Il movimento femminile agostiniano nel Medioevo. Momenti di storia dell'Ordine eremitano
(I Prismi. Saggi)EAN 9788831173353
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 14
(http://www.ilregno.it)
A partire dalle fondamentali analisi condotte nel quarto decennio del Novecento da Herbert Grundmann sul difficile inserimento del movimento religioso femminile all'interno degli Ordini mendicanti, è noto come l'attenzione degli studiosi al riguardo si sia prevalentemente concentrata – ancorché con esiti disuguali – su Domenicani e Francescani. In particolare, soprattutto le articolate e complesse relazioni intrattenute da quest'ultimi con il movimento nato dall'esperienza di Chiara d'Assisi e del monastero di San Damiano sono state al centro di una fruttuosa stagione di ricerca, che ha conosciuto la sua acme in occasione dei recenti anniversari della nascita (1992) e della morte (2003) della plantula sancti Francisci (in proposito, cf. E. Menestò, Lo stato attuale degli studi su Chiara d'Assisi, in Clara claris praeclara. L'esperienza cristiana e la memoria di Chiara d'Assisi in occasione del 750o anniversario della morte. Atti del Convegno Internazionale. Assisi, 20-22 novembre 2003, «Convivium Assisiense», 6 [2004], 1, pp. 1-25). Rispetto alle due maggiori religiones novae, senza dubbio più marginale è rimasto invece lo studio del processo d'assorbimento della penitenza femminile due-trecentesca nelle maglie dell'Ordine degli Eremiti di sant'Agostino. Complice anche la sua peculiare vicenda fondativa, culminata nella Magna unio del 1256, e sulla quale ha finito in massima parte per focalizzarsi l'interesse degli storici, l'indagine delle modalità attraverso le quali andò manifestandosi la progressiva istituzionalizzazione della cura monialium presso gli Agostiniani ha così finito per trovare ben poco spazio. Eppure, le ragioni per rivolgersi con interesse al movimento femminile eremitano non vanno ricercate solo nello sforzo compiuto dalla Sede Apostolica per dare un assetto organico alle molteplici esperienze religiose muliebri attraverso la loro incorporazione – come già era accaduto per Minori e Predicatori – nel nuovo Ordine mendicante, ma anche nell'esame degli esiti cui portò l'attribuzione da parte di molti vescovi, tra XIII e XIV secolo, della Regola di sant'Agostino a gruppi di donne penitenti che chiedevano di costituirsi in comunità consacrate. Occupandosi delle prime vicende istituzionali del secondo ordine eremitano, lo studio di Pierantonio Piatti sul movimento femminile agostiniano nel Medioevo contribuisce ora a guardare con rinnovata attenzione a tali aspetti. Va tuttavia sottolineato – è lo stesso autore a precisarlo fin dalla sua introduzione – come, piuttosto che costituire una compiuta storia delle monache agostiniane, il libro si proponga in primo luogo quale instrumentum laboris utile «per la sollecitazione e la prosecuzione della ricerca su questo tema, foriero ancora di interessanti dati e di stimolanti acquisizioni nel campo dello studio della vita religiosa femminile nell'Occidente medievale» (p. 11). In effetti, il percorso di ricerca avviato da Piatti a partire dalla sua tesi di laurea condotta sotto la guida di Anna Benvenuti – alla quale è affidata la Prefazione al testo (pp. 5-7) – e che qui trova una sua prima sintesi, non ha l'ambizione di ricostruire in maniera puntuale la vicenda delle augustinianae moniales, quanto di individuare le principali fasi attraverso le quali l'Ordine degli Eremitani di sant'Agostino recepì progressivamente e quindi guidò l'esperienza penitenziale portata avanti da diverse comunità di donne, fino a legittimarne l'incorporazione nel proprio alveo. Nel primo capitolo (pp. 15-77), Piatti si sofferma sui riferimenti alla realtà femminile agostiniana presenti nella primitiva trattatistica dell'Ordine, tanto di natura storica quanto apologetica. Si tratta di un esiguo numero di opere (due anonimi trattati trecenteschi, il De origine et progressu Ordinis di Enrico di Friemar) su cui spicca senz'altro il celebre Liber Vitas fratrum di Giordano di Sassonia (di Quedlinburg). Soprattutto l'attenta lettura di quest'ultimo testo (pp. 47-75) consente all'autore di evidenziare come la figura muliebre rimanga del tutto inscrivibile nella tradizionale visione che ne faceva essenzialmente una ianua diaboli, mero strumento-oggetto di tentazione. Diffusissima nel pensiero ecclesiastico medievale, quest'immagine è assai frequente anche nel Liber Vitas fratrum: per Giordano di Sassonia, i frati debbono quindi essere messi in guardia dalla frequentazione delle monache come delle altre donne, perché allo stesso modo di quelle, anch'esse possono suscitare illecite passioni. Tuttavia, ciò che colpisce sopra ogni cosa in queste pagine di Piatti, è l'assoluta assenza sia di qualunque cenno a monache legate all'Ordine, sia di rapporti concreti con uno strutturato ramo femminile agostiniano che sembra emergere dalla trattatistica esaminata. Nel complesso, e tanto più in relazione a quanto avvenne nel corso del XIII secolo per i due maggiori Ordini mendicanti, gli Agostiniani parrebbero dunque avere avuto molte meno relazioni con i monasteri femminili (p. 75). Sulla scorta di quanto già affermato da P. Bellini, Il movimento agostiniano in Umbria nel secolo XIII, in La spiritualità di S. Chiara da Montefalco e il suo tempo. Atti del I Convegno di studio. Montefalco, 8-10 agosto 1985, a cura di S. Nessi, Montefalco 1986, pp. 68-90 (studio non correttamente citato nel libro), Piatti ne individua anzitutto le ragioni nell'incertezza di cui soffrì l'Ordine a seguito delle decisioni prese durante il II concilio di Lione (pp. 75-76). Eppure, credo che proprio in questa difficile fase vadano ravvisati i presupposti del seguente, intenso assordimento di molte comunità di mulieres religiosae nell'alveo agostiniano. Un dato significativo in questo senso – e sono grato a Pio Francesco Pistilli, che per primo m'ha indotto a riflettere sul tema – è la primazia del monastero orvietano di S. Maria Maddalena. L'attestazione che questa fondazione femminile sia stata la prima ad affiliarsi all'Ordine (1286) non può infatti bastare in sé, ma induce senz'altro a riconsiderare la vicenda dell'intero movimento eremitano in anni cruciali per la sua stessa sopravvivenza dopo la «sospensiva istituzionale» decretata dal II concilio di Lione (1274) nei confronti degli Ordini fondati successivamente alla promulgazione del XII canone del IV concilio Lateranense (1215). Di fronte alla riluttanza con la quale Domenicani e Francescani accettarono l'affidamento della cura monialium da parte dei pontefici, la disponibilità dell'Ordine agostiniano ad accogliere comunità femminili all'interno delle proprie maglie poteva in effetti costituire un attestato d'affidabilità tutt'altro che da sottovalutare per la Sede Apostolica. Principale interprete di questa linea fu Clemente da Osimo, la cui azione condotta a favore delle mulieres religiosae negli anni del suo secondo generalato (1284-1291) non a caso venne magnificata dai definitori capitolari, i quali lo celebrarono come «benefattore delle monache agostiniane» (D. Gutiérrez, Storia dell'Ordine di sant'Agostino. I/1. Gli Agostiniani nel medioevo [1256-1356], Roma 1986, pp. 213-214). Il secondo capitolo del libro di Piatti (pp. 78-146) è volto a rinvenire tracce dell'assistenza a religiose e monache nelle fonti istituzionali (bolle pontificie, ordinationes dei priori generali, definitiones capitolari). In primo luogo, l'attenzione viene „rivolta alla documentazione presente nel Bullarium dell'Ordine relativamente alla filiazione di bizzoche e monache. La mole di questo materiale è particolarmente esigua: si tratta, infatti, di sole otto bolle su un totale di 872. Ne emergono aspetti senza dubbio interessanti; tra questi, oltre alla questione relativa all'affiliazione del monastero di S. Maria Maddalena in Orvieto – peraltro qui già delineata –, alle peculiarità assunte dalla devozione magdalenica agostiniana rispetto agli altri Ordini mendicanti (pp. 81-88), alla progressiva regolarizzazione monastica del Terz'Ordine agostiniano (pp. 103-109), Piatti non manca di sottolineare «quella diffusa attrazione verso la Regola di Chiara d'Assisi che, come è stato rilevato, sembra essere tipica di molte fondazioni femminili che ebbero alle loro origini la Regola agostiniana sia per influsso vescovile sia per impulso eremitano» (p. 90) e della quale la bolla Celestia querentibus, indirizzata da Giovanni XXII al monastero clariano di Montefalco nel 1329, offre un'adeguata risonanza. In sede di bilancio, l'insieme dei dati così raccolti, come pure l'esame delle indicazioni riguardo alla cura monialium che si rinvengono sia nei Registri dei priori generali Gregorio da Rimini e Bartolomeo da Venezia (pp. 112-135), sia nelle definitiones dei Capitoli generali e della Provincia romana – gli unici del XIII-XIV secolo ad esserci pervenuti (ma nell'elenco fornito dall'autore, a p. 144 nota 125, manca quello celebrato a Cori nel 1283) – (pp. 135-146), inducono quindi Piatti a parlare dei rapporti tra frati e monache in termini più di «assistenza sacramentale» che di «direzione spirituale» a una vita claustrale (p. 134). L'obiettivo del terzo, conclusivo capitolo (pp. 147-159), è di cogliere le dinamiche evolutive del monachesimo muliebre legato all'Ordine eremitano. Conscio che «la storia del nascere e dello strutturarsi del ramo femminile agostiniano è e rima- ne un problema aperto» (p. 147), Piatti completa il suo lavoro con due opportuni „richiami: il primo, è a dissodare ulteriormente la documentazione locale per ampliare i dati primari di conoscenza relativi a presenze e insediamenti (pp. 147-150); il secondo, invece, riguarda la necessità di indagare le vicende fondative delle augustinianae moniales attraverso le testimonianze agiografiche (pp. 150-159), «osservatorio privilegiato, quando non unico, per la ricostruzione della progressiva ricezione ed assimilazione, nella sua costitutiva lunga durata, del frastagliato fenomeno pinzocherile e del terziariato femminile – secolare e regolare – da parte dell'Ordine dei Frati Eremiti di S. Agostino» (p. 154). Trova in questa maniera compimento un percorso oltremodo interessante per la ricostruzione dell'identità fondativo-istituzionale del movimento femminile agostiniano, ma ancora insufficiente – in più circostanze l'autore stesso se ne mostra consapevole – a tracciare un quadro storico del fenomeno di là dalle sue già note linee essenziali. In ogni caso, è indubbio che il libro di Piatti possa costituire un più che valido punto di riferimento per qualsiasi ricerca a venire sul tema. Arricchiscono e completano il testo un sintetico Orientamento bibliografico (pp. 161-170) e sempre utili indici dei nomi e dei luoghi (pp. 177-187), tra cui viene pubblicata una Postfazione di mons. Sergio Pagano (pp. 171-173), il quale, nel lodare le qualità divulgative del libro – efficace compendio e, al contempo, valido stimolo all'approfondimento della storia dell'Osservanza regolare agostiniana al femminile – non manca di evidenziarne il tributo alla lezione storico-teologica del compianto padre Agostino Trapé (p. 173), cui peraltro l'autore è legato anche da vincoli familiari.
Tratto dalla rivista "Il Santo" XLIX, 2009, fasc. 1
(www.centrostudiantoniani.it)
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