule magiche da lui composte, scongiurava il demonio di non ritornare mai più».
In tale brano incontriamo il tipico armamentario esorcistico, in un clima che riecheggia abbastanza da vicino il Testamento di Salomone.
La conferma dell'esistenza di un santuario salomoníco nella città di Gerusalemme ci viene da fonti più tarde, appartenenti alla letteratura cristiana. Furono proprio le comunità giudeo-cristiane della città a ereditare la tradizione di tale santuario giudaico di Salomone, mantenendolo in vita per alcuni secoli. Ancora nell'anno 333-334, l'anonimo estensore dell'Itinerarium Burdigalense vede nella città santa una cripta, nei pressi della Piscina Probatica, dove Salomon daemones torquebat. Possiamo ritenere che la cripta salomonica citata nell'Itinerario sia lo stesso luogo in cui Giuseppe Flavio colloca l'episodio di Eleazaro: un luogo in cui avvenivano — afferma l'Itinerario — molte guarigioni. Meno di un secolo dopo il salomonico sembra essere sparito.