Egli diceva loro il Padre. I discorsi con i Giudei a Gerusalemme in Giovanni 5-12
(Studia Biblica)EAN 9788831136303
Non si può non riconoscere coraggio a questa professoressa di Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica della Sicilia che si permette di criticare una tesi pacifica fra gli studiosi del Quarto Vangelo (QV) a partire da Martyn, poi Brown, Beutler fino ai grandi commenti recenti: che cioè i «Giudei» di cui si parla in Gv 5-12 sarebbero i Giudei delle sinagoghe della diaspora che al tempo della composizione del QV sarebbero stati in contrasto con i giudeo-cristiani della comunità giovannea.
Non riflettono quindi il tempo di Gesú, ma quello della comunità giovannea giudeo-cristiana, che per la sua cristologia elevata viene estromessa dalla sinagoga. E sarebbero da identificare col gruppo dei «farisei» l'unico gruppo che compare nel QV (1,24; 3,1; 4,1; 7,47-48; 8,13;9,13.15-16.40; 11,46; 12,19; 12,42), guida del popolo ebraico e della sua identità giudaica dopo la catastrofe del 70.
Tale tesi viene contestata giustamente e con buoni argomenti, nel senso che i discorsi ai Giudei (DG) non riflettono solo il tempo della comunità giovannea, ma anche quello di Gesú e che il suo contrasto con loro non è la cristologia ma la soteriologia (avere la vita: 20,30-31), naturalmente fondata sulla cristologia del Figlio Inviato dal Padre che compie le sue opere, opere del Messia secondo quella profezia di Isaia (35,5-6; 42,18) che compare anche in Qumran. Opere fatte in obbedienza al Padre in contrasto con la disobbedienza di Adamo e la sua ricerca di gloria, cui miravano anche i Giudei (Gv 5,44; 12,43).
La Nicolaci difende dunque la continuità fra la storia di Gesú e la storia della comunità cristiana giovannea. E in tal modo difende anche la history (il referente storico originario) dietro o nell'attuale story (il racconto drammatico). Non sostiene certo che i dialoghi riportino le ipsissima verba o la intentio Jesu se non in alcuni pochissimi casi; riflettono però la relazione storica fra Gesú continuamente ricercato e contestato dai Giudei e alla fine condannato a morte dalle autorità giudaiche (Gv 11,47-52). I Giudei, con cui ebbe relazione Gesú, non sono tuttavia identificabili con una fazione particolare, ma sono trasversali, e nel QV se ne distinguono due gruppi: quelli che credono in Gesú e quelli invece che lo rifiutano e detengono il potere per cui fanno paura (Gv 7,13; 19,38; 20,19). Questi ultimi sarebbero stati dei nazionalisti fanatici che difendevano la rigorosità della Legge e la santità del tempio, vicini perciò alla «quarta filosofia» di cui parla Giuseppe Flavio. Va ricordato infatti che dopo il 70 non c'era solo il gruppo dei farisei che guidava il giudaismo; continuavano i gruppi dei fanatici rivoluzionari che portarono alle insurrezioni degli inizi del II secolo e alla catastrofe finale di Bar Kokhbah (132-135 d.C.). Questi «rivoluzionari» al tempo di Gesú avrebbero voluto che egli fosse loro capo. Delusi e spiazzati da una identità di Gesú diversa, (Figlio inviato dal Padre per donare la vita, uno con lui), lo rifiutano in modo violento, impersonando così il peccato di origine (Gv 8,44). Proprio per questa tendenza dell'ala sinistra farisaica, le autorità responsabili (sommi sacerdoti e farisei ad essi legati) decidono di eliminare Gesú per cui la sua morte violenta, illogica, ma necessaria (cioè tragica) porta al riconoscimento della identità di Gesú e perciò alla salvezza (Gv 8,28). Interessante è la sua interpretazione dell'«innalzamento», che dai Giudei sarebbe fraintesa nel senso di una esaltazione a capo di una rivoluzione come Messia politico (cf Gv 6,14-15).
Ecco come riassume alla fine la sua tesi critica:
«La nostra ipotesi conclusiva è, dunque, che i DG abbiano avuto come Sitz im Leben non in una controversia dottrinale esterna (chiesa-sinagoga) o interna (1Gv) alla comunità giovannea, ma in una lenta lunga e difficile storia di relazioni sociali, comunitarie e religiose: 1/ quella tra Gesú e gli ambienti a lui contemporanei segnati da uno zelo religioso nazionalisticamente orientato (cf. soprattutto Gv 8); 2/ quella fra i Giudei credenti in Gesú come il discepolo prediletto e la sua comunità che avevano riconosciuto in lui il Messia diverso, ‘il Figlio' e in Dio ‘il Padre'; e quei Giudei che davanti a tale messianismo e alle sue conseguenze teologiche, religiose e sociali, dovettero reagire con un rifiuto che in alcuni periodi della storia giovannea come quello della prima guerra giudaica e degli anni che la seguirono, può aver assunto forme di estrema violenza fino all'odio omicida» (p. 396) sia al tempo di Gesú sia al tempo della comunità giovannea.
Sotto il profilo letterario i DG sarebbero non «controversie» o «processo alla verità» come usualmente vengono classificati, ma corrisponderebbero al genere letterario profetico del rîb: un'accusa del profeta ( e quindi di Dio) al suo popolo che viene ammonito e poi castigato per la sua concezione errata di un Dio nazionalista, e la sua conseguente condotta colpevole verso l'alleanza. Dio disputa col suo popolo dimostrando la falsità della sua concezione magica del tempio e di un Dio che salva sempre il suo popolo. Egli vuole la giustizia e l'amore. Gesú, allo stesso modo critica la concezione deterministica di essere «liberi» perché «figli di Abramo» e «figli di Dio», mentre al contempo cercano di uccidere Gesú, negando la verità del Padre che egli rivela e con cui ha una relazione unica e personale di Figlio inviato per donare la vita. Nel loro insieme i DG sono un dato di fatto e appartengono perciò alla narrazione di un dramma tragico che si conclude con la morte violenta di Gesú; una morte immotivata perché Gesú dimostra con le sue opere la rivelazione del Padre e tuttavia ineluttabile per il riconoscimento di Gesú e della sua rivelazione (Gv 8,28; 12,32), rivelazione suprema dell'amore per i «suoi» (Gv 13,1). In tal modo il peggiore supplizio, quello della croce diviene per l'evangelista l'innalzamento di Gesú alla gloria del Padre; e rivela la identità salvifica di Dio presente, paradossalmente «sub contrario» delle aspettative nazionalistiche dei Giudei. Un messia crocifisso è scandalo per i Giudei.
Le parti più avvincenti della ricerca sono il primo e ultimo capitolo. Il primo è una messa a punto della questione con una buona conoscenza della bibliografia. Nell'ultimo viene esposta sinteticamente la tesi dei due livelli storici in cui vanno collocati i DG: quello del Gesú storico con una documentazione della situazione socio-religiosa del I secolo: Qumran, movimenti rivoluzionari, le due anime del fariseismo, quella zelota da una parte e dall'altra quella vicina al potere dei sommi sacerdoti. Una situazione che ben corrisponde alla relazione di Gesú con i Giudei di quel tempo e la rivelazione di un Dio Padre, diverso da quello che loro ideologizzavano con il loro nazionalismo religioso. Per cui tale relazione drammatica diviene luogo di rivelazione e di teologia, non tanto perché contengono affermazioni cristologiche elevate contestate dai Giudei della sinagoga, ma in quanto raccontano una relazione dialogica con un gruppo che cerca Gesú per includerlo nel movimento messianico rivoluzionario e rifiuta perciò la sua misteriosa rivelazione di un Dio Padre, diverso e di un Figlio inviato per la salvezza del mondo, Messia lontano da quello immaginato, ma conforme alla profezia di Isaia, documentata anche a Qumran.
Mi sembra perciò plausibile questa lettura dei DG anche a livello del Gesú storico sia sotto il profilo storico (ambiente rivoluzionario del I secolo in Palestina) sia sotto quello socio-religioso (la questione di Dio, del tempio e del popolo eletto); anche l'orizzonte delle feste giudaiche milita in favore del tempo di Gesú.
Due rilievi critici si possono muovere a questa ricerca appassionata. Anzitutto la mancanza di una recensione più generale dell'uso di «Giudei» nel QV, magari con uno specchietto riassuntivo come si legge in un excursus del commento al QV di U. Schnelle (Das Evangelium nach Johannes, Leipzig 20043, pp. 180-183). Inoltre la linea metodologica scelta non è sempre guidata da una visione ermeneutica unitaria. L'appassionata ricercatrice infatti si lascia prendere spesso dalla reto-rica verso le posizioni di autori in contrasto con la sua tesi e diviene perciò unilaterale: per afferma-re il primato della soteriologia, abbassa quello dell'identità di Gesú come Figlio che pretende un rapporto di unità con Dio, inaudito per un Giudeo che non si apre alla fede in Gesú.
Con un lavoro di snellimento ermeneuticamente orientato l'opera, ridotta di dimensioni, avrebbe acquisito forse una migliore chiarezza ed un valore maggiore.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2008, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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