LIBRO 7
1. Questo è il settimo libro che scriviamo contro la temerarietà insensata della nuova eresia. È posteriore agli altri in ordine numerico, ma è il primo e il più importante per la comprensione del mistero della fede perfetta. Non ignoriamo quanto difficile e arduo sia il cammino dell'insegnamento evangelico che in esso dobbiamo intraprendere. Benché ce ne ritragga la trepida consapevolezza della nostra debolezza, tuttavia, spinti dall'ardore della fede. provocati dallo stimolo ardente degli eretici e turbati dal pericolo che corrono gli ignoranti, non possiamo tacere ciò che non osiamo dire, soggiogati come siamo dal timore di un doppio pericolo, che cioè il nostro silenzio o la nostra predicazione ci renda colpevoli di infedeltà alla verità.
La sottigliezza eretica si è circondata degli incredibili artifici di una mente depravata, in primo luogo per fingere di essere devota; poi, per ingannare con le parole la fiducia di tutti gli ascoltatori più semplici, uniformandosi così alla sapienza del mondo: infine, per allontanare la comprensione della verità col pretesto di dar ragione di essa. Difatti, dichiarando l'esistenza di un solo Dio, ha affermato una falsa pietà; confessando d'altro canto il Figlio di Dio, ha ingannato gli ascoltatori abusando del nome: dicendo anche che non esisteva prima di nascere ha soddisfatto la sapienza del mondo. Inoltre, confessando Dio immutabile incorporeo, ha escluso la nascita di Dio da Dio con ragionamenti ingannevoli. Servendosi dei nostri insegnamenti contro di noi, e combattendo la fede della Chiesa con la Chiesa, ci ha messo in un gravissimo pericolo sia che rispondiamo sia che tacciamo, poiché mediante quello che non neghiamo annuncia quello che neghiamo.
2. Ricordiamo che nei libri precedenti abbiamo avvertito i nostri lettori che, esaminando l'esposizione di tutta la dottrina degli eretici, facciano attenzione che questi non si preoccupano d'altro se non di far credere che il Signore nostro Gesù Cristo non sia né Figlio di Dio né Dio. Così, se questi nomi gli sono stati attribuiti solo per una sorta di adozione, gli si viene a negare la natura di Dio e la filiazione; se affermano l'immutabilità e l'incorporeità di Dio — come di fatto è —, lo fanno appunto per negare che il Figlio è nato da Dio, e se confessano Dio Padre come unico Dio, è soltanto perché nella nostra fede Cristo non sia creduto Dio, visto che la natura incorporea non permette di pensare a una nascita, e la nostra confessione di un solo Dio dissolve la fede in un Dio da Dio. Ma già mostrando nei libri precedenti come fallace e inutile questa loro predicazione sulla base della legge e dei profeti, nella nostra risposta abbiamo seguito questo criterio: annunciando Dio da Dio e proclamando un solo Dio vero, si badi a non sostenere per difetto l'unicità [di soggetto] di un solo Dio vero, né ad ammettere per eccesso la fede in un secondo Dio. Nella nostra confessione di fede Dio non è solitario, e non ci sono due divinità'. E in tali condizioni, senza confessare e senza negare che Dio sia uno, l'integrità della fede, è custodita l'integrità poiché l'unità si riferisce ad ambedue e l'uno e l'altro non sono lo stesso soggetto.
Intendendo dunque esporre compiutamente il mistero sempre valido della fede perfetta con gli insegnamenti dei vangeli e degli apostoli, anzitutto non dovevamo inculcar e altro negli uditori se non di sapere che il Figlio di Dio è un essere sussistente per vera nascita, e presentare con chiarezza che il Figlio è da Dio, e non proviene da altro o dal nulla. Secondo quanto abbiamo detto nel libro precedente, non si può dubitare che, eliminando il nome di figlio adottivo, il Figlio è vero per vera nascita. Anche ora l'affermeremo basandoci sui vangeli, dicendo che non sarebbe vero Figlio se non fosse anche vero Dio, e non sarebbe vero Dio se non fosse anche vero Figlio.
3. Nulla è più insopportabile per la natura umana che la consapevolezza di un pericolo — ciò che si ignora o avviene in modo repentino comporta certamente una sicurezza deplorevole, ma non il timore del futuro —, poiché per chi non è all'oscuro di quanto accade, l'ansietà stessa è una sofferenza penosa. Ora io non sciolgo la nave dal porto, ignorando il pericolo di un naufragio; non inizio il cammino, inconsapevole che i boschi sono infestati da predoni; non attraverso il deserto sabbioso della Libia, senza sapere che ovunque ci sono scorpioni, aspidi e basilischi. Nulla sfugge alla mia preoccupazione, nulla alla mia conoscenza. Parlo infatti sotto lo sguardo di tutti gli eretici, che pendono dalla mia bocca e cercano nelle singole parole occasioni per accusarmi; e tutto l'itinerario del mio discorso è attraversato da strettoie, interrotto da fosse, disseminato di lacci. Che sia arduo e difficile, non me ne lamento, perché non lo intraprendo con i miei passi, ma con quelli degli apostoli.