Nel 397 d.C., mentre scorrevano gli ultimi mesi dell'esistenza del protagonista, Sulpicio Severo pubblicò la Vita sancti Martini. Poco dopo ne completò la trama con tre Lettere: la prima per raccontare la singolare circostanza in cui il santo era miracolosamente scampato a un incendio; le altre due per narrarne la morte e i gloriosi funerali. Alcuni anni dopo (nel 404 o nel 405), a completamento di questo dossier martiniano, uscirono dalla stessa penna i Dialoghi. Intento dichiarato di Sulpicio Severo era dimostrare la superiorità del vescovo di Tours su tutti i padri del deserto, sui quali si narravano fatti straordinari. Tra le righe si avverte soprattutto la volontà di difendere la memoria del Santo contro gli agguerriti avversari. L'apologia si estendeva anche al movimento ascetico, che da Martino era nato e al quale Sulpicio e i suoi amici aderivano, ritirati nella esclusiva tenuta di Primuliacum. I tre testi, uniti dai copisti medievali nella raccolta del "Martinellus", godettero di grande fortuna nel corso dei secoli e furono determinanti per il sorgere e lo svilupparsi della venerazione verso questo santo.
INTRODUZIONE
1. SULPICIO SEVERO
Quanto sappiamo sulla vita e sulla personalità di Sulpicio Severo proviene da alcune righe di Gennadio di Marsiglia e dalla corrispondenza intercorsa negli anni tra il 394 e il 403 tra lo stesso Sulpicio e Paolino di Nota: tredici lettere dell'ampio epistolario di quest'ultimo sono indirizzate all'amico Sulpicio; invece non ci è giunta alcuna testimonianza di risposte, se non una lettera che però viene considerata spuria.
Di qui è possibile tentare una ricostruzione della vicenda umana di Sulpicio Severo, che nacque in Aquitania verso il 360 da una famiglia di alto rango sociale e con notevoli disponibilità economiche. A Burdigala (Bordeaux) percorse il tradizionale curriculum studiorum della grammatica e della retorica, per poi dedicarsi agli studi giuridici. Non abbiamo elementi per dire che abbia frequentato le lezioni di Decimo Magno Ausonio, che _fu il precettore dell'imperatore Graziano e che insegnò in Aquitania; comunque sia, l'ambiente culturale di quella città era stato senz'altro permeato da una presenza così importante.
Ausonio era parente, era stato maestro e aveva circondato di stima quel giovane, che poi divenne il grande amico di Sulpicio Severo, cioè Paolino. Questi proveniva da una famiglia senatoria e nel 381 fu governatore della Campania. La sua carriera però subì una brusca ca frenata, probabilmente quando salì al trono Valentiniano II (383-392); l'imperatore infatti, minacciato dall'usurpatore Massimo, fu assai guardingo nei confronti dei funzionari imperiali; tanto più con quelli che si fossero immischiati nelle controversie per la ricezione del concilio di Nicea; Massimo invece dimostrava ai terni ecclesiastici un'attenzione particolare e interessata, nell'intento di ingraziarsi l'episcopato cattolico di Occidente e l'imperatore d'Oriente Teodosio, rigorosamente niceno. Oltre alla disgrazia politica maturata in questo contesto, Paolino venne afflitto dalla perdita del figlio primogenito e di un fratello.
In seguito ci fu un incontro con Ambrogio e la guarigione da una malattia agli occhi, ottenuta dalle preghiere di Martino. Co sì Paolino e la moglie Terasia approdarono alla fede: vendettero le proprie sostanze e, verso il 390, ricevettero il battesimo a Bodeaux. Passarono poi a Barcellona (forse cercando un ambiente lontano dagli intrighi di corte), dove si votarono alla vita ascetica. Nel 394 Paolino divenne prete e l'anno successivo passò a Nola, città di cui era stato vescovo il confessore o martire Felice (sec. III), delle cui gesta Paolino si fece cantore; nel 409 ne divenne il successore fino alla morte, nel 431. Di lui ci sono giunti un ricco epistolario e una serie di inni dedicati appunto a san Felice.
Proprio negli anni di Bordeaux nacque tra Paolino e Sulpicio Severo una grande amicizia, destinata a durare. Terminati gli studi, il nostro Autore intraprese la carriera del foro. Verso il 389 ricevette il battesimo e sposò una donna di famiglia consolare: si aprivano così davanti a lui splendide possibilità di carriera, ma la sorte gli riservò, inattesa, la vedovanza. Lo strazio del momento — in quel carattere che Christine Mohrmann definisce fanatico, ipocondriaco, incline alla depressione — condusse il nostro Autore alla decisione che probabilmente stava ponderando da tempo, seguendo l'esempio dell'amico Paolino.